BOLOGNA – Chi non ha mai sognato una romantica fuga d’amore in un faro su una scogliera a picco sul mare? In Italia ne esistono di bellissimi: dal più orientale d’Italia a Punta Palascìa, a Otranto, in Puglia, a quello di Capo Sandalo, il più occidentale, in Sardegna, fino al fascinoso faro di Ventotene che si affaccia sull’isola-carcere di Santo Stefano in cui vennero confinati gli antifascisti. Ma ne esiste uno, sconosciuto ai più, in un paesino dell’Appennino bolognese che si chiama Gaggio Montano.
Inerpicato su una roccia da cui si può ammirare la vastità della vallata, che potrà divenire il luogo di attrazione per giovani coppie o per famiglie già collaudate. Attraverso il piano di valorizzazione statale in chiave turistica dei fari, infatti, si punta a recuperare la struttura, rendendola fruibile ai turisti, e ad ampliare l’offerta ricettiva grazie al monumento simbolo del comune appenninico. Il tutto in simbiosi con proposte di escursioni guidate lungo la Linea Gotica, abbinate alle degustazioni di parmigiano reggiano.
La ricettività turistica dei fari è una pratica già diffusa in tutto il mondo, dalla Croazia alla Gran Bretagna, fino al Canada, agli Stati Uniti e all’Australia. Da tempo il ministero dei Beni culturali e del Turismo ha inserito tra gli obiettivi del Piano strategico del turismo italiano 2017-2022 il recupero dei fari d’Italia. Ma nel faro di Gaggio risiede un’unicità speciale: “Siamo l’unico Comune d’Italia montano ad avere un faro” afferma l’assessore al Turismo, Enrico Della Torre.
Costruito nel 1951 sulla sommità del Sasso di Rocca, il faro è il luogo della memoria di Gaggio Montano, a causa degli eccidi della Seconda guerra mondiale. Il sindaco Maria Elisabetta Tanari sottolinea che “il faro, protagonista dello stemma del Comune, costituisce l’elemento caratterizzante del paese e ci teniamo che venga valorizzato per favorirne la fruizione”.
di Giuseppe Gabrieli
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