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Ranger uccisi nel parco dei gorilla, l’attivista: “I gruppi armati sono padroni, lo Stato ha fallito”

Ieri in un'imboscata hanno perso la vita 6 ranger del parco nazionale del Virunga, dove vivono gli ultimi rarissimi gorilla di montagna

Pubblicato:10-04-2018 16:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:44
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ROMA – Cinque guardiaparchi dei 26 del parco nazionale della Virunga, in Congo, sono stati uccisi, ieri, in un agguato lungo una strada prossima alla frontiera con l’Uganda. Morto anche un autista, mentre un sesto ranger è rimasto ferito ma è sopravvissuto, come ha riferito il portavoce del Parco, Joel Malembe, alla stampa internazionale.

Si tratta della strage più drammatica dall’inizio della storia del parco, dove negli ultimi 20 anni hanno perso la vita 175 ranger, impegnati a difendere gli ultimi rarissimi gorilla di montagna nel parco del Virunga.

L’ATTIVISTA: MILIZIE PADRONE NEL PARCO DEI GORILLA

“Non riconoscono autorità politica e si finanziano con il contrabbando, anche d’avorio, uno dei tesori del Parco“: Onesmus Mugyenyi, dell’ong ugandese Advocates Coalition for Development and Environment (Acode), parla con l’agenzia DIRE dei gruppi armati sospettati di aver ucciso cinque ranger nella regione dei Vulcani Virunga.


L’imboscata, tesa ieri, su una strada al confine tra la Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda, è l’ultima di una serie. Due anni fa a cadere in un agguato era stato anche il direttore del Parco, Emmanuel De Merode, rimasto ferito. Ma nella riserva dei Virunga, la prima istituita in Africa, patrimonio mondiale dell’umanità popolato di specie a rischio estinzione, dai gorilla di montagna agli okapi, è un’emergenza continua.

Negli ultimi 20 anni sono stati uccisi più di 150 ranger” calcola Mugyenyi: “Gli omicidi di ieri colpiscono ma non segnano una rottura con il passato, caratterizzato sempre dal fallimento dello Stato e dal proliferare di milizie Mai Mai e di altri gruppi che non riconoscono alcuna autorità politica”.

Secondo il ricercatore, dopo la fine della cosiddetta Guerra mondiale africana nel 2003 contrabbando e bracconaggio sono rimasti realtà quotidiana nella regione dei Vulcani. “Le milizie – sottolinea Mugyenyi – vivono del traffico di risorse naturali, l’avorio degli elefanti del Parco ma anche il coltan e la cassiterite, minerali strategici dei quali l’est del Congo è ricco”. A pesare è da un lato la lontananza della capitale Kinshasa, da un’altra l’influenza di Paesi come l’Uganda e il Rwanda, pure coinvolti nella Guerra combattuta tra il 1998 e il 2003.

“Di recente all’aeroporto che serve Kampala è stato sequestrato un carico di avorio che sarebbe giunto proprio dall’est del Congo” sottolinea Mugyenyi. Convinto della necessità di una risposta concordata a livello internazionale: “Le grandi potenze dovrebbero favorire un processo di pace, con il dialogo tra il governo di Kinshasa e i gruppi armati dell’est”. Le difficoltà di questo tentativo, però, appaiono oggi ancora più evidenti.

“Un’incognità ulteriore è rappresentata dalle tensioni legate alle elezioni previste a fine anno” sottolinea Mugyenyi: “Lo scontro sul futuro del presidente Joseph Kabila non fa che accrescere il vuoto di potere, lasciando i ranger sempre più soli“.


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