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Gli astronauti dopo lo Spazio – Cosa succede?

Il momento del rientro a Terra è delicato, perché lo stress fisico e mentale è molto pressante

Pubblicato:09-10-2015 11:47
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:37

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Bentornati a ScientificaMente, l’appuntamento settimanale dell’Agenzia DIRE dedicato allo Spazio e alla scienza. Questa settimana il nostro approfondimento è sulla vita degli astronauti dopo il rientro a Terra

Nelle news:

  • LA MAPPA PER SCOPRIRE I PIANETI ABITABILI
  • PERCHE’ CURIOSITY NON PUO’ TOCCARE L’ACQUA DI MARTE
  • IL PASSATO TURBOLENTO DI CARONTE
  • COME SCOMPARSERO I DINOSAURI


Dal 4 all’11 ottobre Samantha Cristoforetti gira l’Italia da Trento a Napoli insieme ai colleghi di missione Anton Shkaplerov e Terry Virts per raccontare ‘Futura’: duecento giorni a bordo della Stazione spaziale internazionale tra esperimenti scientifici e splendide foto scattate dalla ‘cupola’.

Il tour è uno dei tanti impegni pubblici che Astrosamantha deve affrontare, immergendosi nel calore dei suoi tantissimi fan. Il momento del rientro a Terra dopo una lunga permanenza nello Spazio è però molto delicato. Ricordiamo che Cristoforetti è l’astronauta Esa ad aver accumulato il maggior numero di giorni consecutivi sulla Stazione. Ma cosa succede al corpo una volta che l’astronauta torna a Terra? Ne abbiamo parlato con Enrico Alleva, responsabile del reparto di Neuroscienze comportamentali dell’Istituto superiore di sanità e Presidente del Consiglio Tecnico Scientifico dell’ASI (ascolta dal minuto 05’11”)

La risposta allo stress non è la stessa per tutti. Ecco cosa ci ha detto Samantha Cristoforetti (ascolta dal minuto 06’16”)

Gli astronauti sono allenati da professionisti esperti, sono degli atleti e hanno delle nozioni profonde sull’alimentazione, sulla fisiologisa muscolare e sull’esercizio fisico e quindi sono pronti a controbilanciare eventuali rischi per la salute. I pericoli vengono così arginati e sulla Terra possiamo beneficiare di tutti i progressi in campo medico ottenuti grazie ai viaggi spaziali. La risposta del corpo degli astronauti apre la strada a nuove cure. (ascolta dal minuto 06’57”)

Accanto all’aspetto prettamente scientifico e tecnologico, alle ricadute a Terra delle scoperte spaziali, si affianca, naturalmente, anche l’eterna fascinazione per l’ignoto che spinge a proseguire nell’esplorazione spaziale. Con l’amore che porta a scoprire cosa c’è al di là del cielo

Le news di questa settimana

LA MAPPA PER SCOPRIRE I PIANETI ABITABILI – La caccia ai pianeti abitabili non si ferma. La lista di quelli che, in teoria, potrebbero ospitare la vita si allunga e per aiutare gli astronomi a districarsi tra tanti obiettivi sensibili è stato stilato un elenco prioritario di requisiti che i pianeti devono avere per essere studiati più a fondo, ricavandone un indice di abitabilità. Per calcolarlo i ricercatori dell’università di Washington, firmatari di un articolo pubblicato sull’Astrophysical Journal, si sono basati non solo sulla presenza dei pianeti nella cosiddetta zona abitabile, cioè alla ‘giusta’ distanza dalla loro stella per permettere l’esistenza di acqua liquida, ma hanno considerato anche la rocciosità, l’albedo, cioè la frazione di luce riflessa dalla superficie, e l’eccentricità dell’orbita. E’ emerso che i pianeti più probabilemnte abitabili ricevono tra il 60 e il 90% della radiazione terrestre e hanno orbite circolari. Sui candidati in possesso di questi requisiti si concentrerà l’erede di Hubbe, il James Webb Space telescope.

PERCHE’ CURIOSITY NON PUO’ TOCCARE L’ACQUA DI MARTE – La scoperta dell’esistenza di acqua liquida salata sulla superficie del pianeta rosso ha scatenato il desiderio di conoscenza di scienziati e appassionati. Ma per saperne qualcosa di più sulle strisce umide che segnano il suolo marziano facendo pensare a veri e propri ruscelli, bisognerà aspettare ancora. Infatti al momento è impossibile guidare il prezioso rover Curiosity nella direzione dell’acqua, che si trova in una zona individuata dalla strumento orbitante Mro. Il motivo dell’impedimento non è tecnico, ma burocratico: Marte deve sosttostare alle leggi terrestri, che si rifanno all’Outer space treaty. Questo trattato impedisce di contaminare il suolo di altri pianeti. E questo spiega perché Curiosity non possa ‘toccare’ l’acqua. Ma tra qualche anno saremo in grado di saperne di più. È in partenza la missione europea Exomars, che veicola anche un trapano italiano sterile. Grazie a questo strumento potremo, finalmente, toccare la superficie di Marte.

IL PASSATO TURBOLENTO DI CARONTE – La sonda della Nasa New Horizons, la prima della Storia ad aver raggiunto Plutone, ha spedito a Terra delle sorpredenti immagini di Caronte, la luna più grande del pianeta nano ai confini del Sistema solare. La superficie di Caronte rivela una cintura di fratture e canyon nella zona a nord dell’equatore. Questo suolo così accidentato si allunga per più di 1.600 chilometri. Secondo gli scienziati rivela un passato a dir poco turbolento. L’emisfero sud, invece, si mostra più pianeggiante, con una presenza minore di crateri, i quali si caratterizzano per essere meno profondi e meno grandi, il che indica che sono più giovani rispetto agli omologhi settentrionali. Una spiegazione possibile per la superficie più liscia è un fenomeno chiamato criovulcanismo. Ma ne sapremo di più da qui a un anno, quando arriveranno altre immagini catturate da New Horizons.

COME SCOMPARSERO I DINOSAURI – Il principale imputato per la scomparsa di massa dei dinosauri resta l’asteroide Chicxulub, un bolide da dieci chilometri di diametro che devastò la Terra 66 milioni di anni fa e ne cambiò per sempre il volto. Ma ora spuntano anche dei corresponsabili. Si tratta dei vulcani, sostiene uno studio pubblicato su Science. I ricercatori hanno osservato la stratificazione geologica dell’altopiano del Deccan, in India, riuscendo a risalire alle attività della zona nei 50.000 anni successivi all’impatto dell’asteroide. Ne è risultato che le eruzioni diminuirono, ma la quantità di magma eruttato aumentò notevolmente, forse proprio in conseguenza dell’impatto. L’idea è quindi che l’asteoride abbia modificato l’attività vulcanica in tutto il pianeta per mezzo milione di anni, contribuendo alla distuzione dell’ecosistema presistorico.

di Antonella Salini

Giornalista professionista

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