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VIDEO | Catia Villirillo: “Uccidere Giuseppe fu sfida allo Stato”

Parla la mamma del ragazzo ucciso a Crotone il 13 gennaio 2018. Aveva solo 18 anni

Pubblicato:08-03-2019 11:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:12
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ROMA – “Giuseppe quel giorno aveva preso la sua nuova moto, conquistata con tanti piccoli sacrifici. Fece un giro intorno al palazzo e fu in quel momento che gli diedi l’ultimo abbraccio da vivo. Ero nell’angolo della stanza e vidi entrare, nella sede della nostra associazione ‘Libere donne’, l’assassino, Salvatore Gerace. Sentii i primi due colpi, il dolore di mio figlio, e mentre gridavo aiuto perche’ dentro c’erano gli altri ragazzi, ho visto il Gerace sul corpo di mio figlio” per quello che sarebbe stato il colpo di grazia. Catia Villirillo, intervistata dall’agenzia Dire, ricostruisce i momenti di quella che è stata quasi “un’esecuzione” e che le ha strappato un figlio di 18 anni, Giuseppe, in quel maledetto 13 gennaio 2018. “Un orfano di padre, un ragazzo con un galateo d’altri tempi, che teneva alla scuola e a diplomarsi”, capace di non pesare sulla sua mamy, lavorando e prendendosi cura dei fratelli piu’ piccoli.
 
“Prendevamo il caffè in piena notte- ricorda questa mamma vestita a lutto- non si vergognava di venirmi ad aiutare con le buste della spesa e a prendermi la mano per la strada”. Non ha dubbi Catia: “Uccidere Giuseppe in quel modo e in pieno giorno è stato uccidere me, sfidare lo Stato e chi, come me, si occupa di legalita’ e di aiutare le donne vittime di violenza”.
Catia ha fondato ed è presidente dell’associazione Libere Donne, nata nel 2009. A Crotone, ma anche fuori dalla sua città, ne ha aiutate tante ad uscire dall’inferno di mariti violenti, di prostituzione, pedofilia, droga, malavita. “Non avevamo capito di essere in pericolo, abbiamo sempre avuto rapporti con le forze dell’ordine”. Catia ha riaperto la sede a novembre 2018. “L’associazione, le persone che venivano al centro davano fastidio al malaffare e alle attività di spaccio del Gerace”. Il processo, che questa mamma definisce un “travaglio” e’ in corso e ad aprile testimonieranno la sorella di Giuseppe e la fidanzata. “La tesi della difesa è che si sia trattato di un incidente al termine di una colluttazione. Un uomo maturo con una pistola contro un ragazzino disarmato?“. Si aspetta, questa mamma coraggio, “tanta legalità, una giustizia severa senza sconti di reato, l’espiazione di una colpa, come deve essere per gli omicidi efferati, come deve essere per i femminicidi”. E non nasconde l’amarezza di esser stata lasciata sola, sola con i suoi due figli, testimoni dell’assassinio del fratello, e con un’associazione che è stata costretta ad aprire nella stessa sede dove il figlio è stato ucciso.
“Non potevo chiudere l’associazione e ho riaperto con determinazione, sono una donna che combatte con coraggio e che dice la verita’. All’inizio c’è stata una grande passerella di istituzioni, ma poi sono venute a mancare. Ho incontrato l’assessore alle Politiche Sociali della Regione Calabria, Angela Robbe, tante volte, in tanti appuntamenti, ma mi ha fatto solo perdere tempo, non l’ho mai vista. La mia è una denuncia pubblica”.
“Anche il Comune di Crotone- continua Catia Villirillo- fa iniziative di passerella, ma non sostiene un’associazione che da 15 anni ha dato la vita per il territorio. Mi scrivono, ma nessuno fa niente contro la violenza sulle donne, anzi, hanno bocciato un numero verde e il codice viola per il pronto soccorso, un mio progetto. E’ rimasto tutto fermo e non mi hanno piu’ coinvolto. Ho anche presentato una regolare denuncia perchè non operano bene e una donna con i lividi non puo’ essere un codice bianco e non puo’ tornare a casa senza fare una denuncia”. Catia Villirillo parla di responsabilità e omissioni. “Le istituzioni hanno deciso di non sostenere ‘Libere Donne’ per paura delle reazioni. Preferiscono fare il convegno e la seratina, ma delle donne vittime di violenza a loro non interessa. Posso dimostrarlo con il numero dei casi che ho seguito”. Giuseppe Parretta ha pagato con la vita l’assenza della legalita’.

“I ragazzi vanno tutelati- sottolinea Catia- e per questo è nata l’associazione in memoria di mio figlio ‘A un passo da te’. Giuseppe non ha avuto tutto dalla vita, ma gli ho insegnato il coraggio e la dignità. Questo serve alla rinascita dell’Italia”.

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