NEWS:

Rifiuti, Humana lancia la sfida: filiera trasparente abiti usati. E presenta il cassonetto a cuore

Humana People to People Italia finanzia i propri progetti di solidarietà con gli indumenti usati

Pubblicato:08-11-2017 14:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:52

FacebookLinkedInXEmailWhatsApp

RIMINI – Un cuore rosso a rappresentare “solidarietà, obiettivo sociale e no profit“. Humana People to People Italia, l’ente umanitario che finanzia i propri progetti di solidarietà grazie alla raccolta di indumenti usati, presenta a Ecomondo il nuovo contenitore hi-tech, che si affianca al tradizionale giallo, per dare un messaggio importante, spiega la presidente Karin Bolin intervistata dall’agenzia Dire: “C’è sempre solidarietà tra noi che facciamo raccolta di vestiti usati”. Il cuore “è un driver: le persone vogliono donare vestiti per qualcosa che serve“. Inoltre, grazie alle sue skill digitali, permette di dare maggiore “tracciabilità: qui si può misurare tutto, è molto tecnologico. Quando il contenitore è pieno e sfruttarlo al momento giusto; il touch screen spiega gli obiettivi della raccolta e si possono mettere in rete comunità e contenitore”.

Come a dire, “la tecnologia al servizio della solidarietà”. E che Humana lo faccia col cuore lo dice anche il nome della campagna, “Clothes for love“. Il contenitore è stata progettato dall‘Istituto europeo di design e completato dal progetto grafico di Re.urban Studio. Il vano d’inserimento, come mostra la presidente, non ha la maniglia basculante ma un’apertura antintrusione di più facile utilizzo; la presenza di sensori volumetrici e di un dispositivo di pesatura interna consentono un servizio particolarmente curato. Elemento davvero distintivo è appunto il touchscreen digitale che consente al cittadino di interagire mediante un monitor, ottenendo informazioni relative al conferimento dei vestiti, alla filiera di Humana, al progetto beneficiario e ai partner. E non è finita qui.

C’è la possibilità di ottenere eco-gift: dopo la donazione, infatti, è possibile selezionare dal monitor un buono sconto, che viene stampato in tempo reale, per l’acquisto di prodotti sostenibili come alimentari bio, lampadine a basso consumo o prodotti e servizi di piccoli riparatori e botteghe locali. A questo buono se ne aggiunge un secondo di “benvenuto” da parte di Humana; donando i propri indumenti, i cittadini supportano le attività d’inserimento scolastico nella zona di Chilangoma in Malawi”.


Le installazioni partono dalla Lombardia. Humana, spiega Bolin, raccoglie 20.000 tonnellate di vestiti usati all’anno, e in molti Comuni arriva fino a sei chilogrammi per abitante, “tre volte tanto la media nazionale”. Questo grazie alla “fiducia dei cittadini che il cuore permetterà di aumentare, anche dando trasparenza all’attività”. Certo, non nega la presidente, “tante cronache raccontano di soggetti non corretti. Così ci distinguiamo, non tutti gli operatori sono uguali e chi comunica può dire dove vale la pena donare”.


HUMANA LANCIA LA SFIDA: FILIERA TRASPARENTE ABITI USATI

Tutto cominciò in parrocchia, per poi passare alla raccolta differenziata e a un sistema molto più complesso, con le sue falle. La filiera dei vestiti usati è diventato un business anche per la criminalità organizzata, così Humana People to People Italia, ente umanitario che finanzia i propri progetti di solidarietà grazie agli indumenti raccolti mediante circa 5.000 contenitori distribuiti in 1.200 Comuni italiani, lancia due proposte per renderla più trasparente e controllata. E sceglie come location per presentarle la fiera della green economy Ecomondo in corso a Rimini.

Si tratta, spiega la presidente di Humana Italia, Karin Bolin, di “un invito a operatori e stazioni appaltanti per una filiera trasparente e controllata“. La cronaca della raccolta di vestiti usati “non sempre è bella”, tra infiltrazioni della criminalità organizzata; riciclaggio di denaro; gravi reati ambientali come documentato dalla Terra dei fuochi; contrabbando; trasporto illecito di rifiuti. Una “reputazione che crea problemi a tutti”. Da qui, sottolinea la presidente, la necessità di “migliorare la gestione di tutta la filiera e avere un metodo di controllo: affidatari e operatori devono capire dove andare. Vanno coinvolti”, conclude.

 

Più nello specifico delle due proposte entra Alessandro Strada. Humana “da sempre lavora per migliorare la propria filiera, ma incontra innanzitutto una problematica legata alle conoscenze delle pubbliche amministrazioni”. Ecco allora da un lato Reset, “una proposta di bando di gara per la Pa. Nulla di cristallizzato, l’idea è di aprire un dibattito tra gli operatori sani e solidali e la Pa per trovare una modalità di affidamento che permetta alle Amministrazioni di acquisire un vero contratto di solidarietà”.

Il secondo strumento, Eset, sviluppato con Bureau Veritas Italia, è di “verifica e controllo della filiera“. Humana ha infatti stilato “una serie di impegni molto tecnici e pratici sui flussi economici e produttivi lungo tutta la filiera e Bureau Veritas li ha verificati e confermati su ogni anello. Humana Italia, aggiunge Strada, ha una filiera “complessa” che parte in Italia e arriva ai progetti di cooperazione internazionale nel Sud del mondo, e si sviluppa anche nei sei charity shop italiani e 460 in Europa. Ogni anno destina a 53 progetti, 1,5 milioni di euro, tra Africa, Asia e America latina. A livello complessivo di esercizio sono 1.100 le iniziative.

La “core mission” è istruzione-formazione, tra asili nido, pre-scuola, università di Macuto, formazione magistrale e professionale; senza dimenticare i progetti di tutela della salute, di sviluppo agricolo, di aiuto all’infanzia. Il tutto, precisa, non chiedendo soldi ma vestiti usati destinati a una “nuova storia. Una sorta di economia circolare ante litteram che genera fondi per progetti di cui beneficiano 13 milioni di persone”.


di Cristiano Somaschini, giornalista

Le notizie del sito Dire sono utilizzabili e riproducibili, a condizione di citare espressamente la fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it