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Intervista a Pietro Orlandi: “Spero che il film su Emanuela rompa il silenzio” VIDEO

"Sono convinto che in Vaticano ci sia un documento che la riguarda", dice il fratello della ragazza scomparsa nel nulla il 22 giugno del 1983

Pubblicato:04-10-2016 11:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:08

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ROMA – Trentatré anni di silenzi, di false piste, di bugie, di mezze verità, di speranze e di illusioni. Era il 22 giugno del 1983 quando Emanuela Orlandi usciva dalla scuola di musica che si trova nei pressi della Basilica di Sant’Apollinare, per sparire nel nulla. Da quel giorno si sono rincorse ricostruzioni, veritiere o meno, ma che Pietro Orlandi non ha scartato a priori.


Il fratello della povera Emanuela non ha mai smesso di cercarla, ha cercato sempre di mantenere viva l’attenzione sulla vicenda della sorella. Per questo, si è detto “contento per l’uscita del film” ‘La verità sta in cielo’, che il 6 ottobre uscirà nei cinema, in 250 copie. Prodotto da Rai Cinema, la regia è di Roberto Faenza.

Nel film, che racconta gli sviluppi del caso, compresa l’archiviazione, si fa riferimento ad un dossier che si trova in Vaticano e che conterrebbe quella che potrebbe essere la verità: “Sono sempre stato convinto che in Vaticano ci sono fascicoli che riguardano questa vicenda”, ha detto Pietro all’agenzia Dire ricordando che tra il 1993 e il 1994 “un funzionario della Gendarmeria Vaticana doveva essere ascoltato dai magistrati, misero il telefono sotto controllo, e il giorno prima di andare in magistratura intercettarono telefonata tra lui e il suo superiore con lui che diceva ‘cosa devo dire domani?’. Il superiore disse ‘Tu della Orlandi non sai niente. Soprattutto non dire che abbiamo indagato e che sta tutto in Segreteria di Stato’“. Questo, per Orlandi “ha fatto capire che c’era stata indagine interna, ma era logico che ci fosse. Però, evidentemente, quello che uscì dopo l’indagine era una cosa che non poteva uscire pubblicamente. Sono 33 anni che non hanno mai dato conferma di essere in possesso di questo fascicolo ma non hanno mai voluto collaborare o dare nessun segnale”.


Dell’esistenza del dossier è venuto a saperne lo stesso Pietro: “Ne sono venuto a conoscenza durante la lavorazione del film, ho detto al regista che fosse giusto inserirlo nel film. La persona che mi ha dato la notizia è al di sopra ogni dubbio. Ho l’assoluta certezza che quello raccontato corrisponde al vero”. Il fratello di Emanuela è convinto che “quando esce il film la scena farà scalpore nel senso che le persone che hanno detto che fino ad oggi ‘non sappiamo nulla’ non potranno più dirlo”.


“HANNO CERCATO DI SILENZIARE LA STORIA”

“Manca un ultimo metro per sapere quello che già si sa”. A pronunciare queste parole Roberto Faenza, il regista del film su Emanuela Orlandi che uscirà il 6 ottobre. A Pietro Orlandi questa dichiarazione ha ricordato “le parole del procuratore Giancarlo Capaldo che in una intervista ha detto ‘avevamo intravisto la verità ma poi le carte sono passate di mano’. Capaldo era il magistrato che si è occupato dell’inchiesta con il capo della mobile Rizzi e il suo staff. Quando è intervenuto il capo della Procura di Roma, ha avocato a sé l’inchiesta, ha allontanato il capo della mobile e lo staff, e ha portato tutto all’archiviazione”. Per fare riaprire l’inchiesta serve che accada qualcosa, “che tocchi la coscienza delle persone che sanno. Ci sono persone dentro e fuori il Vaticano a conoscenza di quanto accaduto. Mi auguro che la coscienza dica loro di non rimanere in omertoso silenzio. È pesante, dopo 33 anni, sapere che ci sono persone che sanno e non parlano. Sono contento dell’uscita di questo film, per qualsiasi cosa che possa dare un contributo importante. Hanno cercato di silenziare la storia, solo tenendo alta l’attenzione si puo’ arrivare alla verità. Saranno loro a piegarsi prima”.


