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In pullman per i 100 mila scomparsi, a Berlino voci per la Siria

Sabato a Berlino sono arrivate le donne siriane del movimento Families for Freedom

Pubblicato:11-09-2018 16:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:32

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ROMA – “Ho deciso di venire a Berlino col pullman delle Famiglie per la libertà, perché io e i miei cari condividiamo qualcosa di molto importante con le donne di questa associazione: in Siria abbiamo un familiare scomparso, di cui non si hanno più notizie”. Così all’agenzia ‘Dire’ Immacolata Dall’Oglio, una delle sorelle di padre Paolo che, a cinque anni dalla sparizione a Raqqa del gesuita romano, continuano a chiedere giustizia. “Sono qui anche per i due vescovi ortodossi, anche loro scomparsi nella primavera del 2013”, aggiunge Immacolata, intervistata al telefono: “Non puoi ottenere verità per il singolo, senza occuparti del fenomeno nel suo complesso”.

Sabato nella capitale tedesca, dopo Parigi e Londra, ha fatto tappa una singolare iniziativa: un pullman con a bordo donne siriane del movimento Families for Freedom. Si calcola che dall’inizio del conflitto siriano, nel 2011, oltre 100mila persone abbiano perso la libertà e, forse, la vita. Tra loro c’è Wafa Moustafa, 26 anni, da due anni a Berlino dove studia Arte e design. “In mano stringo la fotografia di mio padre arrestato nel 2013 a Damasco dalle autorità siriane, e da allora svanito nel nulla” spiega Wafa alla ‘Dire’.

Abbiamo scelto Berlino perché la comunità siriana in Germania è molto grande. Il nostro obiettivo è ricordare la questione non solo all’opinione pubblica occidentale, ma ai siriani stessi: chiediamo la liberazione dei detenuti, sia di quelli tenuti prigionieri nelle carceri del regime, che ostaggio delle altre fazioni in guerra. Vogliamo conoscere il destino di chi non è più tornato a casa. Infine, esigiamo giustizia: tutti coloro che sono responsabili di arresti e sparizioni, nonché degli altri crimini commessi in questi anni contro la popolazione, devono essere perseguiti e puniti dalla legge”.




Di recente il governo di Bashar Al-Assad ha aperto gli archivi, comunicando alle famiglie il decesso di centinaia di persone incarcerate: “E’ stato un gesto brutale e falso”, accusa la studentessa. “Primo, perché tutte le morti indicate sui certificati sarebbero avvenute per cause naturali o cardiache. Ma sappiamo che è falso. Poi, il modo: centinaia e centinaia di comunciazioni date così, in un solo giorno. E’ stata certamente una mossa per fiaccare il movimento intorno alla questione dei detenuti, un fatto sensibile per il regime, date le migliaia di prove e informazioni di cui gli attivisti sono in possesso. Ma la nostra determinazione è intatta: lo dimostra la presenza di una ragazza, che è venuta a sapere proprio attraverso queste notifiche del decesso del padre e del fratello. La guerra in Siria può terminare attraverso una decisione internazionale, ma lo stesso non potrà accadere alla rivoluzione: non si può tornare alla normalità, quando centinaia di migliaia di persone sono scomparse. Col nostro pullman vogliamo dire al mondo che non intendiamo vivere in un Paese retto da un regime così brutale”.

Riprende Immacolata Dall’Oglio: “Queste donne rappresentano il volto umano di questa guerra. Non c’è una famiglia in Siria che non abbia perso qualcuno le conflitto, e sono soprattutto le donne a pagare sulla carne quello che accade. Hanno molto in comune col movimento di Plaza de Mayo”. Il riferimento è alle madri, sorelle, mogli e nonne che in Argentina dal 1983 si battono per i desaparecidos della dittatura militare. “Sui tavoli di pace prevalgono strategie diverse, ma mancano le istanze di queste donne, il loro dolore, il valore del prendersi cura” dice Immacolata: “Speriamo che qualcuno ci ascolti”.

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