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I poveri hanno fino a 8 denti in meno rispetto a ricchi

L'appello dei docenti di odontostomatologia al 25esimo congresso Cduo

Pubblicato:11-04-2018 08:32
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:45
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ROMA – I poveri hanno fino a 8 denti in meno rispetto ai ricchi. Quanto alle patologie orali, queste colpiscono nel mondo quasi 4 miliardi di persone, di cui circa la metà affette da carie non trattate o parodontiti. Studi su larga scala confermano che i ceppi patogeni responsabili dell’infiammazione locale del cavo orale sono oggi considerati in modo importante anche nelle malattie sistemiche tra cui le malattie cardiovascolari, l’ictus, il diabete, le polmoniti, ma anche forme tumorali, malattie autoimmuni come artrite reumatoide, fino all’insorgere negli anziani della sindrome di Alzheimer. Si parlerà di questo in occasione del 25esimo Congresso nazionale del Collegio dei Docenti universitari nelle discipline Odontostomatologiche (Cduo), che si svolgerà il 12 aprile presso il Dipartimento di Scienze Odontostomatologiche e Maxillo-Facciali dell’Università Sapienza di Roma, per proseguire il 13 e 14 aprile al Parco dei Principi Grand Hotel.
“Alcuni studi- fanno sapere intanto gli esperti- puntano l’attenzione sull’incidenza di tumori del cavo orale, in particolare il carcinoma a cellule squamose dove la parodontite cronica gioca un ruolo decisivo, fra giovani e donne: ogni anno, nel mondo si registrano fra 350mila e 400mila nuovi casi. Inoltre, diversi fattori, come la dieta, il fumo, lo stress, le cure farmacologiche e i cambi ormonali possono influenzare l’equilibrio del microbioma orale, spostandolo verso uno stato in cui i batteri associati a problemi possono predominare”. La salute orale è quindi un indice di povertà: una ricerca pubblicata sul ‘Journal of Dental Research’ nel 2014 dimostra come raggiunti i 70 anni di età le persone povere hanno otto denti in meno rispetto ai ricchi. Anche l’Istat ha recentemente inserito al primo posto, nel paniere dei fabbisogni, il dentista. (
“Tenere in equilibrio e in salute le oltre 600 colonie batteriche- spiega Antonella Polimeni, presidente del Congresso e direttrice del dipartimento Testa Collo dell’Umberto I dell’Università Sapienza Università di Roma- o microbioma orale complessivo, che popolano la nostra cavità orale ed i suoi habitat (denti, gengive, palato, lingua, tonsille) a loro volta articolati in tanti microbiota che ne caratterizzano la comunità batterica presente in un tessuto, rappresenta uno dei compiti principali oggi affidati all’Odontostomatologia, specie con l’incedere dell’età e dell’invecchiamento che rende l’individuo fragile. L’equilibrio del microbioma è dunque legato a doppio filo con quello del sistema immunitario: si tratta di un’autentica sentinella diagnostica“. Nel consentire la valutazione dell’intero ecosistema del cavo orale, il microbioma orale risulta determinante per lo stato di salute dell’individuo poiché è in stretto collegamento con habitat contigui quali faringe, esofago, orecchio medio, trachea, polmoni, vie nasali e dei seni mascellari. Il microbioma orale può essere anche particolarmente importante a causa delle opportunità di accesso al cervello attraverso il nervo olfattivo sul tetto del naso o attraverso le abbondanti innervazioni del cavo orale del trigemino e di altri nervi cranici.
“In breve- aggiunge Enrico Gherlone, presidente del Cduo e primario dell’Unità Operativa Complessa di Odontoiatria dell’Ospedale San Raffaele di Milano- la salute orale non può mai essere messa in disparte dalla salute generale poiché queste sono in una relazione bidirezionale. Eppure, l’Italia è al terzultimo posto per le cure odontoiatriche e l’assistenza odontoiatrica pubblica fa fatica a decollare, soprattutto per mancanza d’investimenti e scarsità di risorse, a fronte di un sistema quasi totalmente in mano alle cliniche private”.

Nel Rapporto Istat 2017 dentista al primo posto del paniere dei fabbisogni

E’ evidente come lo stato di salute orale si configuri come un indicatore di povertà e uno strumento epidemiologico di evidenza di costi sociali. Nella fascia di pazienti sopra i 15 anni solo l’11,7% ha usato il servizio pubblico, il 86,9% si è rivolto al privato e l’80% ha sostenuto una spesa di tasca propria. Nonostante il fatto che a partire dal 2014, anche grazie al miglioramento delle condizioni del Paese e allo sviluppo di nuove forme organizzate di offerta odontoiatrica, la spesa in cure odontoiatriche sia aumentata, superando i 9 miliardi di euro, troppe persone sono costretti a rinunciare alle cure odontoiatriche. Come si è detto, l’Italia è al terzultimo posto nella Ue per le cure odontoiatriche: 45,8% della popolazione sopra i 15 anni contro una media europea del 60,1%. Il mercato è segmentato, l’odontoiatria pubblica è costituita da Ospedali e ASL, Poli universitari e Strutture private convenzionate; mentre le strutture private, che costituiscono più del 90% delle realtà, sono frazionate in studi tradizionali e società di capitale quali catene di studi odontoiatrici, grandi centri privati, network di dentisti. Alcuni dati. La situazione dell’offerta delle cure odontoiatriche in Italia vede che nonostante ci siano 61.140 dentisti iscritti all’albo e circa 40mila studi professionali e associati, solo 3.500 dentisti lavorano nel Servizio sanitario nazionale a fronte di 3 milioni di italiani che ogni anno si rivolgono a strutture pubbliche. L’approccio dei pazienti quindi è molto diverso rispetto agli altri tipi di cura, poiché costretti ad accedere quasi esclusivamente al privato, con ovvie barriere economiche per i meno abbienti, provocando una notevole discriminazione sociale.

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