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VIDEO | ‘Codice Rosso’, la voce dei centri antiviolenza del Lazio

DireDonne ha raccolto la voce di responsabili ed operatrici sul ‘Codice Rosso‘

Pubblicato:11-03-2019 12:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:13

violenza donna
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ROMA – In occasione del reportage sui centri antiviolenza D.i.Re-Donne in Rete contro la violenza del Lazio, DireDonne ha raccolto la voce di responsabili ed operatrici sul ‘Codice Rosso‘, il provvedimento voluto dal ministero della Giustizia e da quello della Pubblica Amministrazione recante ‘Modifiche al Codice di Procedura Penale: disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere’.

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CENTRO DIFFERENZA DONNA: “MANOVRA DEMAGOGICA”

“Sul ‘Codice Rosso’ ci siamo confrontate anche con l’ufficio legale che vanta l’associazione Differenza Donna, lo troviamo una manovra demagogica che non aggiunge nessuna tutela alle donne. Siamo sicure che la normativa vigente sia più che sufficiente e, anzi, molto efficace rispetto al contrasto della violenza e alla tutela della parte offesa”. Così alla Dire Cristina Ercoli, responsabile del Centro antiviolenza Differenza Donna di via di Villa Pamphili, a Roma, sul ‘Codice Rosso’.


PALLADINO: “PROPAGANDA INUTILE”

 “Il ‘Codice Rosso’ è una propaganda inutile che richiama qualcosa che già c’è, in un sistema giuridico che ha bisogno di un cambio radicale di cultura, di applicare le leggi che già esistono, soprattutto la Convezione di Istanbul, rispettarle e implementarle, piuttosto che inventarsi leggi nuove per mettersi una medaglia e intestarsi un’innovazione”. Così alla Dire Raffaella Palladino, presidente di D.i.Re-Donne in rete contro la Violenza e membro del comitato DireDonne, sul ‘Codice Rosso’.

CENTRO STELLA POLARE SORA: “SPOT, PROCEDURE GIÀ ESISTENTI”

“Il ‘Codice Rosso’ rappresenta uno spot di procedure che in Italia già si mettono in campo. Riguarda un restringimento dei tempi, ma di quelli iniziali, di presa in carico della donna, e su questo si sono già mosse moltissime procure che hanno ideato dei pool in cui i pm si occupano esclusivamente di violenza sulle donne. Nelle procure di Frosinone e Tivoli, già ci sono molti operatori che prendono in carico questo tipo di reati e cercano di condurre le indagini nella maniera più veloce possibile”. Così Elisa Viscogliosi, presidente dell’associazione Risorse Donna Onlus e responsabile del centro antiviolenza ‘Stella Polare’ di Sora, in provincia di Frosinone, sul ‘Codice Rosso’.

Il problema, secondo Viscogliosi, “si pone nel momento in cui inizia il processo. È lì che deve si dovrebbe andare più veloci, perché un processo non può durare tre-quattro-cinque anni, per una donna che nel frattempo è costretta a stare all’interno di una casa di rifugio in protezione, mentre l’uomo è libero di girare per la propria città. È lì che si dovrebbe intervenire con misure che facciano allontanare l’uomo dall’abitazione e far restare la donna in sicurezza nella casa familiare insieme ai bambini, senza stravolgere le proprie abitudini e dover ricostruirsi una vita da capo. Bisognerebbe intervenire- conclude la responsabile del centro- in una fase successiva, che riguarda l’intero processo, il modo in cui viene condotto, e tutte le misure che vengono poi attuate nei confronti degli uomini maltrattanti, e devono avere una rapidità che va di pari passo con il progetto della donna”.

CENTRO ANTIVIOLENZA RIETI: IN ITALIA È UTOPIA

“Il ‘Codice Rosso’ in Italia è un’utopia. Magari in un comune piccolo come Rieti potrebbe essere fattibile, ma immagino che in tribunali molto più grandi può essere più complicato metterlo in pratica”. Così sul ‘Codice Rosso’ Silvia Santilli, operatrice del centro antiviolenza ‘Il Nido di Ana’ di Rieti, nel Lazio. “Come operatrice del centro che lavora con le donne vittime di violenza- continua Santilli- posso dire che, sicuramente, chiedere ad una donna di parlare dopo tre giorni con il pm, magari dopo aver raccontato la sua storia ad un carabiniere, può avere un impatto psicologico forte per la donna e può anche spingerla a fare dei passi indietro. Lo trovo controproducente dal punto di vista psicologico- conclude Santilli- utopico dal punto di vista legale”.

CODICE ROSSO, CENTRO ‘ERINNA’ VITERBO: “PROVVEDIMENTO SECURITARIO”

“Il ‘Codice Rosso’ è ascritto a tutti quei provvedimenti securitari. Già esiste la priorità quando c’è un caso di maltrattamento pesante o di stalking. È vero che dipende molto dalla sensibilità delle forze dell’ordine, però noi, per esperienza, sappiamo che spesso si attivano immediatamente, così come i magistrati del Tribunale di Viterbo. Credo che sia uno spot elettorale mediatico più che una seria occupazione di quello che significa subire maltrattamenti, violenze, abusi”. Così alla Dire sul ‘Codice Rosso’ Anna Maghi, presidente dell’associazione ‘Erinna’, che gestisce a Viterbo l’omonimo centro antiviolenza.

CODICE ROSSO, CENTRO DONNA LILITH LATINA: “VIOLENZA VISTA COME EMERGENZA”

“Il ‘Codice Rosso’ è l’ennesima riprova che la questione della violenza di genere viene ancora vista come un’emergenza”. Così alla Dire Francesca Innocenti, responsabile del centro antiviolenza ‘Centro Donna Lilith’ di Latina sul ‘Codice Rosso’.

“Il ‘Codice Rosso’ prevede che la donna che denuncia una violenza deve essere subito ascoltata, ma il problema non è l’agire nell’immediato ma il fatto che ci sono dei tempi della giustizia troppo lunghi- precisa Innocenti- Per iniziare un procedimento penale non si possono aspettare anni. Il problema, quindi, non è solo agire sull’immediato, ma dare un seguito altrettanto veloce e tempi certi per la giustizia”.

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