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Ricerche no-profit Aifa protagoniste a Chicago

Indipendenza studi, minor tossicità, pazienti al centro

Pubblicato:06-06-2017 16:37
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:18

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CHICAGO –  È stato, in un certo senso, il giorno della ribalta della ricerca indipendente italiana sul palco dell’oncologia mondiale. Due studi che portano la firma dell’Agenzia Italiana del Farmaco sono stati infatti presentati oggi durante la 53esima edizione del meeting dell’American Society of Clinical Oncology (ASCO), in corso a Chicago. Si tratta dello studio ShortHER, presentato da Pierfranco Conte (direttore di Oncologia Medica 2 all’Istituto Oncologico Veneto) e dello studio TOSCA, presentato da Alberto Sobrero (Direttore Oncologia Medica 1 all’Ospedale San Martino di Genova, e oncologo “dell’anno 2016”, così come votato dagli oncologi europei lo scorso anno a Copenhagen).

I due studi hanno caratteristiche comuni e hanno suscitato particolare interesse sia nella comunità degli oncologi, sia tra gli esperti di politica sanitaria. I due tratti salienti: da un lato si tratta di studi che tendono a verificare la “non inferiorità” della validità di un trattamento terapeutico di durata minore rispetto allo standard attualmente in uso; dall’altro lato si tratta di due trials indipendenti finanziati dall’Agenzia Italiana del Farmaco, soldi pubblici senza alcun intervento delle case farmaceutiche. Inevitabile, come si intuisce, la possibilità di parlare di ricerca “etica”.

Conte ha illustrato i dati dello Studio ShortHER, ricerca indipendente e no profit finanziata nel 2006 dall’AIFA, condotta presso 82 ospedali pubblici italiani e che ha reclutato 1.254 pazienti con tumore mammario HER2 positivo. Lo studio ha dimostrato una “tendenziale non inferiorità” del trattamento con trastuzumab ridotto a nove settimane nelle donne con carcinoma mammario HER2 positivo, laddove oggi lo standard di riferimento è di un trattamento lungo un anno.


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“Non si può affermare che questo studio modifichi radicalmente lo standard di cura- è stato il commento di Conte- ma la bassa tossicità presentata nella terapia ridotta a nove settimane, ci fa considerare che nelle donne con problemi cardiaci e in quelle che devono sospendere il trattamento proprio per la comparsa di problemi cardiovascolari, la riduzione della cura a nove settimane rappresenta una alternativa molto interessante”.

Lo studio TOSCA, presentato da Sobrero, ha invece cercato di chiarire la durata ottimale del trattamento post-operatorio nel carcinoma colorettale, al fine di risparmiare tossicità al paziente senza compromettere tuttavia della terapia. E anche in questo caso il risultato finale condiviso con gli oncologi non è di “rivoluzione nello standard di cura”, ma di identificazione dell’utile alternativa nei casi di evidente tossicità.

In merito, l’oncologa Sara Lonardi, prima coautrice dello studio, ha dichiarato: “È stato mostrato nello studio Tosca che in alcuni pazienti si apre effettivamente la possibilità di poter ricevere un trattamento ugualmente efficace, ma di durata considerevolmente inferiore, praticamente dimezzata. Ciò significa minor tossicità a parità di risultato terapeutico e maggior vantaggio in termini di ricadute sulla vita del paziente sia in termini di quotidianità che di vita familiare e sociale”.

Ecco dunque che la ricerca italiana no-profit riparte e lo fa su una ribalta di prestigio come l’Asco. Il direttore generale dell’Aifa, Mario Melazzini, da Roma ha fatto arrivare il suo plauso alle comunicazioni indipendenti, dichiarando che “queste ricerche ci servono per scegliere e decidere cosa accettare a carico del Ssn e cosa rigettare come inutile o troppo tossico”. Il tutto, dicono all’Aifa, “comprimendo le esigenze delle aziende del farmaco”.

Ricerca su farmaci, percorso verso indipendenza in oncologia

Lo studio ShortHer sul carcinoma mammario HER2 Positivo ha suscitato interesse anche perché ha mostrato che la ricerca indipendente di alta qualità in Italia è possibile. Ma scorrendo l’elenco dei centri che hanno contribuito allo studio sorge una perplessità: la ricerca ha coinvolto 82 istituti, ma nell’elenco dei partecipanti mancano i grandi oncologici. Come mai?

Risponde Pierfranco Conte, coordinatore del progetto: “Allo studio hanno partecipato soprattutto centri universitari e molti ospedali generali. In effetti, purtroppo, la maggior parte dei grossi istituti oncologici nazionali non ha contribuito. Bisognerebbe forse legare una parte dei finanziamenti indirizzati ai grandi istituti di ricerca alla loro effettiva partecipazione a studi che possono essere di interesse del SSN e dei pazienti”.

Ormai è chiaro: la ricerca indipendente italiana sui farmaci riparte dall’ASCO 2017. Il grande interesse con cui sono stati accolti gli studi presentati a Chicago, soprattutto gli studi TOSCA e ShortHER, potrebbero rilanciare fortemente un settore, che – come afferma lo stesso statement AIFA in merito – punta a promuovere “la ricerca scientifica di carattere pubblico sui settori strategici del farmaco, anche in aree di scarso interesse per la ricerca profit”.

Tale obiettivo, dice sempre l’Agenzia, “si realizza mediante il finanziamento di studi clinici no profit, indirizzati in particolare a confronti tra medicinali tesi a dimostrare il valore terapeutico aggiuntivo, studi su farmaci orfani e malattie rare, studi sull’appropriatezza prescrittiva e volti ad ottimizzare strategie terapeutiche, studi sul profilo di sicurezza dei farmaci e sull’informazione”.

Quindi la ricerca indipendente ha un suo forte senso etico, riesce a racimolare fondi pubblici (non proprio tanti, ma meglio di nulla), e ritorna a “fare notizia”. Ma prima che il settore riparta davvero sembra dunque che manchi ancora qualcosa, e non sono “solo” i soldi. Qualcosa che potremmo forse definire “volontà”. Forse manca ancora in Italia una cultura diffusa della ricerca no-profit?

E ancora: ricerca profit e ricerca indipendente possono coesistere come aspetti differenti ma entrambi virtuosi del complesso sistema delle sperimentazioni? “La ricerca no profit è un cardine fondamentale per assicurare che la ricerca sia finalizzata sempre al benessere dei pazienti”, risponde l’oncologo dello IOV. “Solo l’industria farmaceutica ha le risorse finanziarie e le capacita tecniche e professionali per sviluppare nuovi farmaci, ma solo la ricerca indipendente può rispondere a quesiti che hanno interesse clinico e che tendono a utilizzare al meglio i farmaci nell’interesse dei pazienti e del SSN”.

Aspettiamoci allora più ricerca no-Profit, più studi AIFA, più dati indipendenti, più valutazioni reali. Il tutto senza timori. Anche cosi il SSN potrà curarci meglio. E, forse, anche risparmiare.

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