“IN UNA CASSETTA FORSE LA VOCE DI EMANUELA”

Nelle scorse settimane, durante una puntata del programma ‘Chi l’ha Visto?’, è stata fatta ascoltare una registrazione audio che documenterebbe le sevizie subite da una donna. “È una audiocassetta che il 17 luglio del 1983 è stata lasciata dai presunti rapitori di Emanuela- ha spiegato Pietro- Io all’epoca non l’ho sentita. Gli inquirenti dicevano che erano spezzoni di un film porno, noi ci siamo tranquillizzati e la cosa è finita là. Ho riascoltato la cassetta adesso che l’inchiesta chiusa. E la prima sensazione, secondo me non sono spezzoni di un film porno. È una ragazza che soffre, che si tratti di Emanuela o meno. E la cosa che mi ha colpito di più, trovando documenti dell’epoca dei servizi segreti che analizzarono cassetta la sera stessa, venne fuori che c’erano voci maschili”. Si parla, ha ricordato Pietro, “di tre persone, di cui due con accento romanesco”. Inoltre, il Sismi, ha detto ancora Pietro, “aggiunse un’altra cosa: fecero un confronto con la registrazione che ci fecero ascoltare i presunti rapitori all’inizio, quando telefonando a casa ci fecero ascoltare una ragazza che diceva ‘frequento il secondo liceo scientifico e l’anno prossimo farò il terzo’ e per noi era la voce di Emanuela. Il Sismi disse che era la stessa persona. Era un documento vero per loro. Poi tutto è passato alla Criminalpol e poi in procura. In quello che poi fu riversato, non ci sono voci maschili. Se è la voce di Emanuela? Mi auguro di no, sentendola spero non di non essere stato influenzato, però la sensazione è che in alcuni frammenti potrebbe essere la voce di Emanuela”.


“PER PAPA FRANCESCO LEI È IN CIELO MA VORREI CHE MI SPIEGASSE”

Il titolo del film di Roberto Faenza, ‘La verità sta in cielo’, prende spunto dalla frase che il Papa disse a Pietro, “Emanuela sta in cielo”. Ma per il fratello della giovane cittadina vaticana scomparsa 33 anni fa “la verità sta in terra. Quando Papa Francesco ha detto queste cose erano passate due settimane dalla sua elezione. C’era una messa nella Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano. Sono andato sperando di incontrarlo, visto che con i primi due papi era andata male, ho detto proviamo con il terzo. Quando mi ha detto questo, lì per lì mi ha fatto male. Ma fino ad ora non c’è nessuna prova. È un dovere cercarla viva. Però ho avuto la sensazione di una apertura. Da quel momento ho fatto richieste per avere delle spiegazioni. Non potevo accontentarmi. Ma da quel momento il muro si è alzato più di prima”. Pietro ha chiesto un incontro per avere spiegazioni “tantissime volte, una risposta ce la doveva, sei un Capo di Stato, fare un’affermazione del genere con l’inchiesta aperta… Mi devi spiegare. Mi fa pensare che ne sa di più di quello che sappiamo noi”.

L’inchiesta è stata di nuovo chiusa, ma “dovrebbe essere un dovere riaprirla. Per chi fa questo mestiere, magistrato o procuratore, dovrebbe essere una passione. Se rinunci a dare giustizia è il fallimento della tua missione. C’è sicuramente gente che ha un forte senso di giustizia, nello Stato e nella magistratura e nel Vaticano. Sono convinto che ci si debba arrivare. Il magistrato che si è occupato dell’inchiesta quando il Capo della Procura voleva far firmare il foglio per l’archiviazione, si è rifiutato. Da quel momento è stato esonerato e la richiesta è stata fatta firmare da un’altra persona. Quel magistrato ha un forte senso giustizia. Spero che ci siano diversi come lui. Altrimenti sarebbe la fine“.

di Adriano Gasperetti, giornalista professionista

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