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Nel Lazio crollo della natalità e aumento dei prematuri: 565 dimessi da Tin nel 2017

ROMA - La natalità nella Regione Lazio ha subito un crollo negli ultimi 5

Pubblicato:12-01-2019 18:10
Ultimo aggiornamento:12-01-2019 18:10

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ROMA – La natalità nella Regione Lazio ha subito un crollo negli ultimi 5 anni, con 2.300 nascite in meno tra il 2016 e il 2017. “Noi pediatri dobbiamo agire affinché anche la politica riesca a dare man forte alla maternità”. Parte da questo dato epidemiologico Andrea Dotta, neonatologo responsabile del reparto di Terapia intensiva neonatale dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù, aprendo il corso di formazione su ‘Il neonato pretermine’ promosso oggi a Roma dal Sindacato italiano specialisti pediatri (SISPe), in collaborazione con l’Istituto di Ortofonologia (IdO) e con i patrocini della Società italiana di pediatria (SIP) e della Società italiana di neonatologia (SIN). Sempre nel 2017 sono stati dimessi dalle Terapie intensive neonatali 565 neonati pretermine.


“La regione Lazio è virtuosa sulla raccolta dati dei neonati pretermine. Una percentuale che aumenta- sottolinea il neonatologo- perché è cambiata sia l’età materna del concepimento che le condizioni sociali”. Infatti, se nel 1993 la percentuale di donne dai 34 anni in su che concepivano un bambino era del 15%, oggi è del 42,6%. Per non parlare delle donne che concepiscono ad una età inferiore ai 20 anni, la cui incidenza oggi è solo dello 0,8%. Dato positivo è l’alto tasso di sopravvivenza nei neonati pretermine in Italia: la sopravvivenza dei neonati entro le 31 settimane è dell’88%. Tuttavia, Dotta ricorda che “persiste una grossa differenza all’interno del territorio nazionale. Nelle probabilità di sopravvivenza tra i bambini nati sotto le 28 settimane al Nord-Est e quelli nati al Sud c’è uno scarto superiore al 30%”. 

Nascite pretermine e Procreazione medicalmente assistita

Tra le cause associate ad una nascita pretermine si ritrova anche la Procreaziome medicalmente assistita (Pma). “Si hanno dati che evidenziano come l’incidenza di prematurità nella popolazione che ha ricorso alla Pma sia più elevata non solo in termini numerici assoluti- precisa il medico- ma anche nella percentuale di patologie associate alla Pma”.

Dotta però ricorda ai partecipanti al corso che “è estremamente difficile ricavare conclusioni certe in termini scientifici di quale sia la causa, se diretta alla Pma o conseguente alla sterilità della coppia che ha portato alla Pma. Di certo, l’incidenza di prematurità e di patologie associate è più alta nei soggetti che hanno ricorso alla Pma”.

Chi è il neonato pretermine?

“È una categoria di neonati estremamente variegata. Parliamo di neonato pretermine quando l’età gestazionale è inferiore alle 37 settimane, ma si può arrivare ad età gestazionali estremamente basse, come le 23-24 settimane. Dovremmo distinguere le criticità del neonato estremamente pretermine, sotto le 28 settimane, pensando sin dall’inizio al rischio di sopravvivenza e poi di esiti a distanza che si rivolgono prevalentemente alla sfera neuroevolutiva, polmonare, digestiva e di crescita”. Differente è la situazione dei cosiddetti late preterm (neonati nati in età gestazionale compresa tra la 34esima e la 36esima settimana).

“Questi hanno delle chance estremamente elevate di sopravvivenza- chiarisce l’esperto- ma rappresentano comunque una popolazione più fragile in termini di sensibilità alle infenzioni. La prevenzione ambientale e vaccinale delle infezioni, soprattutto respiratorie, è fondamentale nei primi anni. Infine, sono una popolazione che può avere dei rischi neuroevolutivi che devono essere congiuntamente analizzati dai diversi operatori, dai centri di riferimento, dai pediatri del territorio e dai centri specialistici del territorio stesso”.

