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Ragusa, appiccavano incendi per avere la paga: arrestati 15 volontari dei Vigili del Fuoco

ROMA - La Polizia di Stato di

Pubblicato:07-08-2017 09:01
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:35

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ROMA – La Polizia di Stato di Ragusa ha disarticolato un gruppo criminale composto da 15 volontari dei Vigili del fuoco, del Distaccamento di Santa Croce Camerina, che appiccava incendi e simulava richieste di soccorso al fine di percepire ingiuste somme di denaro dallo Stato. Gli stessi percepivano 10 euro circa per ogni ora di volontariato in caso di emergenze.

I poliziotti della Squadra Mobile ragusana, impegnati in quella che è stata denominata ‘Operazione Efesto’, hanno arrestato il capo del gruppo, D.D.V., che durante il turno come volontario si assentava, con la complicità dei colleghi, per andare con il suo furgoncino ad appiccare incendi per poi uscire con l’autobotte a spegnere le fiamme e percepire così le indennità.


Tutti i 15 volontari, provenienti dalla provincia di Ragusa, sono indagati per truffa ai danni dello Stato italiano ed una parte di essi per incendio.

Le indagini hanno avuto avvio grazie alla segnalazione del Comando provinciale dei Vigili del fuoco di Ragusa, che aveva notato delle anomalie sul numero di interventi effettuati da una squadra rispetto alle altre.

Il Pubblico Ministero titolare delle indagini ha richiesto al Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Ragusa la misura cautelare nei confronti di tutti e 15 gli indagati. Considerato il lasso di tempo trascorso dalla commissione degli ultimi fatti reato (2015), il Giudice ha valutato l´esistenza di un´attuale pericolosità solo nei confronti del capo del gruppo e non per tutti gli altri, ferme restando le fonti di prova acquisite e la sussistenza dei gravi indizi a carico di tutti i volontari indagati.

Le indagini dovevano intanto chiarire il motivo di eventuali richieste simulate per poi individuare gli elementi vulnerabili del gruppo criminale e quindi individuare i responsabili. Anche se volontari, gli uomini del distaccamento percepiscono delle indennità ma solo quando effettuano gli interventi, diversamente, se restano presso la caserma, non hanno diritto ad alcun rimborso. La prima anomalia riscontrata che ha permesso l´avvio delle indagini era da individuare sul numero degli interventi effettuati dal turno ‘D’. Rispetto agli altri volontari, gli indagati operavano per 3 volte in più. A dispetto di 40 interventi di una squadra, loro ne effettuavano 120 creando malumore per alcuni e volontà di aggregarsi in altri, così da ottenere più denaro.

Le indagini condotte dai poliziotti dalla Squadra Mobile, con il fondamentale e prezioso aiuto dei Vigili del Fuoco, hanno permesso di appurare quale fosse il modus operandi del gruppo criminale. I componenti del turno ‘D’ erano conosciuti da tutti gli altri colleghi che operavano onestamente e la loro avidità ha permesso di far emergere le condotte criminali poste in essere.

Una modalità messa in atto era quella di simulare degli interventi mediante segnalazioni inesistenti alla centrale operativa del 115. In altre occasioni, i volontari, chiedevano “aiuto” a parenti ed amici, ottenendo così segnalazioni da parte loro del tutto inesistenti, così da percepire le indennità previste per gli interventi. La terza e più grave tipologia di truffa ai danni dello Stato era quella di appiccare incendi a cassonetti e terreni.

Scandagliando le singole modalità messe in atto, è emerso che gli indagati, in alcuni casi, non si preoccupavano di utilizzare i loro stessi telefoni cellulari per simulare le richieste. L´esame dei tabulati telefonici delle utenze a loro in uso ha permesso di appurare che molti avevano effettuato, nel periodo 2013/2015, numerose segnalazioni false. Le richieste erano anche non verificabili, difatti segnalavano la presenza di “animali vaganti” così da non dover giustificare utilizzo di acqua o altri sistemi di spegnimento e soprattutto nessuno avrebbe potuto constatare la reale esistenza di animali che nel contempo avrebbero potuto lasciare la zona autonomamente.

Parenti ed amici venivano istruiti alla perfezione ma ogni tanto commettevano errori. Esaminando tutte le singole schede d´intervento è stata scoperta la ripetitività di alcuni nomi, poi risultati di parenti (anche loro coinvolti nell´indagine) degli indagati così come alcuni numeri di telefono ripetuti ma cambiava il nominativo del richiedente. La terza modalità di truffa ai danni dello Stato era sicuramente la più grave in quanto si configurava mediante incendi appiccati solitamente con artifizi pirotecnici.

Una volta chiarito il sistema creato dagli indagati, gli agenti della Squadra Mobile hanno installato, grazie alla collaborazione del Comando Provinciale, sistemi di localizzazione gps sulle autobotti ed i mezzi dei Vigili del Fuoco, così come sulle auto in uso agli indagati.

Questa tecnica investigativa ha permesso di appurare che D.D.V., con la complicità degli altri volontari, durante il turno di servizio, a bordo della sua auto si allontanava dal distaccamento di Santa Croce Camerina, appiccava l´incendio o effettuava una segnalazione falsa, poi rientrava in caserma ed aspettava che la centrale operativa del 115 li inviasse sul posto. Oltre ai sistemi di pedinamento c.d. elettronico, la Procura della Repubblica di Ragusa ha autorizzato le intercettazioni di tutti gli indagati.

Il modus operandi messo in atto era infallibile in quanto la sala operativa del Vigili del Fuoco era sempre pronta ad inviare in soccorso il personale di servizio più vicino al luogo segnalato, quindi anche i volontari.

Quasi tutti gli infagati hanno ammesso le proprie responsabilità durante gli interrogatori, delineando, in modo ancora più chiaro, quanto già constatato con le indagini della Squadra Mobile. Anche negli uffici della Polizia di Stato venivano intercettati i colloqui tra gli indagati e per loro stessa ammissione e reciproche accuse, emergevano e venivano cristallizzate ulteriori fonti di prova “loro sanno tutto, sanno che abbiamo dato fuoco”.

La Squadra Mobile, ha interrotto la condotta criminale e quindi il GIP, in sede di valutazione delle esigenze cautelari, ha ritenuto di non applicare una misura restrittiva della libertà personale per 14 dei 15 indagati in quanto i fatti reato erano del 2015. Diversamente ha valutato la posizione di D.D.V. sottoponendolo agli arresti domiciliari perché ha continuato a reiterare il reato. Proprio quest´ultimo ha manifestato di possedere una capacità criminale spiccata e di non temere in alcun modo le conseguenze delle condotte poste in essere. Addirittura, in una occasione, D.D.V. asseriva di voler “fare scoppiare una bomba” pur di prendere le indennità spettanti in caso di riparazione dei mezzi di soccorso che non volevano concedergli perché non si trattava di un soccorso.

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