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VIDEO | Federica Angeli: “Proteggere i miei figli significa non abbassare la testa”

Il 6 giugno uscirà nelle sale il film sulla giornalista, interpretata da Claudia Gerini con la regia di Claudio Bonivento, ispirato al libro 'A mano disarmata'

Pubblicato:08-05-2019 17:14
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26
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ROMA – Non e’ una data qualsiasi quella del 6 giugno quando uscira’ nelle sale il film su Federica Angeli, interpretata da Claudia Gerini con la regia di Claudio Bonivento, ispirato al libro della giornalista ‘A mano disarmata’. “Il 6 giugno 2018 inizio’ il processo per mafia contro il clan Spada e questa coincidenza mi ha colpito molto. Esce il film nel giorno in cui e’ iniziata la loro fine”.

Federica Angeli nella sua intervista per DireDonne parla di battaglia per la legalita’, di ricerca della giustizia e in questa scelta di vita professionale e personale racconta la sua normalita’, fatta di famiglia, di tre figli piccoli, di studio notturno e del rischio insidioso della delegittimazione: “Una strategia che la mafia- spiega Angeli come le disse un pentito di n’drangheta- ha iniziato ad usare dopo Falcone e Borsellino”.


“Non l’avevo messo nel conto- ammette- sono testimone oculare di un tentato duplice omicidio, abbiamo audio e immagini di quando fui sequestrata e minacciata di morte eppure sono finita nel tritacarne della maldicenza. Ho avuto tante richieste di andare in tv, ho scelto di andare il minimo inDispensabile e non ho accettato di trasformarmi in personaggio. Non vado a parlare di tutto, ma ho una mia specificita’: Roma e la criminalita organizzata’. Magari preferisco andare in una scuola o rispondere fino a tarda notte a chi mi segue sui social'”.

LA STORIA DI FEDERICA ANGELI

In tanti non hanno capito la scelta di Federica: 1700 giorni sotto scorta e le minacce del boss ‘Ti sparo in testa se pubblichi l’inchiesta’. Soprattutto le donne, altre mamme come lei. “Sono stata molto criticata, ma per me proteggere i miei figli significa denunciare e non abbassare la testa tutta la vita. Molte donne non hanno capito. Io l’ho fatto proprio per i miei figli”. Essere donne in un ambito giornalistico come quello della giudiziaria e della nera, solitamente appannaggio degli uomini, non e’ stato semplice per Federica.

“Ho dovuto combattare anche con una resistenza nell’accettare la veridicita’ delle mie inchieste, quando chiamavo mafia questi clan che per tutti erano ‘criminalotti di periferia o rubagalline’. Il fatto che io fossi donna- dichiara Angeli- ha rallentato l’accettazione di questa verita’; se fosse stato un collega uomo, come se la mafia fosse un’esclusiva al maschile, a denunciare questo fenomeno, anche l’opinione pubblica l’avrebbe accettato prima”.

‘Magari Federica esagera o si spaventa o enfatizza’ il motivetto sotto traccia che Federica Angeli ha dovuto contrastare. Esempi di una battaglia anche culturale e che non e’ finita. Ma intanto “dopo 5 anni la magistratura l’ha chiamata mafia”.

LE INCHIESTE DI FEDERICA ANGELI

Le inchieste di Federica Angeli iniziano sin dal 2011 su Spinaceto. Poi Ostia, dove vive con la sua famiglia. “L’illuminazione l’ho avuta quando feci un articolo su un’altra periferia e ho iniziato a guardare il mio quartiere con un occhio diverso. Sapevo delle realta’ criminali presenti, ma non avevo ancora capito il livello di contaminazione tra il mondo di mezzo e il mondo di sopra”.

Poi negli anni a venire il suo lavoro colpisce i clan, le infiltrazioni con la pubblica amministrazione alle quali seguono azioni della Procura fino alla ‘maxi operazione Eclisse’ che porta all’arresto di 32 persone appartenenti al clan Spada e arriviamo al 19 febbraio 2018, il giorno in cui Federica Angeli testimonia al processo contro il boss Armando Spada che proprio all’ultimo decide di presentarsi in aula.

“All’inizio mi tremavano le gambe- ricorda Federica- avevo paura, lo avevo a un metro e mezzo da me. Si sono impegnati molto perche’ io non arrivassi in aula, dalle minacce ai miei figli, alla benzina sotto la porta di casa, proiettili, ma dopo le prime domande e’ subentrato l’orgoglio e un senso di liberta’. Ti ho portato in aula di giustizia- dice Federica a se stessa quando ha davanti il boss- e non in una piazza dove comandavi tu”.

Un esempio di donna e professionista per tante giovanissime che sognano la professione giornalistica. Stagiste che arrivano ansiose di conoscerla, tesi di laurea sul suo caso. “Sorrido- confida Federica- perche’ sono una persona normalissima. Sento la responsabilita’ di fare sempre meglio e sbagliare il meno possibile”. L’augurio anzi e’ che sempre piu’ donne decidano di occuparsi di cronaca nera e giudiziaria.”Sarebbe bellissimo- conclude Federica- le aspettiamo”.

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