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“Siamo razzisti” e “Islam religione di pedofili”: condannato sindaco del vicentino

"Lo devono capire che siamo razzisti": e' una delle frasi con cui Joe Formaggio, sindaco di Albettone, piccolo paese in provincia di Vicenza, motivava il suo no ad ospitare profughi, durante una puntata della trasmissione di Radio24 "La zanzara".

Pubblicato:07-06-2018 14:58
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:14
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MILANO – “Lo devono capire che siamo razzisti”: e’ una delle frasi con cui Joe Formaggio, sindaco di Albettone, piccolo paese in provincia di Vicenza, motivava il suo no ad ospitare profughi, durante una puntata della trasmissione di Radio24 “La zanzara”.

Ed e’, tutto sommato, la frase meno volgare, se paragonata ad altre del tipo “Dimmi cosa viene a fare un immigrato ad Albettone che rischia la pelle” oppure “i musulmani possono andare a fare in culo (…) perche’ e’ una religione del cazzo e sono dei pedofili”.

Per queste ed altre perle contro immigrati, rom e musulmani, il giovane sindaco di Albettone e’ stato ora condannato dal Tribunale di Milano per comportamento discriminatorio.


Secondo il giudice Valentina Baroni, queste dichiarazioni “integrano a tutti gli effetti una condotta molesta in quanto tali da creare un clima ostile, volto a diffondere odio”.

Joe Formaggio dovra’ sborsare, a titolo di risarcimento, 12mila euro alle due associazioni che lo hanno denunciato, Avvocati per niente e Asgi, e pubblicare la sentenza su quotidiani nazionali.

Nella sentenza, il giudice ha anche sottolineato come non abbia senso in questo caso invocare la liberta’ di pensiero e di espressione. “Vale osservare che le espressioni utilizzate superano di gran lunga il limite connaturato alla libera manifestazione del pensiero anche sotto il profilo dell’espressione del pensiero politico a tutela della sicurezza”.

“Infatti anche chi ricopre incarichi politici ed istituzionali e si rivolge alla popolazione esprimendo un proprio pensiero ‘politico’, pur esprimendo il diritto alla libera manifestazione del pensiero, ha tuttavia l’onere di bilanciare le espressioni utilizzate con il rispetto e la dignita’ dei soggetti a cui si riferisce senza considerarsi svincolato dal rispetto dei diritti di grado fondamentale tutelati dalla Costituzione, primo dei quali il rispetto della dignita’ della persona umana”.

Una sentenza “non cambia la tendenza di molti a sdoganare il discorso razzista– commenta l’avvocato Alberto Guariso, che ha curato il ricorso per le due associazioni- speriamo che decisioni come questa servano a mettere un argine e a far si che, soprattutto nel discorso pubblico, si tenga fermo il limite del rispetto degli altri”.

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