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Caporalato, l’alba nei campi di Mondragone tra i ragazzini braccianti

REPORTAGE | Alle 4,30 del mattino il centro di Mondragone è un brulicare di persone che aspettano l’inizio di un’altra giornata di fatica

Pubblicato:09-08-2018 11:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:27

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NAPOLI – Un furgone blu sosta tra i palazzi Cirio, un casermone popolare. È vicino a una delle tante rotonde dove i braccianti vengono reclutati come merce. Alle 4,30 del mattino quel quartiere al centro di Mondragone (Caserta) è già un brulicare di persone che nel buio aspettano l’inizio di un’altra giornata di fatica nei campi.

“Vado a lavorare alle 6 del mattino, fino alle 13 quando stacco”, racconta alla Dire un bracciante che per 7 ore di lavoro guadagna 30 euro al giorno. È un uomo di mezz’età, uno dei mille cittadini bulgari che dai palazzi Cirio aspetta l’arrivo di un furgone dei caporali. E spera che per lui sia un giorno fortunato, che il clima sia meno torrido del solito nelle campagne casertane, che la terra sia stata così fertile da produrre un raccolto eccezionale. Solo così il caporale gli chiederà uno straordinario di 4 o 5 ore, dalle 14 alle 18 o alle 19. “A volte lavoro anche il pomeriggio. Va bene perché guadagno di più”.

Per dodici ore di lavoro, anche quando la temperatura supera i 40 gradi. Raccoglie i fagiolini a Mondragone. Fa questo lavoro da tempo e fino a poco fa il suo salario era più alto. “Prima mi pagavano 35 euro al giorno. Ma i fagiolini al mercato costavano 80 centesimi al chilo. Ora sono scesi a 50 centesimi”. Perché la grande distribuzione gioca al ribasso e il calo dei prezzi ha finito per colpire anche il livello più basso della catena del lavoro.https://www.youtube.com/watch?v=LIWtrb5RhF0&feature=youtu.be


Davanti alla discarica che separa i palazzi Cirio dalla strada si ferma un altro camioncino bianco che sta per portare a destinazione le braccianti agricole stagionali. Spesso mogli o parenti dei contadini bulgari, sono doppiamente sfruttate perché il loro salario è più basso di quello degli uomini. Secondo il Quarto Rapporto Agromafie e Caporalato della Flai Cgil, i braccianti rom di Mondragone guadagnano due euro l’ora mentre una donna arriva a percepire la metà, 1 o 1,5 euro l’ora.

E poi ci sono i bambini. Minori, ragazzini e ragazzine, costretti a lavorare nei campi per 75 centesimi l’ora. A volte 50 centesimi. Mentre una donna racconta che il suo stipendio oggi sarà di 25 euro per almeno 7 ore di lavoro, anche una ragazza giovanissima, dall’età apparente di circa 12 anni, aspetta di salire a bordo del furgone arrugginito e malandato che la condurrà nei campi. Si viaggia con altre compagne in van carichi di braccianti da 10-15 posti, rigorosamente suddivisi per sesso.

La Flai denuncia che si tratta spesso di furgoni “privi dell’assicurazione o della tassa di circolazione” e che le patenti dei caporali “sono scadute, falsificate o appartenenti ad altri non conduttori”. Alle rotonde i controlli scarseggiano e i braccianti a bordo del camion spariscono dietro a vetri oscurati da tende blu o nere.

A Mondragone, così come nei ghetti della provincia di Foggia, intere famiglie lavorano nei campi, i coniugi “ma anche figli adolescenti e a volte bambini – non molti ma presenti -, sia maschi che femmine. Non studiano ma spesso lavorano con i genitori che non vogliono lasciarli soli a casa”, osserva la Flai Cgil nel rapporto Agromafie e Caporalato.

