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Mamme divise tra carriera faticosa e part-time

Concetta Andaloro giornalista per WordUpCommunication parla del rapporto tra lavoro e genere nel suo contributo ‘Donne che ce l’hanno fatta’.

Pubblicato:10-12-2018 11:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:53
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ROMA – “Ormai è passato un lungo lasso di tempo da quando nel 1981 l’Onu ha sancito l’eliminazione di ogni forma di discriminazione contro la donna. Cedaw è il documento che regola questa novità. E dico novità perché così è stata vissuta. Ad oggi cosa è cambiato? Le donne lamentano ancora difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro. Eppure, ormai abbiamo libero accesso ad ogni albo professionale, ente pubblico, istituto di ricerca e nelle forze armate”. Sono le parole con le quali Concetta Andaloro, giornalista per WordUpCommunication, e membro del Comitato DireDonne parla del rapporto tra lavoro e genere nel suo contributo ‘Donne che ce l’hanno fatta’.

La loro vita non è stata diversa da quella di tanti loro colleghi uomini: sacrifici, studio, ore di sonno dedicate a preparare incontri, esami da superare, lavori da terminare. Quasi tutte sposate con figli, hanno affrontato l’allattamento, i problemi del nido e poi l’asilo e le elementari, i compiti da fare a casa, la febbre dei bambini, cioè, la vita. Ma sembra che questa vita, che alcune riescono ad organizzare pur con delle difficoltà, per la maggior parte, rappresenti un limite invalicabile oltre il quale si dice ‘No’.

IL 78% DELLE DONNE LASCIA IL LAVORO DOPO IL PRIMO FIGLIO

Il 78% delle donne– continua Andaloro- danno le dimissioni dal posto di lavoro dopo il primo figlio. E’ un dato sconcertante. Le motivazioni sono sempre molto personali e riguardano l’assenza di un parente di supporto oppure il costo troppo elevato di nido ed asilo. Pero’, il 78% resta una percentuale elevatissima, considerate le facilitazioni che ogni Comune ha attuato sul tema tempo lavoro per rendere piu’ accessibili alcuni servizi allungando l’orario di negozi ed uffici pubblici”.


“Purtroppo, chi ci governa non puo’ risolvere i problemi di ordine famigliare: se il padre non è attivo nell’aiuto in famiglia è un fatto privato e li’ va risolto. Per la donna questo rappresenta un problema, ma anche la zona di comfort sulla quale adagiarsi per non fare. Dura come ammissione, ma cosi’ la vede la psicologia moderna”.

IL FIGLIO VISTO COME IMPEDIMENTO?

“Tempo fa parlavo di questi temi, sempre gli stessi da anni, con una dirigente della Regione Lombardia da due decenni alle Pari Opportunità. Le avevo chiesto- prosegue la giornalista- cosa ne pensasse del progetto sugli asili domiciliari, una sorta di asilo famigliare. Mi sconsiglio’ vivamente di approcciare l’argomento spiegandomi la legislatura in merito assai controversa.

‘Ma una donna che vuole andare a lavorare dove lo lascia il figlio?’, incalzo. Lei mi guarda meditabonda e mi spiega come alcune grandi aziende avessero provveduto agli asili aziendali, chiusi in tempi brevi perché le mamme, dopo un primo momento di entusiasmo, avevano riportato i loro figli agli asili di zona. Perché erano piu’ libere quando uscivano dal lavoro, per le loro commissioni. Senza i figli, potevano dedicarsi ad un momento con una collega o amica per un aperitivo, insomma, il figlio era vissuto come impedimento. Sono rimasta un po’ a meditare su questo concetto- ragiona Andaloro- se una donna vive il figlio come impedimento, ecco perché non si fanno piu’ figli e quelli che si hanno si cerca di sbolognarli un po’ ovunque. Ovviamente questa è una generalizzazione, ma pare che anche qui le percentuali fossero molto elevate”.

IL PARERE DI CINZIA CANDIANI, AD MICROSOFT ITALIA

“Nella primavera 2018- racconta Andaloro- ho avuto occasione di intervistare Cinzia Candiani, AD di Microsoft Italia. Credo che per arrivare ad un livello di carriera simile, non si sia risparmiata nulla: sacrifici, notti insonni e veleni. Ha due figli, una normale famiglia ed una vita molto attiva.Le ho posto una domanda sull’utilità delle quote rosa, la risposta è giunta lapidaria: il 70% dei laureati dell’università Bocconi sono donne, che fine facciano dopo non si sa, si perdono. Spiegava che ad ogni assunzione nell’azienda dove lavora, lei stessa cura che la percentuale sia del 50% per entrambe i generi, e fanno fatica a mantenerla per il basso numero di candidate donne. Questa è la cruda realtà”.

Esistono ancora aziende private che pagano le donne il 17% in meno degli uomini, esistono ancora le dimissioni bianche in caso di maternità, ma la realtà rivela che le donne non amano sgomitare piu’ di tanto. Tutto sommato, anche se la nostra società ci dice, conti alla mano, che due stipendi sono necessari, ma..ci sono i bambini. Qualche rinuncia, magari un lavoro part-time non dichiarato- conclude Andaloro nel suo contributo- è meglio di una carriera faticosa”.

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