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Minibot. Da Totò alla Sora Lella, l’epopea del debito italiano

Tremonti-Guzzanti sulla moneta parallela: "L'euro è inutile"

Pubblicato:08-06-2019 16:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:23

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ROMA- Dal boom economico degli anni ’60 allo spread a 600 nel 2011, passando per il mercoledì nero della Lira del ’92. Dici ‘Italia’ e dici ‘crisi’. Quella economica, poi, fa parte del cursus honorum del Belpaese, costretto a convivere con i creditori fin dal primo vagito come Stato unitario. Una tendenza piu’ recente e’ pero’ quella di rimediare all’indebitamento con strumenti non del tutto ordinari. Insomma, i minibot sono solo l’ultima versione di quelle cambiali di Stato, che hanno fatto dannare – ma anche ridere – generazioni di italiani.

Perche’ mano a mano che la politica li immaginava, il Paese ne sorrideva grazie a film e sketch comici. Già nel ’59, in piena espansione pre-miracolo economico, nel film ‘La cambiale’ era l’imprenditore Aroldo Tieri a spiegare, profeticamente, a Totò e Macario che se ci sarà “una cosa che in Italia avrà un futuro è la cambiale perché il contante è superato”. Dove ci condurrà “questo mirabile sistema di pagamento?”, si chiedeva Tieri. Dissolvenza: “In galera”.

Ruggivano gli anni ’80, anni di crescita ma anche di debito pubblico, che raddoppiava. Dell’81 è il film ‘Bianco, rosso e Verdone’. In uno degli episodi, Carlo Verdone accompagna la nonna a votare e preparandosi a un lungo viaggio acquista tutte le medicine che servono alla signora, sbagliando tuttavia la ricetta da esibire al farmacista. “Fatti ridare i soldi”, lo rimprovera la Sora Lella. Tornato in farmacia Verdone (Mimmo nel film) ne esce con un pezzo di carta in mano: “Nonna mi hanno fatto un buono: che vuol di’?”. La risposta in romanesco della Sora Lella è una perla di fulminante saggezza: “Che te la piji in der c…”.


Esempi di satira politica televisiva sono i programmi di Serena Dandini, a cominciare da quella ‘Tv delle Ragazze’ recentemente riproposto e attualizzato ricordando i personaggi di un tempo. E tra questi c’è la signorina Vaccaroni, dipendente all’ufficio imposte. Siamo nell’89, a tre anni dalla crisi della Lira. Cinzia Leone spiega così l’andamento dei mercati: “Ce batte pure la pizza de fango del Camerun, non solo il marco e il franco. Ci vogliono 2 milioni di lire per una pizza camerunese”. Ecco come suona la versione aggiornata, andata in onda lo scorso anno. “Questa è la crisi definitiva, siamo in fondo al tunnel, dopo il tunnel c’è la Trojka. Se facciamo la fine della Grecia? Magari”.

Ma il personaggio simbolo della lotta eroica contro il debito pubblico e’ l’ex ministro Tremonti, impersonato da Corrado Guzzanti nella perenne battaglia condotta a colpi di calcolatrice per valutare dismissioni, privatizzazioni, cartolizzazioni. Un termine, quest’ultimo, evocato proprio ieri dal presidente della commissione bilancio della Camera, il leghista Claudio Borghi, tra gli ideatori della norma sui minibond per pagare i debiti della Pa nei confronti delle imprese. Termine finanziario ‘totem’, le cartolarizzazioni sono il simbolo della ‘finanza creativa’ imputata a Tremonti dalla stampa non amica.

“L’euro è una moneta inutile”, recitava qualche anno fa, tra la crisi bancaria del 2008 e quella dello spread del 2011. Detto altrimenti: “E’ il cetriolo globale internazionale che gira intorno al paese e ogni tanto vola basso”. Le cartolarizzazioni non hanno portato a nulla? Alle critiche della Dandini il ministro fake si appella “alla filosofia della ricotta”. Ossia alla speranza che la vendita di una forma di ricotta al mercato possa mettere in moto una serie di compravendite in grado di fare cassa. Peccato che poi la ricotta cada per terra e con lei tutti i sogni. “Però c’è stato l’11 settembre”, si giustificava allora il comico nei panni di Tremonti. Alla fine c’è sempre un piano B, la carta della disperazione. Un anno fa i mercati si interrogavano sullo scenario da ‘Cigno nero’ evocato dall’ex ministro Paolo Savona, ieri era lo stesso Guzzanti-Tremonti a proporre il suo: “Io ho la soluzione, vendiamo la Sardegna. E se lo dico vuol dire che ho un compratore”.

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