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Decreto Giannini, punitivo e lesivo nei confronti del sistema universitario italiano

di John Keating I recenti scandali sui concorsi truccati che hanno investito alcune università italiane riportano al centro del

Pubblicato:06-10-2017 13:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:45

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di John Keating

I recenti scandali sui concorsi truccati che hanno investito alcune università italiane riportano al centro del dibattito il tema della riorganizzazione dei nostri atenei. Per quanto riguarda il sistema di incardinamento, cioè dei requisiti scientifici che il corso di laurea deve avere, quello italiano è tra i più punitivi e autolesionisti tra i sistemi europei.

Punitivo in particolar modo del libero mercato in quanto nelle altre nazioni si danno determinati parametri per la docenza: ci possono essere abilitazioni o la libera chiamata diretta dei professori. Queste sono le nazioni che hanno le università di maggiore prestigio in termini di prestazioni didattico-accademiche a livello mondiale. Prendendo ad esempio la patria delle università, la Gran Bretagna, nei migliori college inglesi, un corso di laurea è reputato valido dallo Stato se ci sono almeno 5 professori incardinati che vengono selezionati dall’ateneo stesso tra coloro che hanno requisiti per farlo.


Dopodiché lo Stato lascia piena e libera capacità gestionale e manageriale all’ateneo, ovviamente libertà non significa che avremo un docente per migliaia di studenti perché questo comportamento autolesionista comporterebbe una selezione del mercato e una bocciatura delle famiglie nei confronti delle università più scadenti. Fino al 2014 in Italia si prevedevano 9 docenti per corso di laurea e prima del 2000 i numeri erano ancora più bassi per dare validità al corso. I nostri laureati, i cosiddetti cervelli in fuga, gli ingegneri, più in generale i professionisti, tutte categorie queste estremamente stimate e richieste all’estero, non sono state forse formate e preparate in quegli anni nei nostri atenei?

Ad oggi, in Italia, è mancato il buon senso: in pochi sanno che il Miur ha, per ora, sospeso gli effetti di un decreto ministeriale (DM 987 12 dicembre 2016) che dispone l’introduzione di un parametro relativo al rapporto docenti-studenti assurdo e anacronistico.

In Italia non abbiamo l’obbligo di frequenza e in alcuni corsi di laurea esiste il profilo dello studente non frequentante. Questo rende ancora più assurdo il decreto Giannini che prevede un incardinamento a prescindere, in un sistema senza obbligo di frequenza ,senza parametri di valutazione e senza tenere conto delle reali esigenze degli atenei.

Qualcuno poi ha voluto imporre l’assunzione di centinaia di docenti a tutti gli atenei italiani e questo porterà lo Stato, se vorrà salvaguardare il diritto allo studio, a dover aiutare le università raddoppiando gli stanziamenti da 7 a 15 miliardi, somme ingenti che non comprenderanno neanche con un euro il finanziamento alla ricerca, perché dovranno essere impiegati esclusivamente per gli stipendi dei docenti. In una fase in cui gli stessi docenti portano avanti uno sciopero che ruota tutto attorno a rivendicazioni salariali, nello specifico il riconoscimento degli scatti di anzianità che lo Stato per il momento non si sa se riuscirà a riconoscere loro. E comunque, a fronte di un turn over bloccato da anni, il sistema accademico italiano, con l’attuale numero di docenti, ha continuato a produrre risultati eccellenti sia in fatto di ricerca scientifica, sia in fatto di formazione di professionisti. Quindi è la strada della maggiore efficienza e organizzazione delle forze che bisogna imboccare, non quella di bloccare altre positive esperienze puntando tutto sul rendere ancora più pesante e ingestibile l’attuale sistema universitario.

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