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Il caos, non a caso. Conversazione con Cacciari

di Claudio Madricardo per www.ytali.com Sabato 9,

Pubblicato:07-09-2017 17:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:40

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di Claudio Madricardo per www.ytali.com

Sabato 9, in piazza Ferretto a Mestre, nel quadro del Festival della Politica, Massimo Cacciari discuterà del disordine globale e degli strumenti della politica con Ezio Mauro e Piero Fassino, presidente del Centro studi di politica internazionale.


Cercheranno di spiegare ciò che agli occhi di papa Francesco già appare come il terzo conflitto mondiale combattuto a pezzetti e capitoli, su cui si stagliano, per ultimo, le ombre inquietanti della partita a scacchi coreana col concreto ritorno della minaccia nucleare. L’abbiamo sentito chiedendogli qualche riflessione in anticipo.

Perché avete scelto di discutere di disordine globale?
Perché mi pare che sia un titolo che riflette la situazione odierna. Il mondo attualmente non è in una fase d’ordine. Ha avuto delle fasi d’ordine, il che non significava che non ci fossero guerre e conflitti, che ci sono sempre stati e che sempre ci saranno.

Cosa c’era nel passato che ora non c’è più?
C’erano delle gerarchie e dei poteri che riuscivano a mantenere in forma i grandi rapporti internazionali. Questo si è verificato fino alla fine dell’Ottocento, bene o male, e dopo la Seconda Guerra Mondiale. Poi ci sono dei momenti di disordine globale, come quello compreso tra il 1914 e il 1939, durante i quali non vi era nessun rapporto tra le grandi potenze tali da garantire un ordine. Oppure il periodo della seconda metà del Settecento, quando finì l’entente cordiale tra le grandi monarchie assolute e, dalla pace di Westfalia, si aprì una fase di disordine globale che finì nel 1815.

 Le grandi potenze a tutela dell’ordine.
L’ordine viene sempre garantito dal rapporto tra potenze. Oggi non c’è nessun accordo tra le grandi potenze capace di garantire l’ordine. Esso si ristabilirà, ma il problema è attraverso che cosa. Di solito si è ristabilito attraverso catastrofi globali e grandi guerre.

Un tempo il disordine era un fattore positivo per la sinistra. Ricordi la frase di Mao?
La sua era una battuta, se c’era tanto disordine, questo ovviamente favoriva la Cina. La sinistra voleva costituire un suo ordine sulla base di gerarchie di valori e principi. Ogni forza politica ha una sua gerarchia di valori e cerca d’imporla, cercando di costruire un ordine globale sulla base dei suoi principi.

Una fase di disordine globale che fa sentire i suoi effetti anche nella dimensione della politica nazionale.
Questo è inevitabile. Le diverse parti dell’intero subiscono gli influssi della situazione generale. Sono parti di un intero, e come tali non sono separabili dall’intero. In una situazione come questa è evidente che le singole parti, specialmente le più deboli, subiscano più decisamente e prepotentemente le conseguenze di questo disordine.

Nell’attuale disordine globale vedi qualche traccia di quello che è stato chiamato l’occaso dell’Occidente?
L’Occidente europeo è tramontato definitivamente tra il 1914 e il 1918. A quel punto le potenze occidentali del continente mai avrebbero potuto riconquistare un’egemonia globale. Solo la follia poteva cercare di percorrere quel tentativo, e ci fu la follia nazista. La possibilità di un’egemonia europea in Occidente è definitivamente tramontata con la Prima Guerra Mondiale. È finita da un secolo. Più che un tramonto, siamo nella notte più profonda.

E per l’Occidente in generale?
Dipende dalla politica americana e dalla forza degli Stati Uniti, che ancora svolgono un ruolo di egemonia fondamentale in alcuni settori chiave del mondo contemporaneo, come l’economia e la scienza. Ma ormai non ha più come interlocutore soltanto l’altro vincitore della guerra mondiale, cioè la Russia. Ma altri altrettanto importanti, se non ancor più decisivi, come la Cina. L’ordine nuovo, se ci sarà mai, sarà un ordine almeno tripolare. E tutte le crisi attuali sono lì a dimostrarlo.

La minaccia coreana di questi giorni.
Senza la Cina non si fa più niente. Una volta non si faceva più niente senza l’Unione Sovietica. Oggi non si fa più niente senza Pechino. E questo vale anche per l’Africa o l’America Latina. Qui bisogna vedere quanto a un’espansione economica corrisponderà una volontà di egemonia politica. Questo è un po’ l’enigma in cui ci troviamo. Dove vorrà andare a finire la Cina?

Che potrebbe anche cambiare al suo interno.
Io non credo che in Cina ci saranno mutamenti e trasformazioni analoghe a quelle vissute dall’Unione Sovietica. Ma anche in Cina le trasformazioni già ci sono state e ci saranno, e continua a essere una grande potenza, come continua a esserlo la Russia. Solo gli imbecilli di ogni tipo potevano pensare che essa cessasse di esserlo con la caduta dell’URSS.

Che futuro quindi?
Un futuro di sicuro instabile. Un futuro che è davvero difficile prevedere, perché le incognite in ballo sono infinitamente di più delle variabili note. Che si riducono a poche. La prima è la continuazione della potenza americana senza dubbio per un periodo molto lungo. Le altre due sono la Russia e la Cina. Nessun ordine globale potrà esistere senza l’intesa tra queste tre potenze. Tutto il resto ne deriva di conseguenza. Ma è molto difficile prevedere ciò che avverrà nelle singole parti. Come le singole parti reagiranno all’evoluzione di queste tre fondamentali.

Se poi torniamo alla nostra dimensione e pensiamo alla crisi della democrazia…
È certo che le forme di democrazia rappresentativa tradizionale non funzionano più. Dove si possa andare a parare e con quali forme di governo all’interno dei paesi occidentali, non è dato sapere. E questa forma di governo riguarda sostanzialmente l’Europa e gli Stati Uniti e qualche altra zona del mondo in Africa e America Latina. Grosso modo coinvolge un miliardo di persone su sette che abitano il pianeta. Il che ci fa capire che nel mondo la democrazia rappresentativa è minoritaria, e spiega anche le sue debolezze e la sua crisi. Non so che fine farà. Certamente la democrazia rappresentativa che abbiamo conosciuto finora non sta funzionando.

Temi che si vada verso forme di neo-autoritarismo nelle nostre democrazie?
No, perché questo non servirebbe a nessuno. Io credo che si andrà verso forme democratico-oligarchiche, in cui la stanza dei bottoni o il luogo del potere si va sempre più restringendo e mettendo al riparo da ogni forma di co-decisione o partecipazione.

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