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Dopo 50 anni la Pietà di S. Agostino torna a Gallese

L'affresco databile intorno al 1520 torna a Gallese, nella sacrestia dove era nato insieme al ciclo di affreschi raffiguranti la vita di Cristo e santi, attribuibili alla scuola di Antonio del Massaro

Pubblicato:07-04-2016 16:18
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:32

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ROMA  – Sono passati più di cinquant’anni da quando la preziosa Pietà fu strappata dalla chiesa di Sant’Agostino. Oggi, l’affresco databile intorno al 1520 torna a Gallese, nella sacrestia dove era nato insieme al ciclo di affreschi raffiguranti la vita di Cristo e santi, attribuibili alla scuola di Antonio del Massaro, detto il Pastura. Dopo la rimozione dalla parete e l’oblio dovuto al sequestro dell’Autorità giudiziaria, La Pietà con San Giovanni, la Maddalena e un vescovo è stato restaurato dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro che sabato riconsegnerà l’opera alla chiesa di Gallese, nel corso di una cerimonia che vedrà la presenza, tra gli altri, del direttore Iscr, Gisella Capponi, e del sindaco di Gallese, Danilo Piersanti.

L’ORIGINE DELLA PIETA’ – La chiesa di Sant’Agostino, il cui nucleo più antico risale al IX secolo, era decorata internamente da un ciclo di affreschi raffiguranti la vita di Cristo e santi, giunti fino a oggi in stato frammentario, attribuibili alla scuola di Antonio del Massaro detto il Pastura (pittore viterbese attivo nella seconda metà del Quattrocento e nei primi anni del secolo successivo) e datati al 1520. Affinità stilistiche hanno suggerito che anche l’affresco con la Pietà, dipinto nella sacrestia della stessa chiesa, sia parte di questo ciclo e ne condivida la datazione. L’affresco era stato eseguito con una tecnica estremamente raffinata e accurata, caratterizzata da pennellatura asciutte di bianco San Giovanni a rendere i massimi chiari.

GLI STRAPPI ILLECITI – Lo ‘strappo’ fisico dalla parete avviene nel 1964, a opera di un privato e senza le dovute autorizzazioni previste dalla legge di tutela dei Beni culturali. Ma l’esito dell’operazione non è positivo e solo uno strato parziale del dipinto viene separato; la stessa immagine, ma meno definita e meno satura di colore, resta ‘ancorata’ alla parete. Si valuta quindi opportuno di ripetere il procedimento strappando un secondo strato. Il passaggio di proprietà e la rimozione della parete non preventivamente autorizzate non sfuggono al controllo delle autorità competenti e della Soprintendenza. Nel 1965 viene quindi disposto il sequestro giudiziario dell’opera, poi affidata temporaneamente dall’allora Istituto centrale per il restauro. In un primo intervento risalente a quegli anni, vengono rimosse le integrazioni pittoriche inappropriate che avevano tentato di risanare i guasti prodotti dal primo strappo.


IL RESTAURO – L’intervento è stato condotto secondo la consolidata metodologia Iscr, dopo approfondite analisi e accurata documentazione. Le operazioni principali hanno riguardato, oltre al consolidamento e alla pulitura, un intervento strutturale, ovvero la sostituzione dei vecchi supporti (lacerati e deformati) e l’applicazione di una nuova foderatura. Entrambi gli strappi sono stati montati su pannelli in nido d’ape d’alluminio. I due strappi hanno determinato una scelta metodologica dei restauratori: sarebbe stata accettabile una reintegrazione tradizionale quando le lacune della superficie pittorica del primo strappo corrispondono ai frammenti presenti sul secondo? L’unica soluzione che si è ritenuta corretta è stata quella dell’abbassamento di tono delle abrasioni e del trattamento a neutro delle lacune. I due strappi, che ovviamente non sarà possibile più ricomporre, saranno esposti all’interno della chiesa di Sant’Agostino di Gallese, mentre tutta la storia della Pietà di Gallese è raccontata anche in alcune delle puntate di Strinarte, il ciclo di trasmissioni ideate da Claudio Strinati e prodotte Rai5 in parte girate nel corso del 2015 presso il San Michele.

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