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Matteo Renzi a Latina: questo non è il mio referendum, si cambia ora o non cambia nulla

LATINA - Un comizio di 45 minuti che per

Pubblicato:08-11-2016 10:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:16

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matteo-renzi-1-696x462LATINA – Un comizio di 45 minuti che per la verità è sembrato più uno show, sulla Riforma Costituzionale e non solo, tanto è durata la visita del premier Matteo Renzi a Latina. In un Supercinema gremito, con la gente in piedi, il Segretario del PD si è presentato con un ritardo contenuto (20 minuti) venendo da Frosinone dove con ogni probabilità aveva detto più o meno le stesse cose, riporta la cronaca di Latina Quotidiano. Si scusa per essere venuto con poco preavviso, perché il suo blitz è stato annunciato venerdì, ma del resto dice, “Latina è a un tiro di schioppo da Roma”, della serie, “è così vicino che ce ne dimentichiamo”. Parla di giorni importanti, e il pensiero va alle discussioni interne al PD, invece no, si riferisce al voto negli Stati Uniti, che martedì, spera, potrebbe eleggere una donna alla presidenza. E si augura che ci sia una donna presidente negli Stati Uniti, Hillary Clinton, piuttosto che una in Francia, Marine Le Pen.

Viene finalmente il momento di parlare della riforma costituzionale. Renzi va su e giù lungo il palco. C’è un leggio leggermente spostato sulla sinistra della platea, ma lui non ci va mai, piuttosto cammina per tutto il tempo, avanti e indietro.

La riforma costituzionale, dice, “Per 35 anni ci hanno provato tutti e non ce l’hanno fatta. Hanno fallito, e io dico ‘purtroppo’. Se ci fossero riusciti sarei stato contento di venire a Latina oggi e parlare di altro. Adesso stanno attaccando ad alzo zero perché non ce l’hanno fatta loro e ora sperano che non ce la facciano gli altri”, questo l’esordio che è un attacco diretto al fronte del no.


“Il Referendum è un’occasione per cambiare. Non è che io da grande speravo di cambiare il bicameralismo paritario. La Riforma non è la conclusione ma è l’iniziò di un percorso”, così Matteo Renzi dal palco. È a questo punto che alle sue spalle compare il quesito referendario, che Renzi legge e scandisce. C’è tempo per una breve divagazione sull’Unione Europea, dove Renzi alza la voce sul patto di stabilità e sull’emergenza migranti, pronto, lo ribadisce, a mettere il veto sul bilancio. Così come una breve parentesi è dedicata alla scelta di spostare il G7 a Taormina rispetto alla scelta iniziale di Firenze, dopo che qualcuno, di cui non fa il nome, aveva detto che in Sicilia c’è solo la mafia: “Negli anni in cui in Sicilia c’era la Magna Grecia alcuni di quei paesi stavano allo stato brado. Non accetto che il mio paese sia rappresentato per stereotipi”, così Renzi dal palco.

E finalmente viene il momento di spiegare la riforma, che supera il bicameralismo perfetto. “Non lo volevano neanche i costituenti – ricorda il premier – L’Italia ha cambiato 63 governi in 70 anni. Il Governo deve preoccuparsi di avere fiducia in entrambe le camere, se manca in una è finito. Con la Riforma la Camera che dà la fiducia ha la produzione legislativa.Il Senato rappresenta simboli e autonomie territoriali”. Un sistema, quello del Senato, simile a quanto succede in Germania, Austria e Francia. E allora, dice Renzi, qualcuno spieghi perché è una lesione alla democrazia. Qualcuno obietta che l’articolo 70 è troppo dettagliato? È fatto per evitare la confusione, e, argomenta il Primo Ministro, in Germania la stessa cosa è spiegata in 6 articoli. “Io non dico che se vince il no è una sciagura, solo che non cambia niente”, rilancia.

Matteo Renzi non vuole sentire parlare di demagogia sul tema della riduzione dei parlamentari e dei costi della politica. E se la prende con chi dice che “Benaltro si poteva fare”, e, parla di “Benaltrismo”.

