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In Egitto scomparsi Hassan e Mustafa: “Come Regeni due anni dopo”

I familiari hanno indagato e sono riusciti a ricostruire che l'ultimo luogo certo in cui sono stati è il Central Security Camp di Giza

Pubblicato:07-02-2018 10:54
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:27
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ROMA – “Quasi sicuramente sono stati presi per strada, sarà successo come a Giulio”: Hassan e Mustafa sono due egiziani di 25 anni, scomparsi da oltre 72 ore, al Cairo. Dalla capitale all’agenzia Dire riferisce i dettagli della vicenda la loro amica Miriam: “Proprio giovedì eravamo a una festa insieme, c’erano tutti e due. Con Mustafa, che conosco meglio e di cui sono più amica, abbiamo chiacchierato del più e del meno. Ora ho un’ansia terribile”.

Mustafa Al-Aasar è un ricercatore del ‘Regional Center for Human Rights and Fredooms’, dove si occupa in particolare di libertà di stampa, mentre Hassan Al-Banna, suo coinquilino, lavora da poco come correttore di bozze per il quotidiano ‘Al-Shourouk’. “Pochi giorni prima, le forze di sicurezza egiziane avevano telefonato al fratello di Mustafa: ‘Digli di smetterla con i suoi post su Facebook‘ avevano detto” racconta Miriam, un nome di fantasia il suo, per ragioni di sicurezza: “Poi sono spariti nel nulla, forse mentre uscivano insieme per andare a lavoro”.

L’altro ieri il fratello di Hassan, il giornalista Abdelrahman Fares, ha scritto su Facebook: “Li abbiamo cercati senza sosta nelle stazioni di polizia e negli ospedali con l’aiuto di tanti amici, ma non c’è traccia di dove siano”. Poi, analizzando i tabulati che era riuscito a ottenere da contatti privati, Abdelrahman ha scoperto che “l’ultimo luogo dove i loro segnali telefonici sono stati identificati era nel Central Security Camp di Giza”. Il campo è conosciuto, osserva Miriam: “Si trova a nord del Cairo sull’autostrada Cairo-Alessandria ed è il luogo da cui i detenuti politici vengono trasferiti ad altre sedi”.


E infatti poco dopo arriva il trasferimento, ma anche stavolta è solo grazie ai contatti informali di Abdelrahman che si riesce a conoscere il luogo della loro detenzione: “Sono stati trasferiti nell’infame quartier generale della Sicurezza di Stato a Sheikh Zayed” scrive in un post il giornalista nel pomeriggio di ieri: “In quanto familiari di Hassan, confermiamo che lui e il suo amico Mustafa sono vittime di sparizione forzata”. 

Il luogo dove si trovano detenuti Hassan e Mustafa è noto, secondo fonti della Dire al Cairo, per le torture e gli abusi che vi si compiono. E Abdelrahman scrive: “Abbiamo paura che Hassan e Mustafa possano essere torturati. Consideriamo che il presidente egiziano, il governo egiziano, il ministro dell’Interno e l’agenzia per la sicurezza statale siano tutte pienamente responsabili per la sicurezza e l’integrità fisica e psicologica di mio fratello e del suo amico”.

I due ragazzi sono scomparsi il 3 febbraio, esattamente due anni dopo il ritrovamento del corpo di Giulio Regeni. Come per il ricercatore friulano, il tam-tam sui social network è partito prima delle campagne di stampa: “#Hassan_fin?“, “#Mustafa_fin?” (“Dov’è Hassan?”, “Dov’è Mustafa?”) scrivono su Facebook e Twitter i loro amici, alcuni dei quali, due anni fa, avevano scritto anche “#Giulio_fin?”.

Sotto il regime di Abdel Fattah Al-Sisi, denunciava pochi mesi fa l’ong Human Rights Watch, è in corso “la peggiore crisi dei diritti umani degli ultimi decenni”: le vittime di sparizione forzata si contano ormai a migliaia, mentre il network arabo per i Diritti umani parlava, già nel 2016, di 60 mila detenuti politici su un totale di circa 106 mila prigionieri.

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