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A Gerusalemme Hamas proclama per domani la ‘giornata della rabbia’. Ci sarà anche vertice Onu

Il vertice straordinario del Consiglio di sicurezza dell'Onu è stato chiesto da otto su 15 Stati membri

Pubblicato:07-12-2017 10:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:58

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ROMA – Previste per oggi varie manifestazioni di protesta da parte dei palestinesi non solo nella Città santa ma anche in Cisgiordania e Gaza, all’indomani della decisione del presidente americano Donald Trump di riconoscere Gerusalemme capitale dello Stato d’Israele. Molta la paura per una nuova escalation di violenze, e intanto è di poco fa un tweet del gruppo Hamas, che per domani lancia un appello: “Il venerdì è il giorno della rabbia e l’inizio dell’Intifada per la libertà di Gerusalemme“.

Sempre per domani è previsto anche un vertice straordinario del Consiglio di sicurezza dell’Onu, chiesto da otto su 15 Stati membri – permanenti e non – tra cui figurano anche Italia, Regno Unito e Francia. Ieri, l’annuncio del trasferimento dell’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme – decretando il riconoscimento de facto della Città santa quale capitale dello Stato ebraico da parte di Washington – ha sollevato le vive proteste non solo dell’Autorità Palestinese (Anp), ma anche di Turchia e Paesi arabi, fino all’Europa. Anche Papa Francesco ha chiesto che “sia rispettato lo Status quo di Gerusalemme”.

Da più parti viene denunciata la violazione delle risoluzioni Onu che regolano la giurisdizione della città – equamente divisa tra Israele e Anp – e si invoca la soluzione dei due Stati.


Proteste giungono anche da B’tselem, associazione israeliana che promuove l’informazione e il dialogo tra i due popoli, che in una nota denuncia: “Sebbene Donald Trump abbia riconosciuto Gerusalemme capitale di Israele, Israele non ha mai riconosciuto i residenti palestinesi che vivono nella Città santa, ossia la popolazione la cui terra è stata annessa unilateralmente e illegalmente. Nessun risconoscimento unilaterale o trasferimento di un’ambasciata- hanno scritto ancora- possono cambiare il fatto che tutto il territorio della città – in cui vivono centinaia di palestinesi privati dei loro diritti politici – sia posto sotto occupazione. Questa è la realtà che deve essere cambiata”, l’appello finale.

di Alessandra Fabbretti, giornalista

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