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Migranti, a Bologna la prima casa per rifugiati gay, bisessuali e trans

La struttura dovrebbe essere pronta in maggio e potrà ospitare al massimo 15 persone

Pubblicato:08-02-2017 12:04
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 10:53

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BOLOGNA – Attivazione probabilmente a maggio, al massimo 15 persone coinvolte e 93.750 euro di costo per un anno di attività. Sono i dettagli del progetto “Rise the difference”, che farà nascere a Bologna la prima casa d’accoglienza in Italia per rifugiati e rifugiate lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersex (Lgbti) in fuga dai loro Paesi a causa di persecuzioni legate al loro orientamento sessuale o alla loro identità di genere. Il progetto, presentato all’Ufficio nazionale anti discriminazione razziali (Unar) da Mit, cooperativa Camelot e Centro risorse Lgbti, prevede la realizzazione di una casa-rifugio, l’avvio di un percorso di accoglienza diffusa in famiglie o singoli in abitazione (tramite il progetto Vesta, attivo nell’ambito del sistema Sprar), la redazione di linee guida incentrate su competenze specifiche in ambito Lgbti dedicate agli operatori che lavorano nell’accoglienza e la creazione di un contact center di riferimento per enti pubblici o privati e operatori del settore che supporti gli interventi dedicati al tema dell’accoglienza di richiedenti e rifugiati Lgbti presenti in Italia. La capienza massima del progetto va ancora definita, spiega l’area Benessere di comunità del Comune rispondendo ad un’interrogazione della consigliera Lucia Borgonzoni: intanto “sono attesi al massimo 15 casi da tutta Italia. Attualmente in carico al Mit sono presenti cinque casi di persone in transizione provenienti da Paesi in cui la transessualità è punita con la pena di morte o la reclusione“.

Il tempo massimo di permanenza nella struttura sarà pari alla durata del progetto, cioè un anno a partire dall’attivazione dello stesso: questo dipenderà dalla sottoscrizione dei contratti con l’Unar, che si stima possa avvenire a maggio. Il costo totale del progetto ammonta a 93.750 euro: 75.000 euro a carico dell’Unar, 11.375 a carico del Mit, 4.875 a carico di Camelot e 2.500 a carico del Centro risorse Lgbti. Non è stato ancora definito dove verrà collocata la nuova struttura, ma “non è esclusa la locazione ad uso temporaneo di un immobile sul libero mercato a spese delle associazioni titolari del progetto”, scrivono gli uffici di Palazzo D’Accursio. Infine, sempre rispondendo a Borgonzoni, l’area Benessere di comunità specifica che il Comune “ha sostenuto il progetto nella fase di lancio, ma non partecipa alla sua realizzazione, non sostiene alcuna spesa e non verranno assegnati alloggi Erp”.

di Maurizio Papa, giornalista professionista


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