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‘Programma Bronchiettasie’: a Milano centro unico in Europa

Si tratta di una "patologia respiratoria cronica, negletta fino a pochi anni fa e che non ha a oggi alcun farmaco approvato da FDA né da EMA"

Pubblicato:08-11-2018 15:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:45

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ROMA – Una equipe multidisciplinare con 21 specialisti a disposizione, una presa in carico totale per necessità logistico-burocratiche oltre che cliniche, un percorso assistenziale ben definito e codificato unico non solo in Italia ma anche in Europa. E’ il ‘Programma Bronchiettasie’ della Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano, inserito all’interno dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia diretta dal professor Francesco Blasi, e offre un preciso ‘cammino’ composto da diagnosi e cura della malattia alla luce delle ultime evidenze scientifiche e linee guida internazionali. Una vera innovazione, se consideriamo che si tratta di una “patologia respiratoria cronica, negletta fino a pochi anni fa e che non ha a oggi alcun farmaco approvato da FDA né da EMA”. A tracciare il profilo è il responsabile del programma, il professor Stefano Aliberti, direttore del Registro europeo (EMBARC, www.bronchiectasis.eu) e dell’Osservatorio italiano (IRIDE) dei pazienti adulti affetti da bronchiettasie, nonché autore delle ultime linee guida sulla gestione della malattia pubblicate dalla Società Europea di Pneumologia (ERS). Ma in cosa consiste la malattia? Le bronchiettasie sono caratterizzate da una dilatazione abnorme e permanente dei bronchi che porta a sintomi cronici quali tosse persistente, produzione quotidiana di catarro e frequenti episodi di infezioni respiratorie. La diagnosi è in costante aumento e la malattia è spesso responsabile di una bassa qualità di vita dei pazienti, che presentano sintomatologia invalidante e quotidiana. Non ci sono esenzioni specifiche per una patologia la cui prevalenza sulla popolazione generale può arrivare fino a 500 casi su 100mila persone adulte, specie tra soggetti tra 60 e 70 anni d’età.

“L’accesso al Programma Bronchiettasie del Policlinico- spiega Aliberti all’agenzia Dire- passa attraverso un contatto diretto tra medici curanti (per esempio specialisti pneumologi e medici di medicina generale, ecc) che segnalano al gruppo del Policlinico un paziente per capire se presenta caratteristiche di malattia tali da poter essere preso in carico, come accade in un centro specialistico di terzo livello. La nostra peculiarità è proprio la totale presa in carico del paziente, al quale forniamo anche un numero di cellulare dedicato e un indirizzo e-mail per qualsiasi necessità, da quelle di carattere burocratico-logistiche, a quelle di tipo clinico. Dovendo fare una media, direi che riceviamo tra le 10 e le 20 mail al giorno, e oltre 40 telefonate alla settimana”. Circa 450 sono a oggi i pazienti con bronchiettasie, seguiti in due anni di attività all’interno del Programma nato nel settembre del 2016 e a cui sono stati destinati risorse e spazi dell’Unità Operativa di Pneumologia. Numeri importanti per una realtà unica non solo in Italia ma anche in Europa: “Esistono già ambulatori di secondo livello che si occupano di questa patologia sul territorio nazionale- precisa Aliberti- ma la nostra peculiarità è l’organizzazione multidisciplinare e la presa in carico dei pazienti, filosofia ereditata dal mondo della fibrosi cistica”. Il Programma non si ferma solo all’attività di diagnosi e cura della malattia, ma svolge anche ricerca e progetti di carattere educazionale. “Siamo leader in Italia e in Europa nella conduzione di studi randomizzati controllati sui nuovi trattamenti farmacologici e non per questi pazienti, e che potrebbero entrare in commercio nel prossimo futuro. Sotto il profilo educativo, invece, organizziamo da anni congressi e corsi cui partecipano non solo medici e fisioterapisti ma anche i pazienti, proprio nell’ottica di continuare un percorso condiviso avendo le loro necessità come guida per il nostro operare (www.world-bronchiectasis-conference.org). Infine, siamo pronti a sostenere la nascita di una associazione di pazienti affetti da bronchiettasie”. Del Programma fa parte un’equipe composta da due medici specialisti pneumologi (oltre al professor Aliberti c’è anche il dottor Andrea Gramegna), due fisioterapisti respiratori, due specializzandi di malattie dell’apparato respiratorio dell’Università degli Studi di Milano, due otorinolaringoiatri, una immunologa clinica, un gastroenterologo, un medico genetista, due biologi genetisti, una radiologa, due chirurghi toracici, due infermiere e due biologi della Pneumologia.


L’offerta innovativa del Programma consiste proprio nel ruolo centrale affidato alla fisioterapia respiratoria. “Noi abbiamo il compito di valutare i pazienti mettendo a punto un programma individualizzato e personalizzato secondo le evidenze più recenti, sia riguardo alla disostruzione bronchiale che all’attività fisica”, spiega Angela Bellofiore, fisioterapista respiratoria dell’Arir e membro attivo del Programma. “Inoltre, impostiamo sedute educazionali per spiegare al paziente come usare al meglio l’aerosolterapia prescritta dal medico, ad esempio, oppure per controllare i sintomi nasali in caso di sinusiti croniche. Dopo la valutazione, c’è il trattamento. “E ovviamente seguiamo dei precisi criteri per capire chi trattare e come”. Non tutti i pazienti, infatti, necessitano lo stesso livello di intenistà di fisioterapia respiratoria: sui 450 attualmente in cura, ne vengono seguiti attivamente circa 300. Questo perché bisogna tenere conto di vari fattori di gravità, tra cui l’espettorazione quotidiana, il numero di riacutizzazioni e ospedalizzazioni annue, la dispnea da sforzo o la necessità di ossigenoterapia quotidiana. Come ogni trattamento, vengono infine valutati i risultati: “Come effetto ovviamente ci aspettiamo la riduzione delle riacutizzazioni- continua Bellofiore- ma monitoriamo anche l’utilizzo dei farmaci, l’andamento dei sintomi e misuriamo la qualità della vita attraverso questionari specifici. E oggi possiamo dire con certezza che la fisioterapia respiratoria può fare la differenza e garantire una dignitosa qualità di vita nonostante le bronchiettasie”.

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