Le patologie più comuni dei bambini prematuri

Le patologie maggiormente riscontrate nei bambini nati sotto le 27 settimane vedono al primo posto, con una incidenza del 43%, l’infezione Sepsi/meningite dopo le prime 72 ore di vita, l’emorragia intraventricolare nel 18,8% e una malformazione congenita nel 10,2%. Il percorso che svolgono i neonati pretermine dal momento della nascita alle dimissioni è spesso lungo.

“Tra quelli che nascono a 23-25 settimane il 48% viene dimesso dopo le 41 settimane di età post concezionale, e in casi più gravi anche dopo 5 mesi. Tra i nati tra le 26 e le 28 settimane la percentuale di dimissioni scende al 13% e vanno a casa dopo la 41esima settimana. Infine, tra i nati tra le 29 e le 31 settimane solo il 5% va a casa dopo le 41 settimane e il 64% viene dimesso prima del termine (alla 35esima settimana).

Passando poi all’allattamento, il medico dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù ricorda che “nelle Tin il 68% dei bambini nati tra le 22 e le 27 settimane viene dimesso con il latte artificiale esclusivo, il 5% con il latte materno esclusivo e il resto con forme miste tra latte articiale e materno. Purtroppo- rimarca il neonatologo- tra chi nasce prima della 32esima settimana solo il 14% viene dimesso con latte materno esclusivo, anche se i vantaggi dell’allattamento sullo sviluppo neuroevolutivo sono altissimi”. Quando si ricorre al ricovero in Tin? In genere sono tre i casi previsti: “Può essere determinato da un parto precipitoso pretermine, oppure in presenza di una diagnosi prenatale di malformazione, o ancora con un evento perinatale inatteso quale l’asfissia. Dietro questo campionario di bioingegneria c’è sempre un bambino- puntualizza il neonatologo- e per noi medici è difficile collocarci. La nostra è una formazione clinica, abbiamo una pressione medico-legale e solo alla fine ci rendiamo conto che dobbiamo affrontare i problemi relazionali con le famiglie e quelli bioetici relativi alle scelte da prendere. Il peso della nostra assistenza solo alla fine è epidemiologico”. 

Le novità cliniche nell’ambito della gestione dei nati prematuri devono scaturire dal contesto. “Le principali riguardano le metodiche di ventilazione e ossigenazione già nel momento della sala parto, per evitare lo stress da freddo. Si sta facendo, inoltre, uno sforzo nel favorire l’attaccamento madre-figlio con il contatto pelle a pelle e la marsupio terapia- aggiunge il responsabile del reparto di Tin dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù- spingendo all’allattamento materno, quale chiave fondamentale per ridurre i rischi delle malattie a distanza”.

La gestione migliore “parte quindi dalla conoscenza dello sviluppo polmonare- prosegue Dotta- prima delle 37 settimane il bambino non ha ancora programmato le unità respiratorie come adeguate per un buono scambio gassoso. Dove è presente il rischio di un parto pretermine la profilassi materna con gli steroidi è fondamentale. Il travaglio è un elemento importante, così come la placenta svolge un ruolo fondamentale. Lo sviluppo placentare- puntualizza il medico- è fonte di informazione sullo sviluppo uterino. Il rapporto tra il peso alla nascita e il peso placentare ci dà informazioni sul corretto sviluppo del neonato e ci fornisce prospettive sugli outcome futuri”. Il neonatologo si focalizza infine sul “ritardato clampaggio del cordone. Esistono delle linee guida della Sin che danno indicazioni su clampaggio e il milking del cordone ombelicale del neonato a termine e pretermine in tutti i casi di parto”.

L’importanza della prevenzione

Un’ultima riflessione sulla prevenzione. “Sono estremamente importanti i primi 1.000 giorni della nostra vita, che devono partire dal momento del nostro concepimento. Adesso stiamo andando ancora più indietro, guardando all’alimentazione materna e alla prevenzione delle infezioni della donna, non solo in gravidanza ma anche prima del concepimento. Questi- termina- sono i veri orizzonti da guardare per avere una prospettiva futura della prevenzione della prematurità”.

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