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Glifosato, l’Istituto Ramazzini di Bologna avvierà una ricerca indipendente a maggio

"Qualunque sia il risultato dello studio - sottolinea la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi- Iarc ed Efsa avranno a disposizione risultati solidi e indipendenti su cui basare un’adeguata valutazione del rischio"

Pubblicato:12-03-2016 14:46
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:22

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pesticidi

BOLOGNA – Una ricerca indipendente sul glifosato: la avvierà da maggio il Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni dell’Istituto Ramazzini di Bologna. L’annuncio è stato dato dalla direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi. L’erbicida, tra i più diffusi a livelli mondiale, la cui produzione sfiora il milione di tonnellate/anno, è accusato di favorire l’insorgenza dei tumori. L’Agenzia di ricerca sul cancro dell’Oms (Iarc) lo ha classificato come probabile cancerogeno, mentre l’Efsa, l’Autorità europea per la sicurezza degli alimenti, sostiene che le prove non sarebbero ancora sufficienti per dichiararne con sicurezza la cancerogenicità. È in questa situazione che la Commissione europea ha deciso di posticipare la decisione sul rinnovo dell’autorizzazione per l’utilizzo del glifosato per altri 15 anni, rinnovo che vede l’Italia e altri paesi decisamente contrari. “Vista l’incertezza, è comunque necessario applicare il principio di precauzione e limitare al massimo l’esposizione a questa sostanza per evitare danni alla salute- afferma lo staff del Centro di Ricerca sul Cancro Cesare Maltoni- al tempo stesso è fondamentale comprendere appieno se esistano davvero effetti cronici di questa sostanza, oltre al cancro. L’incertezza scientifica produce solo confusione, dispendio di energie e di denari e nessun beneficio in termini di salute pubblica. Se una sostanza è cancerogena, solo il bando globale può evitare l’esposizione”.

Le maggiori preoccupazioni riguardano i bambini, esposti durante la gestazione attraverso la placenta, alla nascita attraverso il latte materno, e durante la crescita possono poi venire a contatto ogni giorno con cibo, aria e acqua contaminati che alterano il normale sviluppo del sistema endocrino; queste esposizioni precoci possono provocare malattie degenerative di vario tipo (infertilità, diabete, eccetera, fino al cancro). “Per superare la situazione di incertezza scientifica riguardante il glifosato- annuncia la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi- l’Istituto Ramazzini dal maggio prossimo comincerà uno studio sperimentale in vivo per validare il metodo di dosaggio nelle matrici biologiche quali sangue, urine e tessuti, valutare effetti tossici sugli organi bersaglio; definire dosi e metodi da adottare nello studio di cancerogenicità il cui inizio è programmato per il 2017″. L’Istituto si sta occupando del glifosato da 4 anni: scienziati di tutto il mondo hanno collaborato alla stesura del protocollo che permetterà di valutare e identificare con un unico esperimento e un evidente risparmio di animali sperimentali (ratti), i rischi correlati al glifosato a dosi paragonabili a quelle attualmente ammesse nell’uomo sia negli Usa che in Europa (dosi oggi considerate senza rischio).


Verrà utilizzato un modello uomo equivalente dove l’esposizione inizierà durante la gestazione delle madri; saranno valutati gli effetti tossici anche in termini di espressione genica e i parametri relativi alla fertilità, ai difetti dello sviluppo, ai trend di crescita. Ed infine saranno valutate le eventuali differenze dell’incidenza dei tumori correlate al trattamento con glifosato. “Qualunque sia il risultato dello studio – sottolinea la direttrice del Centro, Fiorella Belpoggi- Iarc ed Efsa avranno a disposizione risultati solidi e indipendenti su cui basare un’adeguata valutazione del rischio”. Questo studio “potrà essere avviato grazie all’impegno dei 27.000 soci della Cooperativa sociale Onlus Istituto Ramazzini- dichiara il presidente del Ramazzini, Simone Gamberini- si può affermare che la cooperazione italiana in questo caso si prenda in carico la soluzione di un problema globale. Oltre a quelle dell’Istituto Ramazzini, altre forze dovranno scendere in campo. Il richiamo alla raccolta di fondi per concludere questa ricerca è rivolto a tutti: istituzioni pubbliche, imprese, associazioni e singoli cittadini”.

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