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VIDEO | Caso Cucchi, il teste chiave racconta la morte di Stefano. Conte: “Per Governo sì a ministero Difesa parte civile”

In aula, per la prima volta dopo anni, anche i genitori del geometra ucciso nel 2009. La sorella Ilaria: "Stato e Carabinieri lesi come noi"

Pubblicato:08-04-2019 17:10
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:19
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ROMA – “Siamo nel processo giusto e, dopo anni in cui la famiglia Cucchi e’ stata abbandonata, lo Stato e’ al nostro fianco, anzi al fianco della verita’”. Commenta così Ilaria Cucchi la svolta nel processo, con l’Arma pronta a costituirsi parte civile contro i carabinieri, a margine della deposizione oggi in Aula davanti alla prima Corte d’assise di Roma di Francesco Tedesco, il militare super teste e imputato per omicidio preterintenzionale che ha accusato i colleghi (coimputati) nel processo per la morte di Stefano Cucchi.

Questo è un giorno in cui speravamo– dice Ilaria Cucchi ai giornalisti presenti- Il mio appello, ora in cui finalmente siamo nel processo giusto, e’ di non vanificare gli sforzi fatti per arrivare fin qui. Con la deposizione di Tedesco oggi il pestaggio sara’ chiaro e sara’ poi il momento di dimostrare che tutte le perizie successive furono scritte a tavolino”.


La sorella di Stefano Cucchi tiene poi a ribadire che “i carabinieri coinvolti nei depistaggi e nel pestaggio di Stefano rappresentano solo se stessi e non l’Arma e la stragrande maggioranza di carabinieri. E per questo anche lo Stato e’ una parte lesa“. Ed e’ in questo giorno di “svolta” che “non a caso, dopo molto udienze, finalmente tornano in aula i miei genitori”, conclude Ilaria Cucchi.

CONTE: GOVERNO DISPONIBILE A COSTITUIRSI PARTE CIVILE

“Vi posso anticipare che il governo è ben favorevole alla costituzione di parte civile in giudizio dell’amministrazione della difesa. Quindi per quanto riguarda il governo già preventivamente anticipo la disponibilità a che l’amministrazione della difesa si costituisca parte civile”. Lo fa sapere in presidente del Consiglio Giuseppe Conte in merito alla decisione dell’Arma dei Carabinieri di costituirsi parte civile nel processo agli assassini di Stefano Cucchi.

“ECCO CHI PICCHIO’ STEFANO E COME”

Stefano Cucchi subi’ un aggressione dai due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, nella caserma della compagnia Casilina la notte del suo arresto a Roma (il 15 ottobre del 2009), dopo essersi rifiutato di sottoporsi al fotosegnalamento. Il vicebrigadiere Francesco Tedesco ha ricostruito i fatti durante la sua deposizione nel processo bis, dove e’ imputato per omicidio preterintenzionale, falso e calunnia, davanti alla I Corte d’Assise.

“Mentre uscivano dalla sala, Di Bernardo si voltò e colpì Cucchi con uno schiaffo violento in pieno volto. Poi lo spinse e D’Alessandro diede a Cucchi un forte calcio con la punta del piede all’altezza dell’ano. Nel frattempo io mi ero alzato e avevo detto: ‘Basta, finitela, che cazzo fate, non vi permettete’. Ma Di Bernardo proseguì nell’azione spingendo con violenza Cucchi e provocandone una caduta in terra sul bacino, poi sbattè anche la testa. Io sentii il rumore della testa, dopo aveva sbattuto anche la schiena. Mentre Cucchi era in terra D’Alessandro gli diede un calcio in faccia, stava per dargliene un altro ma io lo spinsi via e gli dissi a ‘State lontani, non vi avvicinate e non permettetevi piu”. Aiutai Stefano a rialzarsi, gli dissi ‘come stai?’ lui mi rispose ‘Sono un pugile sto bene’, ma lo vedevo intontito”.

