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Disabili, anziani e neonati: ecco chi sono i cacciati da Torre Maura

Ecco chi erano le persone contro cui a Torre Maura, periferia di Roma, si sono scatenate accese proteste da parte dei residenti arrivati a dire: "Fateli morire di fame". Il quadro in commissione in Campidoglio

Pubblicato:10-04-2019 12:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:20

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ROMA – Disabili, anziani – di cui uno deceduto stanotte – bambini, un neonato di tre giorni e altri di pochi mesi, malati psichiatrici o di patologie neurologiche gravissime e di Hiv, donne incinte. Tra loro rom, immigrati e anche italiani. È lo spaccato delle 77 persone accolte da Roma Capitale perché portatrici di fragilità gravi e disagio estremo che negli scorsi giorni sono state ‘cacciate’ tra proteste, auto incendiate, cibo calpestato, calci e sputi ai pulmini che le trasportavano, dai residenti di Torre Maura insieme ai militanti di estrema destra che ne hanno impedito il trasferimento dalla struttura di via Toraldo a quella di via dei Codirossoni, che fino a pochi mesi fa ospitava un centro Sprar con fino a 148 richiedenti asilo.

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A fornire il quadro della situazione è stata Michela Micheli, responsabile della direzione Accoglienza e Inclusione del dipartimento Politiche sociali del Campidoglio e direttrice ad interim dell’Ufficio speciale rom, sinti e caminanti, in occasione dell’audizione in commissione capitolina Trasparenza convocata sulla vicenda. Dopo lo scoppio dei disordini di Torre Maura, ha spiegato Micheli, “abbiamo fatto un’azione di ricollocamento di tutte le persone in tutte le strutture ordinarie dell’accoglienza delle fragilità della città, insieme a italiani, altri rom e immigrati. A ciascuno, a seconda dei posti che avevamo a disposizione, abbiamo dato un’alternativa di accoglienza. Alcuni non hanno accettato la separazione con il coniuge che avrebbe dovuto essere ricollocato in una struttura protetta per madri con bambini e hanno preferito prendere una strada autonoma. In 60 su 77 erano stati spostati da Toraldo a Codirossoni perché in 17, tre famiglie, non hanno fatto in tempo ad arrivare perché erano già iniziati i disordini: erano tre famiglie con bambini piccoli, una aveva avuto un neonato tre giorni prima, venivano dalla chiusura del Camping River e non hanno accettato la divisione familiare. Hanno dormito fuori alcune notti e adesso due famiglie hanno deciso di rientrare nel campo di via Candoni e un’altra in quello de La Barbuta”. 

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Tra i 60 entrati a Torre Maura e poi costretti ad allontanarsi, invece, c’erano “tre adulti, due uomini anziani, di cui uno purtroppo deceduto stanotte, e una donna sieropositiva, che sono stati portati in un centro nel Municipio VII, dov’è stato portato anche un nucleo familiare di cinque persone, 4 adulti e un minore disabile. Tre adulti con fragilità sociosanitarie e due minori sono stati invece trasferiti nel V Municipio insieme a un nucleo di due adulti e quattro minori e un altro di sei persone, tre minori, una donna disabile gravissima e un uomo con una patologia neurologica certificata. Una coppia con due bambini molto piccoli è stata invece portata in XV Municipio”.

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Diverse persone sono tornate nei campi o hanno rinunciato all’assistenza, come un cittadino italiano: “Ha gravi problemi psichiatrici diagnosticati, lo abbiamo provato a collocare in diverse strutture senza successo e alla fine se n’è andato spontaneamente”. Un altro gruppo, ha spiegato sempre Micheli, “era composto da cinque persone, due adulti, lei incinta al nono mese, e tre bimbi piccoli. Non volevano separarsi e ci hanno pregato di portarli al campo rom di via Candoni perché tra pochi giorni lei partorisce. Lo stesso hanno fatto una madre e il suo bimbo, mentre una famiglia di tre persone, mamma incinta, papà e un bambino, hanno rifiutato e ci hanno detto che sarebbero andati presso parenti”. Dopo i disordini di Torre Maura, ha concluso infine la dirigente capitolina, “il rapporto contrattuale con Medihospes, la cooperativa che aveva vinto la gara per la gestione del centro di via dei Codirossoni, è stato sospeso. Codirossoni era stata allestita per la semiautonomia, quindi rescindendo il contratto c’è un importante rischio di contenziosi”.

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