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Terremoto, Iscr: “Via macerie, in Umbria rinasce la chiesa di San Salvatore”

Capponi: "Adesso il laboratorio del restauro, e a Natale apertura straordinaria"

Pubblicato:10-11-2017 16:12
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:53

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ROMA -La violenza del terremoto sembrava averla distrutta per sempre. E invece no, perché un anno dopo, la Chiesa di San Salvatore in Campi, una frazione di Norcia fortemente danneggiata dal sisma del 30 ottobre 2016, rinasce e torna a mostrare i suoi bellissimi affreschi, liberati dai cumuli di macerie grazie alle cure dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, che in accordo con la Soprintendenza dell’Umbria dal giugno scorso sta lavorando a una rimozione controllata dei detriti. Dai cumuli di pietra sono emersi anche i frammenti affrescati delle navate, già selezionati e catalogati.

Insieme ai tecnici dell’Istituto, anche 70 restauratori specializzati volontari dell’associazione Chief onlus (Cultural Heritage international emergency force), che hanno offerto il loro lavoro gratuitamente alternandosi in otto squadre settimanali per recuperare gli affreschi e catalogare tutte le parti recuperate.

Capponi: “Per Natale contiamo di fare un’apertura straordinaria”

“Un lavoro di squadra che ci ha permesso di capire che all’interno delle macerie c’erano molte parti della Chiesa veramente ben conservate, così come le pareti di fondo con i dipinti della Crocifissione e dell’Ultima cena e i frammenti, tutti ritrovati, dell’iconostasi. Adesso contiamo di completare la messa in sicurezza e di fare un’apertura straordinaria per Natale“, racconta il direttore dell’Istituto Superiore, Gisella Capponi, in visita alla Chiesa insieme al presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, Giuliano Volpe, al segretario generale del Mibact, Carla Di Francesco, al soprintendente dell’Umbria, Marica Mercalli, e alla presidente della Regione, Catiuscia Marini.


Una visita che ha portato la delegazione nel deposito di Santo Chiodo, dove sono ricoverate 5.400 opere d’arte ferite dal sisma e provenienti da tutta la Valnerina. E’ qui che l’Istituto ha portato i pezzi originali di San Salvatore selezionati tra i detriti crollati soprattutto dal tetto della Chiesa di Campi che risale al Trecento ed è stata ampliata nel Cinquecento, ma che vanta anche un tratto di muro romano.

Negli anni Sessanta del secolo scorso, invece, sono stati inseriti sulle sommità degli elementi in cemento armato che non hanno retto alle scosse. I resti di una trave di colmo sono ancora al centro della navata, ma i tecnici sono riusciti a liberare la sagrestia e a salvare anche un gruppo di statue. “Stamattina abbiamo tirato fuori anche il presepe”, racconta Stefano Podestà, ingegnere che affianca l’equipe dell’Istituto formata dalla restauratrice Giuseppina Fazio e dagli architetti Stefania Argenti e Maria Elena Corrado. “Entro Natale- dice- contiamo di rimuovere tutte le macerie e mettere in sicurezza la Chiesa”.

Capponi: “Desideriamo realizzare qui un laboratorio di restauro”

Poi, San Salvatore potrebbe diventare un modello per il restauro delle opere danneggiate dal terremoto che ha colpito l’Italia centrale. “Vogliamo realizzare qui un laboratorio di restauro che può trovare spazio nella navata di destra e che consenta di metter in sicurezza e ricomporre i frammenti che oggi sono a Santo Chiodo- annuncia Capponi- È una cosa indispensabile, perché i frammenti sono qui. Noi avremmo anche potuto mantenerli già sul posto, ma le condizioni di sicurezza non ce lo consentivano, ma è giusto che tutto venga ricomposto dov’era. Darà un valore aggiunto a tutta l’operazione che ci permetterà di capire realmente che cosa poter fare di ricomposizione di tutto l’edificio”.

Del resto, in Umbria l’Istituto del Restauro lavora proprio alla rimozione controllata delle macerie, che poi vengono selezionate, catalogate e messe in sicurezza nel deposito di Santo Chiodo. Così come è successo nella Chiesa di San Benedetto a Norcia, altro edificio quasi del tutto raso al suolo dal terremoto, ma che dopo un anno ha restituito il Portico delle misure. “Non si tratta di scavare- spiega Capponi- ma di prelevare le macerie in modo da salvare i frammenti che si trovano sotto anche a tre metri di macerie”.

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