Subito dopo avere assistito all’aggressione di Cucchi, Tedesco ha testimoniato di avere chiamato l’allora capo della stazione Appia dei Cc, Roberto Mandolini (imputato per calunnia), e “gli dissi cosa era successo. Mandolini mi chiese ‘Come sta?’. Io replicai: ‘Dice che sta bene ma è successo questo, questo e questo’. Cucchi- ha proseguito Tedesco- sentì quella telefonata perché lo avevo sotto braccio. Quindi salii dietro sul Defender con lui, mentre di Bernardo e D’Alessandro stavano davanti. Cucchi non disse una parola, teneva la testa abbassata, io ero turbato e lui era sotto shock più di me”. Invece Di Bernardo e D’Alessandro (imputati per omicidio preterintenzionale) “erano tranquilli, non erano spaventati più di tanto. Non erano preoccupati della telefonata che avevo fatto a Mandolini e mi dicevano: ‘Non ti preoccupare parliamo noi con Mandolini’. Arrivati alla stazione Appia, Mandolini chiamò D’Alessandro e Di Bernardo, io stavo con Stefano Cucchi, che era ancora stordito anche se cominciava a parlare un pochino con me. Mandolini poi chiamò me e Cucchi, disse: ‘Fateli venire che bisogna fermare il verbale d’arresto’. Presi il verbale e mi disse: ‘Firmalo che tra un paio d’ore devi andare in Tribunale’. Io lo firmai senza nemmeno leggere. Con me Mandolini faceva sentire il grado, se dovevo entrare in ufficio io dovevo chiedere permesso, se lo facevano D’Alessandro e Di Bernardo no. Cucchi non voleva firmare il verbale di perquisizione né il verbale d’arresto“.

“L’appuntato Nicolardi mi consigliò di fare una relazione di servizio e di metterla agli atti. La feci col mio computer nella mia camera, perché non volevo essere visto. Non era facile denunciare i miei colleghi”, ricostruisce Tedesco su cosa accadde dopo che seppe della morte del geometra romano. “La mia nota però venne rimossa”, ha poi aggiunto Tedesco.

“Dire che ebbi paura è poco. Ero letteralmente terrorizzato. Ero solo contro una sorta di muro. Sono andato nel panico quando mi sono reso conto che era stata fatta sparire la mia annotazione di servizio, un fatto che avevo denunciato”, ha detto ancora Tedesco.

Ero solo, come se non ci fosse nulla da fare. In quei giorni io assistetti a una serie di chiamate di alcuni superiori, non so chi fossero, che parlavano con Mandolini- ha proseguito- C’era un po’ di agitazione. Poi mi trattavano come se non esistessi. Questa cosa l’ho vissuta come una violenza”.

TEDESCO: MANDOLINI MI DISSE ‘SEGUI LINEA ARMA SE VUOI CONTINUARE A FARE CC’

“Prima di andare dal pm per essere sentito dissi a Mandolini ‘Ma ora cosa devo fare?’ e lui mi rispose ‘Non ti preoccupare, ci penso io, devi dire che (Cucchi, ndr) stava bene. Devi seguire la linea dell’Arma se vuoi continuare a fare il carabiniere“, ha raccontato Tedesco. “Ho percepito quella minaccia come tanto seria- ha aggiunto- e poi vedevo i colleghi tranquilli”.

“DOPO IL CAPO DI IMPUTAZIONE NON POTEVO PIÙ TENERMI DENTRO IL PESO”

“Ho avuto paura perché quando sono stato costretto a non dirlo il 29 ottobre 2009 mi sono trovato in una morsa da cui non potevo più uscire- ha ricordato Tedesco-. Se avessi parlato allora sarei stato contro il mondo. Poi si sono succeduti vari eventi, sapevo che Casamassima aveva iniziato a parlare e ho cominciato a non sentirmi più solo. Cercavo di trovare un contatto con qualcuno, lo sguardo di Ilaria, tutti modi per cercare di dire questa cosa”. Il carabiniere ha spiegato cosa lo ha spinto a raccontare la verità: “La lettura del capo di imputazione ha inciso molto, come pure il fatto che ci fosse un nesso di causalità tra il pestaggio, la caduta e la morte (di Stefano Cucchi, ndr). La lettura di quel capo di imputazione mi colpi’ perché descriveva quello a cui avevo assistito e da questo e’ scaturito il fatto che non riuscissi più a tenermi dentro questo peso”.

LE SCUSE DEL CARABINIERE IMPUTATO

“Vorrei chiedere scusa alla famiglia Cucchi e agli agenti della polizia penitenziaria imputati nel primo processo. Per me questi anni sono stati un muro insormontabile”, ha esordito il vicebrigadiere del Carabinieri, Francesco Tedesco  in apertura della sua deposizione davanti alla I corte d’assiste del Tribunale di Roma.

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