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Jamila, la volontaria curda in Siria: “Ricostruiamo la sanità dal basso”

Intervista alla co-presidente della Mezzaluna rossa curda, che fornisce assistenza in 13 centri sanitari della Siria del Nord

Pubblicato:09-11-2018 18:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:46
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ROMA – “Cerchiamo di costruire da soli quello che ci manca, attraverso la solidarietà dal basso e le donazioni della società civile. Non vogliamo che nessuno venga a costruire il nostro sistema sanitario per noi”. Jamila Hami è co-presidente della Mezzaluna rossa curda (Heyva Sor a Kurd), che fornisce assistenza in 13 centri sanitari della Siria del nord. L’agenzia ‘Dire’ l’ha incontrata a Napoli, dove è intervenuta in uno degli incontri di sensibilizzazione che sta facendo in giro per l’Europa, insieme al suo omologo Sherwan Bery (il sistema dei co-presidenti in vigore nelle regioni siriane sotto il controllo curdo prevede un uomo e una donna a capo di ogni istituzione).

Dopo la sconfitta del gruppo Stato islamico e i bombardamenti turchi su Afrin, alla fine del mese scorso la Turchia ha ripreso a minacciare bombardamenti, mentre le risorse per fornire assitenza medica agli sfollati non bastano mai. Hami è intervenuta alla Mensa occupata, uno spazio universitario gestito da un collettivo anti-capitalista, ma lei non vuole essere ripresa accanto a simboli politici o bandiere: “Siamo un’organizzazione umanitaria, curiamo tutti senza distinzione. Una volta ho dovuto prestare cure di emergenza a un uomo del Daesh (lo Stato islamico, ndr). Lui, per motivi ideologici, non voleva essere toccato da una donna, ma io ho cucito e pulito tutte le sue ferite. Un compagno gli ha chiesto cosa avrebbe fatto se mi avesse trovata fuori dall’ospedale e lui ha risposto che sicuramente mi avrebbe tagliato la gola”.


Per la Mezzaluna rossa curda i primi passi nella Siria del nord sono iniziati nel 2012, quando i jihadisti di Jabat Al-Nusra hanno attaccato la zona tra Kobane e Cizre. “Non avevamo ambulanze né strutture di emergenza, abbiamo cercato di rimediare con le automobili private e la solidarietà di ciascuno” spiega Hami. “La nostra organizzazione si regge in piedi grazie al sostegno popolare: fondamentale è stato quello che ci è venuto dalla regione curda del Bakur (in Turchia, ndr)”.
Un ringraziamento va anche all’Italia e in particolare all’ong Un ponte per…. “Danno la giusta considerazione alla Mezzaluna rossa curda, altre ong non lo fanno” dice la responsabile dell’organizzazione, insieme a Rojin Ozlem Tanrikulu dell’Ufficio di informazione per il Kurdistan in Italia, che ha tradotto le sue parole dal curdo.
Tra le nuove strutture della Mezzaluna rossa curda si cita l’ospedale di Tell Temir, intitolato al medico Alina Sanchez, arrivata in Siria dall’Argentina per sostenere le Unità di protezione delle donne (Ypj) e scomparsa in un incidente stradale a marzo di quest’anno. L’ospedale è stato inaugurato pochi mesi dopo, grazie al sostegno della onlus Mezzaluna Rossa Kurdistan Italia, ma è solo un esempio di una cooperazione internazionale fatta dal basso, attraverso piccole associazioni e iniziative dei cittadini.

“Abbiamo costruito una clinica oculistica e un reparto di cardiologia a Qamishlo, ma dobbiamo ancora mettere in funzione le strutture” spiega Hami. Come volontaria, è rimasta per due mesi ad Afrin, lo scorso inverno, sotto i bombardamenti della Turchia fino all’evacuazione dei civili da parte dell’amministrazione di Afrin, a marzo. “Consigliavo di non allontanarsi dagli ospedali, perché secondo le leggi internazionali di cui tanto si parla bombardare gli ospedali è vietato, ma loro lo hanno fatto” ricorda Hami. “La Turchia non ha lasciato né una scuola né un ospedale, ha attaccato gli acquedotti, distrutto monumenti e reperti: che guerra è questa?”.
E si commuove, Jamila Hami, raccontando dei bambini uccisi in strada, colpiti dall’alto mentre giocavano. La sala della Mensa occupata, dove è appena stata lanciata una campagna di boicottaggio dei prodotti turchi e del turismo in Turchia, applaude. “Dopo la sconfitta di Daesh, pensavamo che la guerra fosse destinata a finire, ma ora affrontiamo gli attacchi di Ankara” denuncia Hami: “Perché gli Stati restano in silenzio? Questo silenzio ci uccide”.

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