“Ma i più simpatici sono quelli che dicono che in sei mesi si sistema tutto. Non l’hanno fatto per 35 anni e ora torneranno al potere e breve faranno cosa?”, si chiede Renzi. Che a questo punto avvia un siparietto. “Immaginate Monti e Salvini o Berlusconi e Magistratura Democratica, insieme a riscrivere la Costituzione. Sarà uno dei miei meriti aver fatto fare pace a Berlusconi e Magistratura Democratica, sono diventato meglio di Maria De Filippi”. E ancora: “Grillo e D’Alema si metteranno d’accordo?”. Renzi lo dice senza giri di parole: tutti coloro che sono a sostegno del No, “Sono tenuti insieme dall’odio verso di noi”.

Dopo i benaltristi e quelli che sono anti governo, l’altro fronte del No, argomenta Renzi, è fatto dai complottisti. Eppure era una riforma che chiedevano per primo Spadolini, poi la commissione Bozzi, e ancora Ciriaco de Mita (“Mi ha detto che la riforma è frettolosa, cioè dimmi che non ti piace, non che è frettolosa”, dice Renzi a braccio, riferendosi a un confronto televisivo avuto con l’esponente della DC), poi Nilde Iotti, e infine Renzi ricorda il “patto della crostata” tra Berlusconi e D’Alema. A proposito del leader di Forza Italia, Renzi torna sulla riforma fatta da Berlusconi che dava il potere al premier di scioglimento delle camere, che poi fu bocciata in un analogo referendum. “Oggi Berlusconi dice che vota no, anche se Forza Italia ha votato la riforma all’inizio, perché dà troppo potere a un uomo solo al comando. Berlusconi?!” E c’è modo di ridere anche per il fatto che Casapound è preoccupata per la deriva autoritaria.

La Riforma costituzionale non è un complotto, sono 35 anni che si dice di ridurre il bicameralismo, semplificare e abolire il Cnel. Ma quale complotto?”, dice Renzi, che, sui complotti, riprende una delle ultime uscite di Virginia Raggi, Sindaco di Roma: “Siamo arrivati al punto che in una città qui vicina a fronte di un’autorevole presenza di frigoriferi la sindaca dice ‘secondo me c’è qualcosa sotto’, invece manca un bando per il ritiro rifiuti ingombranti. Si chiama cattiva amministrazione. Non complotto”.

Renzi si avvia alla conclusione, sostenendo che bisogna scegliere, ma chi sostiene il “No” lo sta facendo per riprendersi il potere perduto, perché nel merito della riforma, erano tutti d’accordo. Ammette un errore: all’inizio il referendum è stato personalizzato. La verità, continua, è che la Riforma ha comportato una discussione di 2 anni su cui ora è giusto che si pronuncino i cittadini.

Questo non è più il mio referendum. Quello che dovevo fare l’ho fatto. Il Presidente della Repubblica mi ha detto di fare le riforme e le ho fatte”, dice, elencando le leggi di cui si dice più orgoglioso, tra le quali cita il sistema “Dopo di noi”, le unioni civili, le norme contro il caporalato, e gli 80 euro in busta paga. E non ci sta a sentirsi dire da Luigi Di Maio, che l’Italia è una dittatura come quella di Pinochet. “Così si offende e si sputa sulla bandiera. Si può votare No, ma non dire che l’Italia è quella roba là”.

Infine, l’appello è a convincere gli indecisi, a fare tutti campagna attiva e ad essere presenti ovunque nei giorni che mancano al referendum.

“Facciamo un referendum per ridurre i politici perché crediamo nella politica, noi crediamo che sia fondamentale che la gente si impegni per la cosa pubblica. Si cambia ora, o non cambia nulla. Vi auguro di vivere questi 27 giorni con l’impegno che si deve”. Matteo Renzi termina, scende dal palco, c’è spazio per qualche selfie di gruppo e va via.

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