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A Bologna oltre 2.000 firme per limitare AirBnb

L'associazione 'Pensare urbano' vuole semplificare la vita a chi cerca casa a Bologna e ce l'ha con AirBnb: dopo il suo arrivo la questione abitativa in città è molto peggiorata

Pubblicato:04-06-2019 17:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:22
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BOLOGNA – Oltre 2.000 firme per semplificare la vita a chi cerca casa a Bologna o è costretto a vivere in città pagando affitti molto alti. Sono quelle raccolte, e consegnate questa mattina al Comune, da ‘Pensare urbano‘, il gruppo di cittadini e associazioni che si autodefinisce un “laboratorio per il diritto alla città” e che da più di un anno si sta attivando per risolvere la questione abitativa a Bologna definendola molto peggiorata da quando è arrivata in città Airbnb, la piattaforma di ospitalità online americana. Per la precisione, in oltre 2.307 (studenti e cittadini) hanno firmato per chiedere al Comune l’avvio di una istruttoria pubblica sul tema.

“Ne sarebbero bastate 2.000 ma abbiamo voluto dare un segnale anche per l’urgenza che sta avendo il problema, e non solo per la sua gravità”, spiega Fabio D’Alfonso, uno dei coordinatori di Pensare urbano. Ovviamente, a dover fare i conti con i prezzi di affitti molto alti, sia per interi appartamenti ma anche solo per singole stanze non solo solo 2.000 persone, dato emerso anche durante il periodo di raccolta firme, durato due mesi.

“In molti riconoscono che Airbnb ha avuto un impatto molto negativo in città e ha chiare responsabilità, sia sull’andamento dei prezzi che proprio sulla disponibilità delle stanze- spiega D’Alfonso- ma anche rispetto alla libertà che si prendono alcuni proprietari che mettono a disposizione stanzette o corridoi a 350 euro“.



 

Quelli di ‘Pensare urbano’, di cui fanno parte non solo studenti (fuorisede e non) ma anche da docenti dell’Università arrivati da altre città, lavoratori, comitati cittadini e associazioni come Arci, RitmoLento, Labas e Link, vogliono “porre la politica davanti alle proprie responsabilità perchè questa è una situazione che andava affrontata molto tempo prima e non è stato fatto”, spiega D’Alfonso. Ormai “sono mesi e mesi che vengono fatti annunci” da parte dell’amministrazione ma “il problema è rimasto e quindi non ci poniamo tanto in un’ottica di collaborazione ma piuttosto vogliamo chiedere alla politica che cosa ha intenzione di fare”. In questi mesi però, tra incontri e workshop, ‘Pensare urbano’ ha ben delineato i punti principali su cui insistere.

Prima di tutto, “deve essere messo un limite circa quante case o stanze un host può mettere in affitto“, inizia D’Alfonso raccontando l’episodio di una tale Bettina che su Airbnb avrebbe in affitto ben 64 appartamenti a Bologna “ma in realtà non esiste ed è una multinazionale che gestisce fondi immobiliari”. Ancora, “bisogna sia rendere più semplice la vita a chi invece ha solo una stanza da mettere in affitto, magari pensando ad agevolazioni economiche che fare maggiori controlli mirati, anche perchè è assurdo che una piattaforma che opera in Italia faccia riferimento a leggi fiscali estere, notoriamente molto basse”. L’iniziativa portata avanti da ‘Pensare urbano’ è accolta e sostenuta dalle consigliere comunali Dora Palumbo, del gruppo misto e Emily Clancy di Coalizione civica.

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