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Parla Biram Dah Abeid, il ‘Gandhi’ mauritano

Dopo il carcere è candidato alla presidenza, ecco l'intervista

Pubblicato:11-05-2018 14:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:52
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ROMA – “Mi aspetto che il mondo e gli organismi internazionali possano osservare quello che accadra’ durante le elezioni e aiutare il popolo mauritano a superare questa situazione difficile, in pace e senza violenza, con la consacrazione del voto di un popolo libero”. Biram Dah Abeid, attivista, candidato alla presidenza della Mauritania, parla con l’agenzia ‘Dire’, che lo incontra a Roma, nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi). L’ occasione e’ la presentazione di ‘Mai piu’ schiavi’ (Edizioni Paoline), libro della giornalista Maria Tatsos che racconta la storia dell’attivista, “paragonato a Nelson Mandela e Malcolm X”, secondo l’autrice pero’ “piu’ simile al Mahatma Gandhi per le modalita’ di lotta”. Nipote di una schiava ma nato libero, Abeid ha fondato nel 2008 l’Iniziativa per la rinascita del movimento abolizionista (Ira), un’organizzazione che oggi conta migliaia di iscritti e simpatizzanti. Nel 2019, si candidera’ alle elezioni per la seconda volta, nonostante il suo movimento sia osteggiato in patria e lui stesso sia stato incarcerato piu’ volte per l’impegno contro la schiavitu’, punto centrale della sua proposta politica.
A Roma Abeid ha parlato della condizione degli schiavi domestici in Mauritania, che rappresenterebbero il 20 per cento circa della popolazione, ovvero circa 500mila persone su un totale stimato intorno ai 4 milioni e 300mila. Un numero tanto piu’ elevato se si considera che la schiavitu’, per legge, e’ stata gia’ vietata una prima volta nel 1981. Secondo Tatsos, l’autrice di ‘Mai piu’ schiavi’, nella Repubblica islamica di Mauritania il rapporto di sudditanza e privazione della liberta’ e’ essenzialmente diverso da quello di cui si parla in relazione al bracciantato agricolo o allo sfruttamento della prostituzione.

La schiavitu’ si tramanda infatti di madre in figlio ed e’ esercitata dalle e’lite arabo-berbere sui neri; e’ legata a una tradizione giustificata anche da testi della dottrina islamica malekita, che ispira la giurisprudenza del Paese. E’ questo il motivo che aveva portato nel 2012 Abeid a bruciare pubblicamente testi di diritto che legittimano lo schiavismo. Un gesto per il quale l’attivista, che nei suoi interventi cita Gramsci e Pasolini, e’ stato accusato di “apostasia”, un reato che le autorita’ di Nouakchott puniscono con la pena capitale. Recentemente, la normativa che sanziona i reati contro la religione e’ stata inasprita: la riforma, che da pochi giorni impone la pena di morte anche in caso di pentimento dell’imputato, e’ stata giustificata davanti all’Assemblea nazionale il 30 aprile dal ministro della Difesa Mamadou Diallo Bathia. Il ministro era presente a un convegno organizzato a Roma proprio nel giorno dell’intervento di Abeid. “I famosi valori di liberta’, uguaglianza, diritti dell’uomo e pace sono sempre sacrificati dai governi europei quando sono di fronte a degli interessi economici e strategici” denuncia l’attivista-candidato. “Penso che sia un’anomalia che dovrebbe essere affrontata dai contribuenti, dai cittadini europei e dagli elettori europei”.


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