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Leadership…questa sconosciuta!

di Barbara Varchetta,  Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali La crisi del sistema politico occidentale ampiamente inteso è il

Pubblicato:10-07-2016 11:18
Ultimo aggiornamento:10-07-2016 11:18

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di Barbara Varchetta,  Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali

La crisi del sistema politico occidentale ampiamente inteso è il frutto di una carenza di valori determinanti nella gestione e nel governo della Cosa Pubblica, dell’inadeguatezza di chi si professa leader senza esserlo, dell’improvvisazione posta in essere da coloro che pur di gratificare le ambizioni personali sacrificano il futuro di intere generazioni.

Si assiste ormai da tempo al crollo verticale dei partiti che, lungi dall’essere strumenti partecipativi, appaiono piuttosto come centri di potere e di interessi, al punto da determinarne il rifiuto.


A ridurre le distanze tra governanti e governati dovrebbe intervenire l’affermazione di una leadership forte e carismatica che conquisti nuovamente la fiducia dei cittadini dimostrando di essere in grado di comunicare efficacemente con questi ultimi e soprattutto di risolvere e prevenire il manifestarsi dei quei “cigni neri” a cui la storia contemporanea ci ha abituato.

A ben vedere, tuttavia, non esiste attualmente un modello ben riuscito di leadership capace di traghettare la propria nazione fuori dal limbo in cui si ritrova: con le dovute differenze, molti degli Stati democratici soffrono dell’incapacità di chi li governa nel dirimere questioni sempre più complesse e dalla natura articolata. La politica estera sembra il campo più insidioso, seguita da quella economica e strategica.

Non è un caso che i rappresentanti del movimento a favore della brexit, ad esempio, abbaino abbandonato la nave che affonda un minuto dopo aver realizzato l’entità del danno prodotto. Nessuno di coloro che tanto hanno lottato per l’uscita della Gran Bretagna dall’UE è oggi disposto a guidare il nuovo corso politico, a dimostrazione che si fa presto a far fibrillare un sistema sociale salvo poi non riuscire ad arginarne le conseguenze.

E come avranno reagito gli inglesi alla pubblicazione del rapporto Chilcot, secondo il quale l’ex premier Tony Blair avrebbe disposto l’invasione dell’Iraq “prima ancora che si fossero esaurite tutte le opzioni pacifiche….e che altri rimedi alternativi e pacifici fossero adottati per raggiungere il disarmo”? E’ evidente che il sentiment dominante sia la sfiducia. Basandosi su tali presupposti, possono i cittadini confidare nella competenza, buona fede e capacità previsionale di chi li governa e nella certezza che costoro opereranno sempre per il raggiungimento dell’obiettivo che più rassicuri e tuteli la cittadinanza?

Gli stessi amletici dubbi sorgono negli Stati Uniti dove non è bastato un presidente di colore per marginalizzare le frange più estremiste, ormai accanite contro la comunità afroamericana; il Paese, noto per la sua capacità di aggregazione multietnica, si trova nuovamente a dover dibattere, in una delle campagne elettorali più deludenti della storia, del respingimento degli immigrati, dell’uso incontrollato ma legalizzato delle armi, di razzismo propagandato quasi fosse la soluzione ad ogni male. Tutte questioni affrontate dai partiti e dai rispettivi rappresentanti con una leggerezza allarmante, una superficialità tale da rasentare la demenza. Perché i cittadini dovrebbero dunque affidarsi a questi modelli di leadership? E’ più probabile che vinca l’antipolitica, la fuga dal sistema convenzionale, l’autoisolamento di una porzione progressivamente crescente di popolazione.

Né l’Italia può vantare una situazione molto diversa: la crisi economica avanza incontrollata, la corruzione raggiunge i gangli nevralgici delle amministrazioni centrali; si predica il cambiamento ma si retrocede su tutti i fronti, si punta alla risoluzione di questioni marginali al fine di non affrontare le reali criticità del Paese, si racconta spesso una realtà incongruente.

Anche qui la carenza di leader adeguati alla congiuntura negativa del momento, nonché attenti alle esigenze di sopravvivenza dei più, continua a pesare sulla disaffezione verso ciò che invece dovrebbe rappresentare uno degli interessi primari di ciascun cittadino: la compartecipazione alla gestione pubblica, il benessere dello Stato e di ogni sua singola componente.

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