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Il Viminale lancia l’allarme gang nella Chinatown del pratese

FIRENZE - La Toscana resta una regione con una significativa infiltrazione mafiosa. Sia italiana, con clan di ogni

Pubblicato:05-09-2015 10:05
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:31

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FIRENZE – La Toscana resta una regione con una significativa infiltrazione mafiosa. Sia italiana, con clan di ogni organizzazione con un piede ben piantato sul territorio, e anche internazionale. In particolare modo, secondo la relazione sull’attivita’ svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione investigativa antimafia (Dia) nel secondo semestre del 2014, letta in estate alle Camere dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, nelle chinatown di tutta Italia (a Prato, insiste una delle comunita’ cinesi piu’ numerose d’Italia) si sta espandendo il fenomeno delle gang. Secondo gli investigatori “da tempo nelle chinatown si sono insediati dei gruppi a carattere gangsteristico, costituiti da giovani e giovanissimi, dediti ad una serie di condotte illecite che si manifestano, essenzialmente, attraverso attivita’ molto spesso caratterizzate da violente escalation, volte all’assunzione del controllo di un determinato territorio attraverso l’imposizione di una sorta primitiva di racket ed all’annientamento delle bande rivali, a volte anche attraverso vere e proprie ‘spedizioni punitive’. Le bande giovanili- prosegue il testo-, forti del numero di adepti e del timore che inducono, specialmente nei confronti di vittime deboli (donne in particolare), operano nelle strade dei quartieri etnicamente connotati, commettendo rapine ed estorsioni ai danni di connazionali, gestendo le bische clandestine e lo spaccio di sostanze stupefacenti (shaboo in particolare), e controllando la prostituzione, linfa vitale per le gangs”.

prato

E proprio Prato, nota economicamente per il suo distretto tessile, ha a che fare con un altro fenomeno criminale connesso alla presenza dei cittadini dell’ex Impero celeste: l’esportazione illecita di denaro verso la madrepatria, principalmente attraverso i money transfer. “I trasferimenti di liquidita’- prosegue il documento del Viminale-, provento delle attivita’ illecite, possono avvenire mediante le agenzie di money transfer dislocate sul territorio nazionale o attraverso i canali non ufficiali, ricorrendo al trasporto fisico del denaro contante”. In una nota a pie’ di pagina, in merito, si cita il sequestro di 1 milione di euro, avvenuto il 3 dicembre dell’anno scorso, su ordine della Guardia di Finanza di Firenze su decreto emesso dal tribunale di Prato. Il ministero dell’Interno intravede anche “il fondato sospetto che alcuni soggetti economici (societa’ immobiliari o d’intermediazione finanziaria e agenzie di viaggi) partecipati anche da italiani, possano rappresentare dei veri e propri centri di raccolta di denaro proveniente dalla commissione di altri delitti, per poi organizzare la ‘polverizzazione’ dei trasferimenti attraverso la ripartizione delle provviste sotto soglia limite in capo a piu’ passeggeri”.


Tornando, invece, al contesto piu’ propriamente italiano la Toscana sembra essere immune solo ai clan pugliesi e lucani, mentre il dicastero guidato da Alfano ritiene “attuale la presenza di soggetti affiliati, o contigui, alle varie famiglie mafiose delle province siciliane, che si sono stabiliti nella regione”, vede incombere come nelle Marche e in Umbria il pericolo ‘ndrangheta, “soprattutto con riferimento al riciclaggio, al reinvestimento di proventi illeciti nell’economia pulita, al traffico di sostanze stupefacenti, all’usura, all’estorsione ed alle ingerenze nel sistema degli appalti”. A queste si aggiungono dei robusti innesti di famiglie e gruppi criminali “originari delle province casertane (Casalesi, Belforte) e napoletane (Contini, Terracciano, D’Ausilio, Ascione-Saurino, Birra-Iacomino, Saetta, Zazo, Formicola, Mallardo, Fabbrocino, D’Alessandro, Moccia) dediti prevalentemente alle attivita’ di riciclaggio, estorsioni, usura, traffico di stupefacenti e rifiuti, contraffazione”.

di Carlandrea Adam Poli

Giornalista

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