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Sud Sudan, i missionari: “Colpi di mortaio e civili in ostaggio”

ROMA  - "Le fazioni vogliono eliminarsi a vicenda e i colpi di mortaio cadono in mezzo ai civili":

Pubblicato:11-07-2016 13:48
Ultimo aggiornamento:11-07-2016 13:48

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ROMA  – “Le fazioni vogliono eliminarsi a vicenda e i colpi di mortaio cadono in mezzo ai civili”: a parlare con la DIRE sono missionari da anni a Juba, capitale del Sud Sudan tornata ostaggio dei combattimenti tra i seguaci del presidente Salva Kiir e le milizie legate al suo vice Riek Machar.

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LA SITUAZIONE

“Le esplosioni sono risuonate almeno fino a mezzogiorno nella zona della base dell’Onu” riferiscono i religiosi: “Il ponte sul Nilo e’ bloccato e l’aeroporto e’ stato chiuso, rendendo impossibile anche l’evacuazione del personale delle ambasciate straniere”. Secondo le fonti, i “non sud-sudanesi” sono stati autorizzati a lasciare il Paese attraverso il valico di frontiera con l’Uganda. Muoversi, pero’, significa rischiare la vita.


“I civili sono rintanati nelle case e chi si avventura fuori lo fa solo perche’ costretto dalla fame o perche’ spera di raggiungere un riparo” riferiscono da Juba: “Chi puo’ si dirige verso il campo profughi di Tonping o la cattedrale cattolica di Kotor”. A fronteggiarsi sarebbero unita’ dell’esercito e reparti integrati nelle Forze armate sulla base dell’accordo di pace dello scorso anno e delle direttive del governo di unita’ entrato in carica ad aprile. Dell’esecutivo fanno parte sia Kiir che Machar, responsabili del conflitto civile deflagrato nel 2013, appena due anni dopo la festa per l’indipendenza del Sud Sudan da Khartoum.

I  NUMERI

Le vittime della guerra sono state decine di migliaia, alle quale vanno aggiunte le oltre 200 degli ultimi quattro giorni. Oltre due milioni invece i profughi, che nella maggior parte dei casi non hanno ancora potuto rientrare nelle proprie case.

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