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Veneto, da sistema Prato “113 mln sommerso cinese”

PADOVA - "Due terzi dei prodotti

Pubblicato:05-04-2016 17:19
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:31

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impresa cinese lavoro

PADOVA – “Due terzi dei prodotti sequestrati in Veneto sono cinesi“. È quanto emerge dai dati emersi dal convegno organizzato oggi nella sede della Camera di Commercio di Padova sulla traccia del Sistema Prato allargato al Veneto. “La delocalizzazione di alcune nostre produzioni- ha dichiarato il comandante della Guardia di Finanza di Padova, Gavino Putzu– ha favorito con gli anni questo fenomeno: abbiamo esportato un know how che adesso ci si ritorce contro“. Necessaria, secondo il comandante, è un’azione di prevenzione prima ancora che di repressione. Una strategia che, spiega Putzu, ha portato al “sequestro di oltre tre milioni di oggetti irregolari da gennaio 2016 ad oggi“.

“I cinesi in Veneto potrebbero sembrare più un beneficio che un costo- ha dichiarato il presidente della Camera di Commercio di Padova, Fernando Zilio spiegando che- “le entrate pubbliche che generano (tasse, Iva e bolli auto), infatti, superano le uscite che lo stato e gli enti locali mettono a loro disposizione (scuole, sanità, eccetera). Si tratta di 137 milioni di euro di entrate regolari a fronte di 124 milioni di uscite regolari. Ma non è così- ha proseguito Zilio- una famiglia cinese media spende ogni anno 32.000 euro, ma ne guadagna ufficialmente solo 18.000. C’è dunque un’area grigia di 14.000 euro che moltiplicata per le 9.500 famiglie cinesi fanno 113 milioni di euro“.


imprese_straniere_cinesi_tessileQuesta non è una lotta contro qualcuno, ma contro un sistema sbagliato e dannoso” ha precisato Severino Dal Bo, vicepresidente di Confartigianato Veneto, alla presidenza pro tempore del Tavolo Veneto della Moda, che ha evidenziato che il Veneto è oggi la terza regione in Italia per presenza di imprenditori cinesi, dopo Lombardia e Toscana. All’incontro è intervenuto anche Antonio Selvatici, l’autore del libro inchiesta Sistema Prato. “Gli imprenditori sani chiudono perché gli altri non stanno alle regole. Dobbiamo salvaguardare le nostre produzioni per non dover pagare il conto salatissimo di un territorio depredato e fortemente impoverito con il possibile passaggio, tra l’altro, di sei milioni di container all’anno che i cinesi vorrebbero far arrivare in un nuovo porto offshore a Venezia” ha concluso Selvatici.

di Fabrizio Tommasini, giornalista

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