Tutti, sia uomini che donne che minori, devono decurtarsi la paga giornaliera. Cinque euro per il viaggio in furgone. Due euro per un panino e dell’acqua che permetterà loro di restare in forze. È il pizzo che si deve al caporale. “Siamo di fronte a un fenomeno di sotto salariato diffuso che tocca sia i cittadini italiani che gli extracomunitari e i comunitari. Il contratto provinciale prevede una paga di 42 euro al giorno per i braccianti. Le donne guadagno tra i 20 e i 25 euro. I maschi tra i 25 e i 30. Ma una parte del salario va riconosciuta al caporale”, denuncia alla Dire Igor Prata della Flai Cgil di Caserta.

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Alle sei del mattino, nelle periferie contadine dove si aprono distese di campi agricoli, uomini, donne e bambini bulgari hanno già la schiena china sulla terra. Ad agosto i terreni della provincia casertana producono molti fagiolini, borlotti, meloni e pesche. Spesso sono le donne a raccogliere le pesche. Alcune di loro, per ripararsi dal sole, indossano dei cappelli di paglia donati loro dalla Flai Cgil durante azioni di sindacato di strada portate avanti nelle campagne e tra i palazzi Cirio.

Questa è una delle iniziative che ha permesso al sindacato di intercettare i fenomeni di caporalato e, quindi, di denunciare la tratta degli schiavi di Mondragone. Il mercato di esseri umani parte da lontano. Precisamente da Sliven, entroterra bulgaro a 350 chilometri da Sofia. I bracciati rom di Silven impiegati nel casertano sono vessati doppiamente, da caporali bulgari e italiani.

“C’è un sistema criminale che permette loro di lavorare nei campi. Un circuito di criminalità organizzata locale che si intreccia alla mafia bulgara“, denuncia Prata. Questo sistema dispone per centinaia di cittadini bulgari veri e propri “pacchetti per l’espatrio” che gli consentono di fare i braccianti in Italia: il viaggio in bus da Sliven a Mondragone; l’affitto di un appartamento fatiscente e sovraffollato nei palazzi Cirio; la possibilità di lavorare nei campi per tutto il periodo estivo.

I bulgari solitamente si insediano nel casertano per non più di tre mesi. “Qui guadagnano 6 o 7 volte di più rispetto al salario che percepirebbero in Bulgaria – dice Prata -. Non essendo una comunità stanziale non c’è alcun percorso di integrazione sociale con la comunità locale“.










Chi decide, invece, di trasferirsi in Italia resta a Mondragone con tutta la famiglia. Qualcuno si sposta dai palazzi Cirio per trovare una sistemazione migliore in centro. Come A., un padre di famiglia vedovo che si è trasferito a Mondragone insieme ai suoi tre figli, due donne e un maschio, tutti minorenni e tutti sposati. In Bulgaria una paga media di 10 euro al giorno non gli consentiva di sfamare l’intera famiglia. Le ragazze hanno preso marito a 12 anni e da spose bambine hanno iniziato a lavorare nei campi a Mondragone, accettando anche una paga bassissima.

“Negli anni l’insediamento dei bulgari ha fatto sì che il costo della manodopera si abbassasse sempre di più, sia per i cittadini italiani che per quelli extracomunitari. Per questi ultimi – denuncia il sindacalista – è un danno molto grave perché loro devono combattere anche per avere un contratto di lavoro che gli permetterà di rinnovare il permesso di soggiorno. In assenza di altra occupazione, anche alcuni extracomunitari accettano di restare a Mondragone a un salario bassissimo, pur di lavorare e vedersi rinnovare il permesso”.

La Flai Cgil è scesa ieri in piazza a Foggia per manifestare dopo la morte di 12 braccianti immigrati alle porte di Lesina. L’approvazione della legge 199 del 2016 sul caporalato “è stata una vittoria importante ma purtroppo alcune parti restano inapplicate: il collocamento e il trasporto pubblico, proprio quello che permetterebbe di contrastare in modo più incisivo il caporalato”.

La legge, infatti, sta producendo i primi risultati da un punto di vista repressivo ma solo l’introduzione di “norme sul collocamento – chiede la Flai Cgil -, sul trasporto e sull’accoglienza dei lavoratori agricoli impiegati nelle stagioni di raccolta” può essere un antidoto contro il caporalato, quel fenomeno per cui oggi si continua a morire di lavoro, per due euro all’ora.

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