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Antibiotico-resistenza: ogni anno 25.000 vittime in Europa

Un uso prudente degli antibiotici e la promozione di strategie di controllo dell'infezione in tutti i settori della sanità sono gli interventi prioritari

Pubblicato:08-05-2018 15:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:51

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ROMA – Negli Usa la chiamano ‘Eskape gang’ e ne fanno parte sette microrganismi (Enterococcus spp, Staphylococcus aureus, Klebsiella pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Pseudomonasaeruginosa, Enterobacter spp) capaci di selezionare, trasmettere e riprodurre mutazioni che permettono loro di ‘sfuggire’ agli antibiotici. A questi e ad altri ‘superbatteri’ si deve la diffusione del fenomeno dell’antimicrobico-resistenza, cioè la perdita di efficacia degli antibiotici, con la prospettiva del ritorno di malattie infettive che si pensavano sconfitte o sotto controllo. Secondo l’European centre for disease control (Ecdc) ogni anno in Europa 25mila persone muoiono a causa di infezioni da germi resistenti, con un impegno finanziario vicino a 1,5 miliardi di euro. Mentre nel mondo sono circa 700mila i decessi dovuti alle infezioni resistenti.

Da qui al 2050 i ‘superbug’ saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi annui

L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) prevede inoltre che, agli attuali tassi di incremento delle antibiotico-resistenze, da qui al 2050 i ‘superbug’ saranno responsabili di almeno 10 milioni di decessi annui diventando la prima causa di morte al mondo. A questo tema è dedicato il corso di formazione professionale continua ‘Antibiotico-resistenze: un’emergenza globale. Il ruolo dei media tra informazione e formazione’, promosso, insieme al master ‘La scienza nella pratica giornalistica’ dell’Università Sapienza di Roma, dalla Fondazione ‘Giovanni Lorenzini’. L’evento si è svolto oggi nella Capitale.

Il tema dell’antimicrobico-resistenza non interessa solo l’Italia

‘Il tema dell’antimicrobico-resistenza non interessa solo l’Italia- ha spiegato Andrea Peracino, presidente della Fondazione ‘Giovanni Lorenzini’ di Milano- e si espande in modo sempre più pesante sui percorsi di prevenzione e protezione della salute umana, animale, alimentare e nelle politiche di intervento globali in area medica ed alimentare. È sempre più necessario che il mondo della comunicazione giornalistica venga coinvolto per aiutare il singolo cittadino e l’insieme della organizzazione sociale a trovare risposte adeguate’.



Anche l’uso degli antibiotici in veterinaria, negli allevamenti e in agricoltura ha contribuito al fenomeno dell’antibiotico-resistenza

Anche l’uso degli antibiotici in veterinaria, negli allevamenti e in agricoltura, ha proseguito Sergio Pecorelli, presidente della ‘Giovanni Lorenzini Medical Foundation’ di New York- ha significativamente contribuito al fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ponendo domande anche in relazione al contesto più ampio della protezione del sistema alimentare. Tutto ciò richiede analisi rigorose ed interventi mirati, perché non venga perduta un’arma indispensabile alla protezione della salute: l’antibiotico’.

Un uso prudente degli antibiotici e la promozione di strategie di controllo dell’infezione in tutti i settori della sanità secondo un approccio globale, detto ‘one health’, sono quindi gli interventi prioritari per prevenire la selezione e la trasmissione di batteri resistenti a questi farmaci. Uno studio di farmaco-epidemiologia condotto in sei grandi ospedali degli Usa, intanto, ha rivelato come il 60% dei pazienti al quarto giorno di ricovero sia esposto ad un antibiotico, nel 30% dei casi prescritto in assenza di segni o sintomi di infezione, e in poco più del 50% con un corretto work out microbiologico precedente la prescrizione. In Italia, la resistenza agli antibiotici si mantiene tra le più elevate in Europa e quasi sempre al di sopra della media europea.

Nel nostro Paese, in particolare, Klebsiella pneumoniae carbapenemasi produttrice, considerato un superbatterio killer, è diventato in oltre il 50% dei casi resistente a tutti gli antibiotici. Le infezioni ospedaliere compaiono in circa 3 casi ogni mille ricoveri acuti che avvengono in Italia, con un impatto sul servizio sanitario compreso tra i 72 e 96 milioni di euro. ‘I batteri hanno la capacità di modulare la propria esistenza attraverso la selezione di mutazioni nel genoma che codificano per proprietà che all’origine non erano espresse- ha spiegato Giovanni Di Perri, professore ordinario e direttore della Clinica di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Torino- questi microrganismi replicano continuamente e rapidamente il proprio patrimonio genetico, ma nel copiare fanno diversi errori in modo del tutto casuale, eccetto quando è presente un selettore, come l’antibiotico, che seleziona proprio i batteri resistenti’.

