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Usa, Trump alla campagna di Cina: da Taiwan a twitter

Il neoeletto presidente degli Stati Uniti accusa Pechino per la svalutazione dello yuan e la "militarizzazione massiccia"

Pubblicato:05-12-2016 15:05
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:23

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NEW YORK – Svalutazione dello yuan e militarizzazione massiccia: le accuse alla Cina, rivolte da Donald Trump via Twitter, sono l’ultimo capitolo di un libro tutto da scrivere, pieno di incognite e magari con finale a sorpresa.

   Il presidente eletto è andato all’attacco cinguettando sul suo social network preferito. Centoquaranta caratteri in grado di far salire la temperatura delle relazioni tra superpotenze globali. “La Cina ha chiesto se ci andava bene la svalutazione della sua moneta? E la realizzazione del suo complesso militare imponente?” Domande retoriche e risposta scontata, sempre via Twitter: “Non credo”.


   Poche ore dopo, il ministero degli Esteri di Pechino ha evidenziato che i rapporti tra Cina e Stati Uniti sono stati “a lungo di beneficio reciproco”. Formula di rito, ma suscettibile di interpretazioni differenti.

   Che le relazioni bilaterali potessero subire scosse lo si era capito già prima del voto americano dell’8 novembre. Durante la campagna elettorale Trump aveva accusato Pechino di svalutazioni competitive e dumping, agitando lo spettro di tariffe doganali sui prodotti cinesi fino al 45 per cento del loro valore. Una minaccia di guerra commerciale alla quale si era accompagnata, in riferimento ai contenziosi territoriali di Pechino con Filippine, Giappone e Vietnam, la critica alla “militarizzazione” del Mar cinese meridionale e orientale.

Preludio a un fine-settimana, quello appena trascorso, davvero ad alta tensione. A segnarlo la telefonata intercorsa tra Trump e la presidente taiwanese Tsai Ing-wen.

   “Uno scambio di cortesie” ha minimizzato il vice-presidente eletto Mike Pence, che in merito alle inevitabili proteste di Pechino ha parlato di “tempesta in un bicchier d’acqua”. Di certo, l’ultimo colloquio diretto tra un presidente americano e un suo omologo taiwanese risale al 1979. Da allora Washington si era attenuta alla dottrina “One China” per non urtare Pechino con un riconoscimento dell’autonomia o peggio dell’indipendenza Taipei. Sabato, prima che Trump lanciasse l’ultima bordata di tweet, un appello agli Stati Uniti è stato rilanciato dai mezzi di informazione cinesi: il nodo Taiwan va trattato “in modo adeguato e con cautela”.

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