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Claudio Calia: “In Iraq ho creato ponti con il fumetto”

L'autore ha presentato Roma: "Kurdistan, Dispacci dal fronte iracheno"

Pubblicato:10-02-2018 13:16
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:27

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ROMA – “Nei miei workshop di fumetto tra i giovani iracheni ho dovuto compiere quasi un’operazione psicologica: portarli ad aprirsi e comunicare tra loro. Molti non lo avevano mai fatto”. Lo racconta alla Dire Claudio Calia, fumettista padovano, a margine della presentazione a Roma del suo fumetto ‘Kurdistan. Dispacci dal fronte iracheno’, pubblicato da Beccogiallo a dicembre 2017.

La sua opera, nata per per illustrare le attivita’ che la ong Un Ponte Per realizza tra i giovani nel Kurdistan iracheno, rende conto di questo viaggio attraverso le storie dei suoi allievi. C’e’ chi proviene dalle citta’ e chi dai campi per sfollati, e le appartenenze etnico-religiose sono le piu’ diverse – ci sono arabi sunniti, arabi shiiti, curdi, turkmeni, cristiani che parlano l’aramaico, yazidi, i profughi dalla Siria. I protagonisti di ‘Dispacci’ vivono in un paese che ancora non ha trovato la stabilita’ dopo la guerra del 2003, le lotte intestine tra fazioni, e infine lo Stato islamico nel 2014.

“Durante le lezioni gli chiedevo di provare a raccontarsi a un pubblico diverso – quello italiano – tramite la matita. Per me era importante creare un ponte tra le nostre societa’. Ma poi mi sono accorto che questo esercizio serviva prima di tutto a loro stessi: tra loro non si capivano, sia perche’ parlano varie lingue, sia perche’ non avevano mai provato a condividere esperienze. Da quelle pesanti (le bombe, il cibo che manca) a quelle piu’ banali- dice Calia- la persona comune, ad esempio, che si organizza la serata per seguire una partita di calcio in tv ma poi salta la corrente, perche’ la distribuzione non e’ garantita 24 ore su 24. E mi ha colpito che, per raffigurare la ricostruzione, in molti abbiano scelto l’immagine del semino che spunta tra le macerie e si trasforma in fiore”.


– Quasi un aiuto psicologico, quindi? 

“Si’- risponde ancora Claudio Calia alla Dire- perche’ per me disegnare fumetti e’ soprattutto questo. Poi molti non sapevano neanche cosa fosse un fumetto – sai, quando c’e’ la guerra il tuo primo pensiero non e’ andare in edicola – ma oggi molti si sono appassionati. Ad aprile tornero’, e vedro’ cosa hanno realizzato”.

L’autore, appassionato di graphic journalism, ha intervistato anche varie personalita’, tra cui un esponente della comunita’ yazida, duramente perseguitata dallo Stato islamico. “Mi ha spiegato la sua teoria per pacificare l’Iraq: trasformare il paese in una confederazione su base religiosa. Se me lo avesse detto prima di partire, non sarei mai stato d’accordo. Ma dopo che mi ha raccontato delle decine di stragi a cui negli anni, anche prima di Daesh, le varie comunita’ etniche sono incorse, ho capito il suo punto di vista- prosegue- L’Iraq non e’ una realta’ facile da riassumere. Ma vorrei che i miei lettori tenessero a mente questo: i personaggi del mio fumetto sono persone reali, che fanno tante cose e che vogliono vivere”. E che non mancano di autoironia: “se chiedi a uno yazida se vuole convertire qualcuno ti risponde di no, perche’ ‘non vuole far del male a nessuno’. La religione islamica poi non e’ cosi’ limitativa come pensiamo: bisogna esserci, per capirlo”.

Anche il noto fumettista romano Zerocalcare e’ intervenuto al dibattito, forte di un’esperienza analoga nel Rojava, il Kurdistan siriano, da cui sono nati vari albi. E lo fa mettendo in risalto un “tratto inedito” dei curdi da lui incontrati: la volonta’ di costruire una societa’ nuova partendo dall’autocritica. “Facevano politica cercando di cambiare se stessi, una cosa che qui da noi sembra inconcepibile”, aggiunge.

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