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I migranti faticano a integrarsi e sono più a rischio psicosi

Lo studio condotto da Ilaria Tarricone, ricercatrice dell'Alma Mater di Bologna e psichiatra del Policlinico Sant'Orsola,

Pubblicato:03-12-2016 11:18
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:22

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migranti_libiaBOLOGNA – I migranti corrono maggiormente il rischio di cadere in problemi psichiatrici. Non perché più vulnerabili o più fragili di costituzione, ma per effetto di una difficile integrazione nel nuovo contesto sociale.

Non a caso, i disturbi mentali sono più frequenti non solo tra le persone che provengono da altri Paesi, ma anche tra i cosiddetti “migranti interni”, ovvero chi si sposta da una parte all’altra dell’Italia. E’ quanto emerge da uno studio condotto da Ilaria Tarricone, ricercatrice dell’Alma Mater di Bologna e psichiatra del Policlinico Sant’Orsola, presentato ieri nel corso di un convegno sulle seconde generazioni al dipartimento di Scienze dell’educazione dell’Ateneo felsineo.

“Tra i migranti aumenta il tasso di rischio psicosi- spiega Tarricone- non perché sono più vulnerabili o più fragili, ma per la difficile integrazione con l’ambiente”. Più soggetti ai disturbi mentali sono gli uomini e chi vive in aree urbane.


A Bologna, lo studio rivela che le psicosi riguardano 16 casi su 100.000 abitanti, ma tra i migranti il tasso è doppio: 32 casi su 100.000 residenti.

“I fattori di rischio classici per i disturbi mentali- sottolinea la ricercatrice- come l’essere single o disoccupato o consumatore di cannabis, sono però più frequenti tra gli italiani“. Quindi, la psicosi tra i migranti è soprattutto dovuta “a cause esterne”: la difficile integrazione, appunto. Tanto è vero che anche “i migranti interni (cioè chi si sposta da una parte all’altra dell’Italia, ndr) presentano un rischio psicosi del tutto simile” a chi proviene da un altro Paese.

Tarricone ha anche raccolto le schede di consulenza psichiatrica urgente al Sant’Orsola di Bologna tra maggio 2015 e aprile 2016. Si parla di oltre un migliaio di persone, tra le quali il 53% è donna. L’età media si aggira intorno ai 52 anni e nel 57% dei casi si tratta di un ritorno (cioè hanno avuto già contatti in passato). Il 74% presenta altre comorbilità mediche, nell’84% dei casi vengono inviati ai servizi (per il 15% di loro scatta il ricovero). Per la stragrande maggioranza si tratta di italiani (95%). Per quanto riguarda i migranti, invece, le cosiddette seconde generazioni “rappresentano circa il 2% dei casi”, quindi “in linea” col tasso di presenza nella popolazione. Sono invece “sotto-rappresentati” gli immigrati di prima generazione, forse a causa di una “scarsa conoscenza dei servizi”, dovuta proprio alla difficoltà di integrazione. “Però mi aspetto un trend in aumento- mette in guardia Tarricone- perché il 25% dei bambini alle materne è di seconda generazione”. La psichiatria parla per questo di “faccia nera della luna” e ritiene “doveroso mantenere un’attenzione specifica” in futuro.

di Andrea Sangermano, giornalista professionista

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