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Tangenti Milano, le intercettazioni su Tatarella: “Ma questo preleva come un toro”

Dalle intercettazioni dell'inchiesta che ha scoperto un giro di appalti truccati e tangenti in Lomabrdia emerge la frenesia per i soldi del forzista Tatarella: chiedeva denaro per le ferie e prelevava a man bassa dalla carta che l'imprenditore D'Alfonso gli aveva messo a disposizione

Pubblicato:07-05-2019 16:57
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 14:26
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MILANO – “Ho seminato tanto, a tutti ho dato da mangiare“. Si esprime così l’imprenditore di Ecol Service Daniele D’Alfonso, figura centrale del filone milanese nell’inchiesta della Dda che stamane ha portato a 43 misure cautelari coinvolgendo imprenditori e politici tra Piemonte e Lombardia. D’Alfonso, imprenditore legato alla ‘ndrina calabrese Molluso, originaria di Platì (Reggio Calabria) e attiva soprattutto nel territorio di Buccinasco, sottolinea ai due politici lombardi di Forza Italia Pietro Tatarella e Fabio Altitonante (rispettivamente consigliere comunale milanese e sottosegretario all’area Expo per la Regione Lombardia) come la sua situazione aziendale sia florida proprio grazie al suo sistematico comportamento corruttivo.

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Il dialogo in questione è avvenuto fuori dal ristorante ‘Da Berti’ che, stando agli atti degli inquirenti, aveva funzione di quartiere generale. Dalle carte in particolare, emerge anche un’intercettazione in cui D’Alfonso si lamenta con Tatarella per l’insistenza con cui il politico azzurro preleva dalla carta di credito ‘American Express’, datagli dall’imprenditore per pagarsi le ferie. È il 30 agosto del 2018, e D’Alfonso, al telefono con la sua compagna, fa presente alla consorte l’esuberanza del politico: “Minchia… questo preleva come un toro“. Non solo, ma poco dopo l’imprenditore lo scrive direttamente a Tatarella: “Pietro… ma che cazzo prelevi, come un toro prelevi”.


Da un’intercettazione precedente si evince infatti come Tatarella avesse chiesto all’imprenditore “del denaro contante per andare in ferie– si legge dalle carte- precisando che nella sua cassetta di sicurezza in banca erano finiti i soldi”. E D’Alfonso aveva disposto al politico 2.000 euro in contanti più la suddetta carta, “dalla quale avrebbe potuto prelevare”. 

Tatarella figurava poi come consulente dell’azienda di D’Alfonso, la Ecol Service, specializzata in gestione rifiuti. Dagli atti si evidenzia che Tatarella, all’interno del Consiglio comunale di Milano, sia componente, tra l’altro, della commissione urbanistica ed edilizia privata e, soprattutto, della commissione ‘Verifica e Controllo Enti Partecipati’, e tra questi enti spicca per l’importanza degli interessi economici gestiti e dei capitali maneggiati Amsa (che ha visto il coinvolgimento nell’inchiesta di un suo alto vertice), società facente parte del gruppo A2A preposta alla fornitura sul territorio milanese dei servizi pubblici ambientali. Tatarella è quindi nelle due commissioni più strategiche per il settore di attività di cui si occupa D’Alfonso.

L’esponente Fi, stando in commissione ‘Verifica e Controllo enti partecipati‘ non solo sarebbe stato in grado di indirizzare e mettere in contatto D’Alfonso con personaggi svolgenti funzioni apicali all’interno di Amsa ma anche, “grazie all’influenza politica di cui dispone all’interno del Consiglio e delle varie commissioni”, di non far emergere, o comunque di prodigarsi affinché non venissero rilevate “le macroscopiche deviazioni dallo schema legale in cui dovrebbero muoversi le procedure ad evidenza pubblica”.

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