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La ‘ndrangheta radicata in Liguria, appalti pubblici a rischio

Secondo la Relazione presentata dal ministro dell'Interno non si parla più di infiltrazioni 'ndranghetiste in Liguria, ma di radicamento vero e proprio

Pubblicato:05-09-2015 10:12
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:31

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GENOVA – “La Liguria è ‘ndranghetista”. L’intercettazione che nel 2013 aveva inchiodato il fruttivendolo calabrese trapiantato a Genova Mimmo Gangemi (condannato in primo grado a 19 anni e 6 mesi di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso) risale al 2013. Ma come si evince dalla “Relazione sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia” relativa al secondo semestre del 2014, presentata nelle scorse settimane dal ministro dell’Interno Angelino Alfano, la ‘ndrangheta continua ad avere un forte radicamento in tutta la Liguria, soprattutto a ponente. Oltre alle cosche calabresi, però sul territorio ligure – le cui prime infiltrazioni mafiose risalgono a una quarantina di anni fa – si muovono altre organizzazioni criminali con base nel Sud Italia, prima fra tutte la camorra.

genova

Il “core business” delle cosche mafiose liguri è senza dubbio l’edilizia, con un particolare occhio di riguardo per i grandi appalti pubblici. Un sistema, quello delle partecipazione a gare e bandi, assai efficace non solo per riciclare il denaro sporco frutto dello spaccio, ma anche per intrattenere relazioni e rapporti con la politica locale e la pubblica amministrazione. Le aziende mafiose – spesso società di comodo costituite grazie a prestanome – sono il braccio operativo delle “locali” (i rami dell’organizzazione che gestiscono il territorio) inserite dentro una struttura organizzativa detta “camera di compensazione”, per la gestione delle cosche liguri e di quelle della vicina Costa Azzurra.


Secondo la Relazione presentata dal ministro dell’Interno non si parla più di infiltrazioni ‘ndranghetiste in Liguria, ma di radicamento vero e proprio, come dimostrano anche le ultime operazioni antimafia sul territorio o lo scioglimento, negli anni scorsi, di alcuni Comuni ponentini come Bordighera e Ventimiglia. “Nella regione- si legge nel documento- permane il rischio ‘ndrangheta, capace di sviluppare rapporti con esponenti del mondo economico e della società civile”. E la maggior parte delle locali distribuite sul territorio ligure, sottolinea ancora la Relazione, fanno riferimento a ‘ndrine della provincia di Reggio Calabria. Sul fronte delle attività di contrasto alla criminalità organizzata di stampo ‘ndraghetista, invece, la Direzione investigativa antimafia ricorda “la riunione della Commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali” che si è tenuta nella Prefettura di Imperia il 7 e l’8 luglio dell’anno scorso e la Conferenza regionale dell’autorità di pubblica sicurezza presieduta dal prefetto di Genova del 2 dicembre 2014. Al termine di questi lavori, si legge nella Relazione, “è stato riconosciuto che il fenomeno ‘ndranghetista risulta quello più strutturato in Liguria”. Sotto il profilo processuale, il documento, evidenzia soprattutto la sentenza del tribunale di Imperia del 7 ottobre scorso a conclusione del processo denominato “La Svolta” in cui, si legge, “è stata riconosciuta l’esistenza di aggregati ‘ndranghetisti in territorio ligure, in particolare- dice ancora la Direzione investigativa antimafia- nell’imperiese, attraverso la condanna per associazione di tipo mafioso di 16 presunti appartenenti alle locali di Ventimiglia e Bordighera, a cui è stata riconosciuta autonomia strutturale”.

Una sentenza “significativa”, come viene definita dalla Relazione, perché fino a quel momento era stata esclusa “la presenza di aggregati mafiosi autonomi in Liguria”. Sul fronte della camorra, invece, il documento presentato dal ministro Alfano, fa luce sulla geografia delle presenza criminali in Liguria. Nel territorio, infatti, sono stati individuati dalla Direzione antimafia soggetti legati al “cartello” dei Casalesi della provincia di Caserta, al gruppo Zazo-Mazzarella e alla famiglia Tagliamento, originarie del napoletano. Si tratta di persone, si legge nella Relazione della Direzione antimafia, dedite per lo più all’attività di reinvestimento di capitali illeciti. Il polo di attrazione della camorra sembra essere soprattutto il Casinò di San Remo – ancora il ponente ligure, quindi – mentre i settori in cui le famiglie cercano di ripulire il denaro sporco frutto di attività illecite sono ancora l’edilizia (un must per la criminalità del Nord Italia), l’intermediazione finanziaria e la gestione di attività commerciali come bar, ristoranti, negozi di abbigliamento e concessionarie d’auto.

di Diego Curcio

Giornalista

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