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Roma, le leggi razziali a processo… in teatro

ROMA - In questo momento di derive autoritarie e manifestazioni di antisemitismo in tutto il

Pubblicato:12-01-2018 11:25
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:20

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ROMA – In questo momento di derive autoritarie e manifestazioni di antisemitismo in tutto il mondo, riflettere su ciò che dittatura e pregiudizio razziale hanno prodotto nella nostra storia recente non è solo un dovere etico, ma anche un importante stimolo a comprendere i pericoli insiti nelle manifestazioni di odio spesso sottovalutate, a interpretare i segnali di allarme e le responsabilità di ciascuno di noi.

Sono passati ottant’anni da quando il Parlamento e il governo di Mussolini emanarono le ‘Leggi per la difesa della razza‘ che il Re Vittorio Emanuele III, firmandole, promulgò; leggi che discriminavano una parte della popolazione italiana privandola di fatto da ogni capacità giuridica. Venivano così annullati i diritti di uguaglianza che un altro Savoia, Carlo Alberto, aveva garantito a tutti gli italiani nel 1848.

In occasione del Giorno della Memoria, uno straordinario evento – in forma di processo – si propone di esaminare le responsabilità di quanti firmarono queste pagine infami della nostra storia recente.


Il Processo, che avrà luogo il 18 gennaio (ore 20.30, ingresso gratuito), all’Auditorium Parco della Musica di Roma è promosso dall’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, sotto l’egida del Comitato di Coordinamento per le Celebrazioni in Ricordo della Shoah presso la Presidenza del Consiglio. È un evento organizzato da BrainCircleItalia e MusaDoc, in collaborazione con l’Università Ebraica di Gerusalemme, la Fondazione Musica per Roma, Rai Cultura e con il contributo del Gruppo Salini-Impregilo, di Acea Spa, della Fondazione Ga.ri.wo e del Cidim.

“L’Italia, che deve ancora fare un profondo esame del proprio passato e non ha mai celebrato processi contro i propri governanti che si sono macchiati di crimini contro l’umanità, rischia di non poter fermare i nuovi movimenti di odio che ai quei falsi valori e simboli si ispirano nei loro moti” spiega nel comunicato Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, che ha voluto l’evento e lo ha seguito nella fase ideativa.

“Il Processo quindi lo facciamo noi, evidenziando la filiera delle responsabilità che dal Re e dal regime risalgono alle istituzioni, all’accademia, alla stampa, all’industria, alla chiesa, alla popolazione civile che, quando non si rese complice, accettò senza reagire che una comunità di cittadini italiani, presenti da duemila anni nel Paese, perdesse ogni diritto e libertà. Diritto di lavorare, studiare, avere una vita sociale, contribuire alla scienza, alla cultura, alla politica. Vogliamo sfatare la leggenda che le leggi razziali furono un provvedimento all’acqua di rose”.

L’evento è curato per la parte processuale da Elisa Greco, autrice del format sui Processi alla Storia, su un progetto di Viviana Kasam e Marilena Citelli Francese, che da 5 anni ideano e realizzano per l’Ucei l’evento istituzionale per il Giorno della Memoria, e sarà ripreso da Rai5 e trasmesso da Rai Storia in prima serata alle ore 21.15 del 27 gennaio 2018, in occasione del Giorno della Memoria, all’interno di un documentario realizzato da Bruna Bertani.

Il Processo

Il Processo sarà introdotto dalle note della violinista Francesca Dego che, accompagnata al pianoforte da Francesca Leonardi presenterà in prima mondiale assoluta la Ballata di Mario Castelnuovo-Tedesco, grande compositore amato da Toscanini e Heifetz e costretto ad emigrare negli Stati Uniti a causa delle leggi razziali, di cui ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della morte. Sarà presente in sala la famiglia del compositore, giunta appositamente dagli Stati Uniti.

Un processo in forma teatrale, con colpi di scena, testimonianze del dolore di quegli anni ed un finale tutt’altro che scontato. Sul banco degli imputati Umberto Ambrosoli si ‘autodifende’ interpretando Re Vittorio Emanuele III che firmò i decreti, promulgando così le leggi razziali; il Pubblico Ministero è Marco De Paolis, procuratore militare di Roma; Giorgio Sacerdoti, Presidente del Cdec, il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, è l’avvocato di Parte Civile; la Corte è composta da Paola Severino, rettore e professore Luiss, nel ruolo di presidente, da Rosario Spina consigliere del Csm e da Giuseppe Ayala, già parlamentare, magistrato e pubblico ministero nei processi contro la mafia.

Le testimonianze

Tra l’esposizione dei capi d’accusa, le arringhe e l’autodifesa del Re, non possono mancare le dolorose ed emozionati testimonianze della parte colpita dall’abominio delle leggi razziali. Tra queste: Piera Levi Montalcini nelle cui parole rivivrà la sofferenza della zia, il premio Nobel Rita Levi Montalcini, simbolo dello smacco alla comunità scientifica e alla ricerca italiana per la fuga di menti eccelse, tra cui tre futuri Premi Nobel e l’intera scuola di Via Panisperna. Federico Carli racconterà la storia di suo nonno, Guido Carli, che rifiutò di pubblicare la propria tesi di laurea per rispetto del suo professore ebreo, e dovette così rinunciare ad una promettente carriera universitaria.

Anita Garibaldi, bisnipote dell’eroe dei Due Mondi, ricorderà come suo padre, il parlamentare Ezio Garibaldi, rifiutò di firmare le leggi razziali e schiaffeggiò Farinacci. Carla Perugia Della Rocca racconterà l’odissea vissuta da bambina insieme alla sua famiglia. La giovane Morgane Kendregan leggerà una lettera che le inviò il nonno, Elio Cittone, per raccontarle la sua odissea. Testimoni dell’accusa, il giornalista e saggista Lorenzo Del Boca, autore di ‘Maledetti Savoia’ (Piemme) e l’economista Enrico Giovannini che spiegherà la ricaduta economica che le leggi razziali ebbero sul nostro Paese mentre gli interventi degli avvocati Matias Manco e Giovanni Rucellai illustreranno le ragioni della difesa.

A chiudere la serata, dopo le considerazioni della Corte, il direttore de La Stampa Maurizio Molinari parlerà di come nel dopoguerra l’Italia scelse di voltare pagina senza pur tuttavia esaminare la propria coscienza collettiva, gli errori e gli orrori commessi e anzi, a volte, promuovendo ai più alti vertici della carriera professori, magistrati, politici che avevano collaborato alla stesura e all’applicazione delle leggi razziali.

Il Processo diventa così un processo ad una parte dell’Italia e della sua società civile che, discriminando un gruppo di propri cittadini, gli italiani di religione ebraica, arrivò a emarginarli, opprimerli, fino a dichiararli nemici della Patria, agevolandone la deportazione verso i campi di concentramento e di sterminio negli anni che seguirono. Il messaggio d’insieme che si intende condividere è che oggi, ad ottant’anni passati, questi fatti vanno ancora chiariti e che questa memoria collettiva non deve affievolirsi.

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