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Lombardia, gli stranieri sono il 13%. Ma in carcere sono il 43%

MILANO - "In Lombardia la popolazione carceraria straniera si attesta al 43% a fronte di una percentuale di

Pubblicato:04-04-2016 16:24
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:30

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MILANO – “In Lombardia la popolazione carceraria straniera si attesta al 43% a fronte di una percentuale di popolazione straniera totale del 13%. Serve dunque una riflessione molto profonda”. Lo ha detto l’assessore regionale alla Sicurezza, Protezione civile e immigrazione, Simona Bordonali, chiudendo i lavori di presentazione del rapporto ‘Orim’ sull’immigrazione in Lombardia. Un altro aspetto su cui l’assessore invita a fermarsi un attimo e’ quello della disoccupazione. “L’integrazione in Lombardia è buona, ma sotto il profilo dell’aspetto lavorativo c’è molto da fare. Il dato del 26,4% di disoccupazione tra la popolazione femminile immigrata in Lombardia è drammatico”.

Migranti Marina MilitarePer l’assessore infatti un problema da affrontare è quello dei mancati rimpatrii: “C’è molta preoccupazione sull’immigrazione irregolare- spiega Bordonali- che è in aumento. È il risultato del mancato rimpatrio di coloro che richiedono asilo e vedono rigettare la propria domanda”. I numeri del Viminale dicono che su 153.000 immigrati sbarcati in Italia nel 2015, solo 14.000 clandestini sono stati rimpatriati nel proprio Paese di provenienza. Una percentuale minima rispetto ai 70.000 che non hanno nemmeno richiesto asilo, ai quali vanno aggiunti i 40.000 ai quali non è stata riconosciuta alcuna forma di protezione internazionale. “Per permettere una reale integrazione degli stranieri già presenti sul nostro territorio- specifica Bordonali- è necessario bloccare nuovi arrivi ed eseguire il rimpatrio di coloro che non hanno diritto a rimanere. Rischiamo di annullare il lavoro di integrazione fatto finora. Servono accordi internazionali con i paesi che non sono in guerra e da cui arriva la maggior parte dei richiedenti asilo”. Insomma, secondo l’assessore anche il sistema d’asilo è attualmente “poco credibile”. I dati sono infatti “estremamente diversi tra commissione e commissione e fra tribunale e tribunale in sede di ricorso”. L’invito è dunque quello di creare “un’uniformità di giudizio”, conclude l’assessore.

di Nicola Mente, giornalista


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