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Minoranza. Ps, Celli si dimette: “Tolgo il disturbo”

SAN MARINO - Strappo all'interno del garofano rosso: Simone Celli, in una lunga lettera indirizzata al presidente del

Pubblicato:11-11-2015 11:41
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:33

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SAN MARINO – Strappo all’interno del garofano rosso: Simone Celli, in una lunga lettera indirizzata al presidente del Partito socialista, Alessandro Bevitori, motiva un sentito addio alla segreteria e mette le premesse per abbandonare la nave. Alla base, il mancato sostegno del partito alla sua linea politica, pronta ad abbracciare il progetto riformista, e la bocciatura del connubio con l’attuale maggioranza, capitanata dal Pdcs. Ma anche uno screzio con generico “un membro dell’esecutivo” di cui passa velocemente in rassegna una scorretta presa di posizione. All’indomani della riunione congiunta di esecutivo e gruppo consiliare di ieri sera, Celli consegna così le sue dimissioni “irrevocabili”. Nella sua lettera ripercorre la sua conferma a capo del partito nell’ultimo congresso di marzo e la definisce “un evidente errore politico, in quanto- spiega- si è persa una straordinaria opportunità per dare ulteriore impulso al percorso di rinnovamento”. Non solo: “L’unanimità che mi portò ad assumere nuovamente la responsabilità di segretario generale del Ps- riconosce- ora non c’è più”. E ancora: “Non posso non constatare che sulla linea da me proposta sono state manifestate diverse criticità, peraltro legittime e rispettabili, da parte dei compagni presenti”.

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Tre i punti che hanno portato allo strappo: in primis, la proposta di “Patto di legislatura”, cavallo di battaglia di Celli dal congresso, che mirava a “una collaborazione strutturale con l’intera maggioranza per realizzare le riforme necessarie”. Una collaborazione da cui “sulla base dei risultati ottenuti si sarebbe poi valutata la formazione della prossima coalizione elettorale”. Ma il bilancio di questa esperienza per Celli “è tutto fuorché positivo”. Non per colpa del Ps, aggiunge, ma di “un governo che si è rivelato non all’altezza del compito affidatogli dagli elettori e da una maggioranza che giorno dopo giorno si sta sfilacciando sempre di più per diverse ragioni”. Alla luce di ciò, è troppo alto il rischio di “diventare ingiustamente complici e corresponsabili”. In conclusione, “la verità- tira le fila Celli- è che è scaduto il tempo per realizzare il patto di legislatura”. Diversamente, è ora di pensare alle prossime elezioni e a un progetto di coalizione, manda a dire. Seconda causa di rottura è la questione morale: rispetto le sue scuse e l’autocritica da parte di un partito “tradizionale” si è registrata “una sorta di diffidenza da parte di ampi settori della nostra forza politica”. Non solo: “Addirittura- prosegue Celli- un autorevole membro dell’esecutivo si è sentito in dovere di replicare ad una mia dichiarazione”.


Terzo e ultimo punto divergente è la proposta di aprire una nuova fase politica: “Occorre fornire una risposta concreta alla frammentazione dell’area del riformismo socialista, democratico e liberale- manda a dire- dando vita a una nuova aggregazione che nella sua politica delle alleanze non soffra della sindrome di sudditanza psicologica nei confronti di nessuno”. La scelta di sottoscrivere un accordo con il Psd, aggiunge, doveva andare proprio in questa direzione. Ed “è un progetto- puntualizza- nel quale ancora credo fermamente”. Su questi tre punti Celli constata che è venuta meno la coesione e allora ammette di preferire “togliere il disturbo”.

di Cristina RossiGiornalista professionista

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