Il 3% della popolazione adulta americana può definirsi immunodepresso

L’aumento delle resistenze e la conseguente riduzione di efficacia degli antibiotici impatta soprattutto sulla terapia delle cosiddette ‘infezioni correlate alle pratiche assistenziali’, sia mediche sia chirurgiche, il 70% delle quali correlato all’invasività delle moderne procedure, che spesso indeboliscono le difese immunitarie dei pazienti pur prolungandone la vita. Uno studio di sorveglianza di recente pubblicato su ‘Jama’ ha stimato che il 3% della popolazione adulta americana può definirsi immunodepresso, dato che per l’Italia si tradurrebbe in 1.500.000 di persone immunodepresse.

Le strategie per controllare l’evoluzione dei fenomeni di resistenza agli antimicrobici richiedono quindi più livelli di attuazione all’interno delle organizzazioni sanitarie per acuti, nelle strutture di lungodegenza e nella medicina di comunità, dando priorità alla ricerca e all’innovazione. ‘Numerose società scientifiche hanno indicato gli interventi basilari da perseguire, alcuni da mettere in atto a livello di sistema, altri al letto del singolo paziente- ha fatto sapere Pierluigi Viale, professore ordinario di Malattie Infettive all’Università degli Studi di Bologna e direttore Uo Malattie Infettive al Policlinico Sant’Orsola- Tra quest’ultimi, evitare prescrizioni ridondanti, ridurre non appena possibile lo spettro e il numero di antibiotici somministrati ad ogni paziente, contenere sulla base di parametri riproducibili i tempi di trattamento rappresentano tre aspetti di un progresso culturale ormai irrinunciabile’.

Cos’è l’antimicrobial stewardship?

Cardine di ogni strategia di contrasto è l’antimicrobial stewardship, un approccio che mira ad assicurare l’uso appropriato degli antibiotici tenendo conto sia dell’esigenza di assicurare al paziente l’opzione più efficace sia dell’impatto della terapia antibiotica sull’intero ecosistema. ‘L’antimicrobial stewardship ha lo scopo di ottimizzare l’uso degli antimicrobici a tutti i livelli, non solo in ambito ospedaliero, in un’ottica di global health- ha detto Claudio Viscoli, presidente Sita e direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Università degli Studi di Genova-Ircss San Martino Ist- Punto di forza di un programma di antimicrobial stewardship è la conoscenza dei dati relativi al fenomeno della resistenza agli antibiotici e all’uso degli stessi cui seguono gli interventi operativi (educazione, controllo uso antimicrobici, potenziamento strutture e allocazione risorse) e le periodiche valutazioni’.

Il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza

A questi principi è ispirato il Piano nazionale di contrasto dell’antimicrobico-resistenza (Pncar) 2017-2020, messo a punto dal governo italiano e pubblicato lo scorso novembre. Quattro le azioni strategiche indicate nel piano per ridurre il tasso di infezioni da microrganismi resistenti agli antibiotici associate all’assistenza sanitaria ospedaliera e comunitaria:

1) sorveglianza, prevenzione e controllo delle infezioni da microrganismi resistenti, nell’ambito sanitario umano e veterinario;

2) uso appropriato e sorveglianza del consumo di antibiotici, con una riduzione dell’impiego entro il 2020 superiore al 10% in ambito territoriale, e oltre il 5% in ambito ospedaliero, e un taglio oltre il 30% nel settore veterinario (rispetto ai livelli 2016);

3) potenziamento dei servizi diagnostici di microbiologia;

4) formazione degli operatori sanitari, educazione della popolazione e ricerca mirata.

Oltre all’uso appropriato degli antibiotici disponibili, un altro importante fronte è quello dell’innovazione terapeutica, con la ripresa di investimenti delle aziende farmaceutiche e lo sviluppo recente di nuovi, efficaci antibiotici in grado di dare risposte nel presente. Gli sforzi si concentrano anche sull’identificazione di sistemi diagnostici in grado di individuare in poche ore le cause dell’infezione per limitare l’uso empirico degli antibiotici e passare il più rapidamente possibile a una terapia mirata a spettro ristretto.

Intervenire sull’ecologia del corpo umano

Un’altra opportunità allo studio, hanno fatto sapere infine gli esperti, è quella di intervenire sull’ecologia del corpo umano, in particolare sul microbioma, il patrimonio genetico dei microrganismi normalmente presenti sul nostro corpo. ‘Il processo della resistenza all’antibiotico ha modificato il modo di intendere il rapporto tra malattie infettive batteriche e, in parte, fungine e il microbioma umano, oggi rappresentato come un vero organo, le cui funzioni non sono ancora completamente conosciute. Gli studi sui meccanismi cellulari e molecolari con cui i microrganismi si difendono dagli antibiotici- hanno concluso- permettono di identificare nuovi e possibili target su cui agire farmacologicamente’.

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