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Processo Raggi, attesa per la sentenza: l’accusa chiede condanna di 10 mesi, per la difesa “il fatto non sussiste”

Rivolgendosi al presidente monocratico, l’esponente della Procura ha anche sollecitato la “concessione delle circostanze attenuanti generiche”

Pubblicato:09-11-2018 17:24
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:46
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ROMA – “Dieci mesi di reclusione”. E’ la condanna richiesta dal procuratore aggiunto di Roma, Palo Ielo, per il sindaco di Roma, Virginia Raggi, accusata del reato di falso nella nomina di Renato Marra a capo della Direzione capitolina Turismo. Rivolgendosi al presidente monocratico Roberto Ranazzi, l’esponente della Procura ha anche sollecitato la “concessione delle circostanze attenuanti generiche”.

Il movente è duplice ed evidente e si articola nella necessità da una parte di proteggere Raffaele Marra, uomo della macchina, lui faceva camminare il Comune, da lui si passava, e dall’altra di proteggere se medesimi dal rischio politico istituzionale di evitare necessità di dimissioni“, ha proseguito Ielo. A Raffaele Marra “viene consegnata una macchina che occorre fare marciare e Marra e’ la chiavetta che la mette in moto- ha spiegato Ielo- Senza Marra non si fa la macrostruttura e non si nominano dirigenti, senza Marra non si va avanti. Proteggere lui è fondamentale perché le conosce tutte, a cominciare dalla problematicità e criticità della nomina di Salvatore Romeo. Marra sa che li’ la legge e’ stata violata. Marra conosce tutto delle difficoltà di questa amministrazione e per questo va protetto”.


Ma “un altro elemento significativo” secondo Ielo “e’ il codice etico dei 5 stelle vigente all’epoca, poi successivamente cambiato, per cui se il sindaco e’ indagato ha il problema di dimettersi: o si dimette lui o devono decidere altri se dimetterlo. È essenziale proteggere Marra anche per proteggere se medesimi dal rischio di dimettersi. E’ fondamentale proteggere Marra perché portatore di conoscenze, uomo di macchina del comune, ma anche perché se cade Marra si arriva all’iscrizione nel registro degli indagati contestuale del sindaco, come e’ avvenuto, e questo avrebbe generato un grandissimo problema”.

Quindi Ielo per motivare la richiesta di condanna, menziona l’archiviazione del gip del l’ipotesi di reato di concorso in abuso d’ufficio a carico di Virginia Raggi, sempre in merito alla nomina di Renato Marra a capo della direzione capitolina Turismo: “Il gip, nell’archiviare la sindaca sul concorso in abuso d’ufficio (per la nomina di Renato Marra, ndr), dice ‘perché l’istruttoria e’ stata curata dagli assessori e da Raffaele Marra’”, e ancora “‘Raggi prese parte alla procedura a cose fatte’. Raggi e’ stata archiviata per la medesima ragione per cui ha commesso il falso. O nell’archiviazione il giudice ha detto cose non esatte o questo è falso”.

Il procuratore aggiunto di Roma e’ consapevole del peso ‘politico’ della sentenza in arrivo domani è per questo da subito ha evidenziato: “In questo processo ci sono troppi pesi che avrei preferito non ci fossero e non dipendono dai protagonisti del processo. E’ giusto fare un processo come se questi pesi non esistessero. Come immunizzare l’attività giudiziaria inquirente e requirente? L’unico modo che conosco e propongo è usare la cassetta degli attrezzi del mestiere di giudice, isolarsi dall’esterno, aprirla, prendere i ferri e usarla come si fa nei processi nei confronti di chiunque, perché solo così si immunizza processo dai pesi esterni. In tutte le aule di questo paese si fanno processi per falso e in tutte le aule con questi elementi si condanna. I pesi che stanno intorno a questo processo non possono determinare un’amministrazione della giustizia diversa da quella che ogni giorno avviene nelle aule”.

E quindi una condanna per “falso ideologico in atto pubblico”, come ha evidenziato il pm, Francesco Dall’Olio: “Dalla funzione svolta in concreto da Raffaele Marra si può desumere la falsità della famosa nota del sindaco (all’Anac, ndr) del 6 dicembre 2016. Sull’oggettiva e corretta qualificazione giuridica del fatto e’ pacifico che si tratti di un falso ideologico in atto pubblico non v’è’ dubbio che la sindaca rivestiva la qualità di pubblico ufficiale”. Quanto al ruolo di Marra nella nomina del fratello Renato, secondo Dall’Olio “ci mette la manina, anzi la manona, vuoi per errore, furbizia o perché era stato silurato da vice capo di Gabinetto. Io non credo alla sindaca quando dice che voleva valorizzarlo mandandolo al Commercio, ma Roma è una città di turismo non di commercio”.

E ancora: “Marra ci avrà anche messo la manina ma Raggi lo sapeva. L’interlocuzione tra Marra e Raggi era costante”. Anche dopo il ‘fattaccio’ della nomina di Renato Marra: “La sindaca si infuria e alle 2.37 è mattino in chat chiede conto a Marra e nona. de Santis, che era il suo delegato al personale. A quel punto, improvvisamente, tutta l’attività di Marra e le sue competenze spariscono. Diventa un mero e pedissequo esecutore di determinazioni assunte senza alcuna partecipazione alla fase istruttoria: come ha fatto questo pover’uomo a passare da semidio a un povero deficiente?”.

LEGALE SINDACA: ASSOLVERLA CON FORMULA PIENA

“La richiesta e’ che l’imputata venga assolta con la formula più piena perché il fatto non sussiste”. Lo ha detto al giudice monocratico, Roberto Ranazzi, dopo oltre due ore e mezza di intervento, l’avvocato Francesco Bruno, uno dei legali di Virginia Raggi, chiedendo per la sindaca di Roma l’assoluzione nel processo che la vede imputata per falso nella nomina di Renato Marra a capo della direzione capitolina Turismo.

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