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Perché Ankara sfida Mosca

di Barbara Varchetta (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali) Sono bastati soltanto sette giorni alla Russia di Putin

Pubblicato:04-12-2015 17:35
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 21:40

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di Barbara Varchetta (Pubblicista, esperta di Diritto e questioni internazionali)

Sono bastati soltanto sette giorni alla Russia di Putin per scoprire un miliardario traffico di petrolio tra l’IS e la Turchia in cui sarebbero coinvolti i vertici del governo e persino il figlio del presidente Erdogan! Straordinaria efficienza investigativa o semplicistica strategia dal taglio populista?

Sembra piuttosto difficile ipotizzare che un’indagine tanto delicata e complessa sia stata pensata e conclusa in un lasso di tempo tanto breve… delle due, una: o la Russia era a conoscenza dei presunti traffici da un tempo meno recente rispetto a quanto dichiarato (e sorprende che abbia tenuto per sé una scoperta di siffatta portata) oppure la veridicità delle affermazioni che vorrebbero la Turchia tra i principali finanziatori dell’IS è ancora tutta da verificare.


Ciò che appare evidente è invece l’inasprimento dei rapporti tra i due Paesi dovuto essenzialmente a ragioni geopolitiche che da sempre li vedono contrapporsi.

Fino alla conclusione della Guerra Fredda la Turchia era un Paese la cui politica interna ed estera erano condizionate dallo status di paese di frontiera: rappresentava per l’Europa e l’Occidente una sorta di garanzia contro la minaccia proveniente dagli Stati islamici come la Siria, l’Iraq, l’Algeria, tutti alleati di Mosca. Si era, in quegli anni, quasi isolata dall’Islam più radicale nel tentativo di intraprendere la strada dell’europeizzazione. E proprio questa condotta le ha consentito, molti anni più tardi, di trasformarsi nell’astro nascente del Medio Oriente allargato, il trait d’union tra la millenaria civiltà araba e la modernità del sistema politico occidentale. Non è un caso che suoi interlocutori privilegiati siano l’UE e gli USA.

Nell’ultimo decennio, essa ha poi accresciuto la sua forza grazie ai rapporti economici intessuti con moltissimi Paesi fino a porsi al centro di vari sistemi geopolitici che si sviluppano dal bacino del Mar Nero ai Balcani e all’Asia Centrale, dall’Africa al Caucaso, dal Medio Oriente al Golfo.

Ad agevolare la sua posizione dominante, una fitta rete di gasdotti ed oleodotti che riforniscono di gas e petrolio russi una vastissima aerea geografica.

Come è facile intuire, il ritorno di Mosca nel controllo del Caucaso e dell’Asia Centrale nonché la sua nuova sinergia con l’Occidente, nata con l’obiettivo di sconfiggere il terrorismo di matrice islamica, stanno creando grossi problemi di leadership alla Turchia, per nulla intenzionata a cedere il passo alla sua contendente di sempre!

In un siffatto scenario, il ruolo dell’Iran (con cui gli Stati Uniti hanno di recente recuperato il dialogo al fine di arginare la minaccia nucleare e di stabilizzare la situazione politica in quell’area) appare centrale: Ankara sta tentando di riprendere i rapporti con Teheran e, se dovesse andare a buon fine quanto previsto dagli americani, ciò potrebbe consentire la nascita di sia pur timide democrazie sul modello turco.

Purtroppo, però, le relazioni internazionali risentono spesso di quello che il prof. Taleb, titolare della cattedra di Scienze dell’Incertezza presso l’università del Massachusetts, ama definire l’evento “cigno nero” ossia quell’elemento che giunge inaspettato causando terremoti cognitivi di varia entità e natura (economica, storica, politica); ciò comporta che il progetto di massima, la strategia delineata dai tanti attori internazionali, debba subire modifiche in corso d’opera proprio a causa di accadimenti non previsti che ne potrebbero impedire la realizzazione.

E’ quanto si è verificato nello scontro tra Turchia e Russia: sebbene fosse chiaro il conflitto tra i due Paesi per ritagliarsi il ruolo da protagonista in una fase storica e politica cruciale non solo per quei territori ma per il mondo intero, a dir poco imprevedibile è apparsa la scelta di Erdogan di reagire con un’azione tanto spropositata da scatenare una seria minaccia da parte di Mosca, di gran lunga più consistente delle sanzioni economiche.

Ed ecco che la comunità internazionale si ritrova a virare dalla rotta originaria proprio per far fronte all’ennesima, incalcolabile “variabile indipendente”.

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