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Arresto tunisino jihadista, inquirenti: “No rischi per Italia. Ma in carcere la radicalizzazione è più facile”

L'uomo voleva andare a combattere in Siria, ma non ha mai mostrato propositi di vendetta verso l'Italia

Pubblicato:10-01-2017 12:39
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:46

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ROMA – Si chiama Saber Hmidi, tunisino classe ’84 in Italia dal 2008, l’uomo arrestato dal Pool antiterrorismo della Procura di Roma stamattina a Rebibbia, dove era già detenuto per altre cause, in quanto partecipante all’organizzazione terroristica Ansar al-Sharia, gruppo jihadista attivo in Tunisia dal 2011 che combatte al fianco dell’Isis. L’uomo, di corporatura imponente, oltre 1 metro e 90 per più di 100 chili, è sposato con una italiana convertita all’Islam, ha una figlia e conduceva una vita di furti, spaccio di stupefacenti ed espedienti, e in carcere spiegava che una volta libero sarebbe andato a combattere in Siria accanto “ai suoi fratelli musulmani”.

I GRUPPI DI PREGHIERA COME STRUMENTO DI RADICALIZZAZIONE IN CARCERE

Hmidi, in carcere dal 2014 per resistenza a pubblico ufficiale e porto illegale di pistola, era dedito a fare proselitismo tra i detenuti nei 5-6 istituti penitenziari, soprattutto a Frosinone e Secondigliano, dove era stato recluso negli anni, convincendoli, una volta scarcerati, a recarsi nei teatri di combattimento in Medio Oriente per combattere con lo Stato Islamico. “Come Digos ci focalizziamo su moschee, luoghi di culto ma anche Cie e carceri, quindi i luoghi di detenzione e di aggregazione dove queste persone possono fare proselitismo nei confronti degli stranieri di mentalità sensibile e idee religiose non troppo chiare, ponendo in essere un’opera di radicalizzazione per far sì che un domani possano andare addirittura nei teatri di combattimento come Libia e Siria, come già successo”, spiegano gli inquirenti in conferenza stampa in via di San Vitale. L’opera di radicalizzazione era nascosta dietro gruppi di preghiera. Gli ‘adepti’ guidati dall’arrestato davano vita a veri e propri raid punitivi nei cortili di passeggio delle carceri contro i detenuti di religione cattolica che si lamentavano della situazione, colpendo con sgabelli e spranghe chi non aderiva alla causa.

HMIDI ESULTAVA ALLE NOTIZIE DI ATTENTATI DELL’ISIS IN EUROPA

Quando arrivavano le notizie degli attentati rivendicati dall’Isis in Europa, Hmidi si lasciava andare a manifestazioni di giubilo. Il monitoraggio della Digos e della Polizia penitenziaria che ha portato i pm di Roma a riconoscere a carico del soggetto gravi indizi di colpevolezza per il reato di partecipazione ad associazione terroristica, per cui la legge prevede da 5 a 10 anni di carcere, è partito dopo il ritrovamento a casa dell’uomo di una bandiera originale dell’Ansar al-Sharia. Sempre stamattina ci sono state 5 perquisizioni nei confronti di persone entrate in contatto con l’arrestato, ma non ci sono prospettive di altri arresti.


DIGOS: “NO RISCHIO SPECIFICO PER ITALIA, HMDI VOLEVA ANDARE IN SIRIA”

“Hmidi voleva andare in Siria a combattere per l’Isis, non ha mai manifestato intenzioni di vendetta o di attentati contro il nostro Paese. Da questo punto di vista non ci sono rischi specifici per l’Italia”. Lo ha detto il dirigente della Digos di Roma, Mauro Fabozzi, durante la conferenza stampa in via di San Vitale dopo l’arresto del tunisino.

di Gabriele Mirko Narducci, giornalista professionista

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