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Un docente italiano a Barcellona: “Da 7 anni scontro continuo, studenti sempre più radicalizzati”

Domenica è andato a curiosare in tre diversi seggi: la situazione era tranquilla e racconta di tanta gente in fila "per esprimere voglia di democrazia"

Pubblicato:05-10-2017 12:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:45

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NAPOLI – “Ho visto la Barcellona di sempre esprimere la sua voglia di democrazia”. Marco Rossano è un cittadino italiano in Spagna da 15 anni per insegnare sociologia all’Università di Barcellona. Il 1 ottobre scorso Marco era a Barcellona, da cittadino italiano non ha potuto esprimere il suo voto al referendum per l’indipendenza della Catalogna ma alla Dire racconta di esser stato tra i seggi per vedere con i propri occhi la repressione raccontata dai media italiani.

“SONO STATE MESSE IN GIRO IMMAGINI E VIDEO DEL 2012”

Sono stato in 3 seggi differenti, in diverse ore del giorno. La situazione lì era tranquilla e c’erano lunghe code di persone alle urne. Certo, in altri seggi ci sono state delle cariche – dice Marco – ma di quegli 800 feriti io non ne ho visto neanche uno. E poi hanno preso a circolare immagini ritoccate o risalenti alla manifestazione per l’indipendenza del 2012“. Quella cui si riferisce Rossano è la manifestazione di protesta contro le riforme dell’ex presidente della Catalunya Artur Mas. In quel caso la repressione dura fu opera della stessa polizia catalana. “Tutte le azioni della polizia di tutto il mondo in assetto anti sommossa finiscono per essere violente”, precisa.

 



TUTTO E’ INIZIATO QUANDO NEL 2010 LO STATUTO CATALANO VENNE DICHIARATO INAMMISSIBILE

La questione catalana nasce da rivendicazioni che hanno una storia secolare ma la situazione è iniziata a precipitare nel 2010 quando è stata dichiarata l’incostituzionalità dello statuto catalano. Negli ultimi anni, si è assistito a un ritorno molto forte di spinte nazionaliste, caldeggiate sia dalle forze di destra che da quelle di sinistra. “Ma non tutti i catalani vogliono l’indipendenza, è una Catalugna divisa a metà tra chi vuole l’indipendenza e chi no. E’ certo che allo stato attuale la situazione è incandescente, è un muro contro muro istituzionale e a pagare sono i cittadini”.

“STUDENTI SEMPRE PIU’ RADICALIZZATI”

E intanto la retorica del ‘Catalogna first’ non risparmia alcun aspetto della vita sociale di Barcellona, “gli studenti sono sempre più radicalizzati – racconta il docente napoletano – e sul tema dell’indipendenza la politica è stata quanto mai attiva. Uno dei leader indipendentisti, Jonqueras presidente del partito Esquerra Republicana e vicepresidente della Generalitat de Catalunya, nel corso di una manifestazione finale pre referendum ha detto, rivolgendosi agli studenti, che chi non votava per l’indipendenza era un traditore, un traditore della patria catalana. Questa non è democrazia“. E poi c’è lo sport, c’è l’amore degli spagnoli per il calcio.

TRA CATALANISTI E SPAGNOLISTI E’ SCONTRO CONTINUO

“Joan Laporta, l’ex presidente del Barcellona, che con quel club ha vinto tutto, fa propaganda politica per l’indipendenza della Catalogna. Gli studenti sono colpiti da questa retorica, dallo scontro continuo tra catalanisti e spagnolisti. Ovviamente i secondi sono i nemici e la colpa è sempre di Madrid”. Un’impostazione sbagliata, secondo Marco, perché “si tende a dimenticare avvenimenti come le olimpiadi di Barcellona del ’92. E’ stata l’unica città spagnola ad ospitare, nella storia, i giochi olimpici. Prima, era una città alla deriva. Ovviamente sbaglia anche Madrid, dal 2010 la campagna elettorale va avanti proprio sull’anticatalanismo“.

Il livello di scontro, da 7 anni a questa parte, è sempre più alto “e posso dire che i toni di questi giorni sono stati da guerra civile. I catalani si sentono un po’ come i curdi o come i palestinesi e questo è sbagliato. Non sarà una guerra civile ma credo che, almeno a stretto giro, le cose non cambieranno. Immagino che ci saranno più manifestazioni, che ci sarà più violenza. Ormai, l’impostazione è repressiva ma dall’altra parte c’è la gente, c’è un popolo che ci crede”.

di Nadia Cozzolino, giornalista professionista

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