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Forum sulla Comunicazione, Perrone: “News veloci e sbagliate? Devastano”

La conferenza è in scena a Palazzo Lombardia per interagire e confrontarsi sui nuovi asset della comunicazione

Pubblicato:07-06-2018 12:09
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:14
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MILANO – “Non possiamo far finta che non esista mondo dei social e né ne possiamo dettare i tempi. Ormai la comunicazione viaggia sull’immediato, e bisogna fare molta attenzione, perché una comunicazione veloce sbagliata può creare danni pazzeschi”. A dirlo è il direttore dell’agenzia di stampa Dire Nico Perrone, intervenuto dal workshop che si sta svolgendo a Milano sulla cosiddetta “informazione aumentata” e sui legami che esistono comunicazione online e business. 

La conferenza è inserita all’interno del Forum sulla Comunicazione, in scena a Palazzo Lombardia per interagire e confrontarsi sui nuovi asset della comunicazione, “con l’obiettivo di fornire idee, visioni e riflessioni che possano essere utili per la crescita professionale e per lo sviluppo economico e sociale del Paese“.

https://youtu.be/y4_FSzHA5Ik


I social possono far riscoprire il valore del professionista

“I social possono far riscoprire il valore del professionista, perché ci sarà sempre più bisogno di contestualizzare e verificare, altrimenti siamo tutti bravi”. È il pensiero di Nico Perrone, direttore dell’agenzia Dire, dal workshop su comunicazione e business inserito all’interno del Forum della Comunicazione, in scena a Palazzo Lombardia, a Milano.

 “Con l’avvento dei social da parte dei politici è infatti sorta la convinzione che tutti sono bravi- spiega Perrone- e molte volte mi sono accorto che questa convinzione può creare dei danni”. 

Ci vuole dunque velocità, ma accompagnata da professionalità: “Già l’agenzia vive di tempo reale- specifica Perrone- però sono comunque giornalisti professionisti che raccolgono e poi devono interpretare analizzare e contestualizzare”. Il direttore della Dire trova quindi “molto positivo che i leader politici si affidino a specialisti perché sono livelli diversi che comunicano in modo diverso”, conclude.

I social media non sono un gioco impazzito ma una cosa seria, dunque avranno bisogno di professionisti qualificati

È il tema che emerge dal workshop tematico intitolato “Quando le conversazioni e le informazioni diventano mercato e business”, incontro moderato dal direttore dell’agenzia Dire Nico Perrone e inserito all’interno del palinsesto del Forum della Comunicazione, la rassegna al momento in scena a Milano. “Siamo di fronte alla caduta del pensiero di un’elite, anche se i social hanno un grande difetto: che il pensiero è egualitario. Una volta la comunicazione era molto filtrata, oggi questo è andato in corto circuito. Nato come informazione, il social media è arrivato alla volgarizzazione e alla banalizzazione dei temi”. È il pensiero di Simonetta Pattuglia, direttore del master in Economia e Gestione della Comunicazione all’Università Tor Vergata di Roma. 

Pattuglia fa un’analisi accurata del fenomeno social network, evidenziandone le caratteristiche positive per le aziende, come il fatto che demarchino le differenze di bisogni da una generazione all’altra, ed evidenziando un’altra peculiarità in dote ai nuovi strumenti (definiti “massificatori” ma non “mass media”) che invece tanto positiva non è: “Sui social o sei molto anti o sei molto pro, quindi vengono fuori i fan”. È da lì che poi nasce il monitoraggio, così importante per il mercato. Infatti, il problema per Pattuglia è proprio che “non si destinino risorse per l’analisi del monitoraggio”. 

L’imperativo è dunque “cavalcare il social”, come auspica Renato Vichi, capo ufficio stampa del gruppo Ubi Banca, che declina efficacemente il cambiamento radicale cui è stato sottoposto il mondo della comunicazione. “Fino a 10 anni fa la piramide dell’informazione seguiva il prrcorso dalle agenzie ai quotidiani alle Tv, a scendere- dice Vichi- ora questa piramide si è capovolta. I giornalisti non dovrebbero aver paura dei social”, ma capire che “in Italia i giornali hanno due milioni di lettori mentre i social network hanno 34 milioni di utenti, e che col tempo avranno sempre più bisogno di professionisti” che possano verificare le informazioni che circolano, “spesso manco lette e condivise per fretta e poca dimestichezza”. 

La parola di questi tempi per Vichi è dunque “disintermediazione”, e in questo vuoto il professionista deve andare a inserirsi, anche perché a detta del capo ufficio stampa di Ubi Banca, “il fenomeno degli insulti sui social network al di là della percezione è inferiore agli spazi dedicati a un normale dialogo”. A detta di tutti i relatori va insomma incentivata una formazione corretta, sin da tenera età: “Non sono sorpresa dall’uso dei dati. Mi preoccupa la non parallela esistenza di una forma di comunicazione integrata fin dai bambini”, sottolinea Pattuglia. “Quando sento maestre che dicono fate ricerca su internet senza specificare dove- puntualizza la docente- mi sorprendo.  Non c’è cultura matura è ancora sbornia new digital”.

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